Obblighi dichiarativi: revisione del sistema sanzionatorio ex d.lgs. n. 87/2024

Il D.lgs. n.87/2024 rubricato “Revisione del sistema sanzionatorio tributario” è intervenuto per modificare, mitigandone gli effetti, il regime delle sanzioni dichiarative delle imposte sui Redditi, Irap, Iva e delle ritenute fiscali.

In particolare, tra le novità si mette in rilievo l’introduzione, rispettivamente:

  • di una sanzione ridotta (75%) in caso di presentazione della dichiarazione omessa prima del controllo fiscale;
  • di una sanzione ridotta (70%) in caso di presentazione di dichiarazione infedele, che interviene in luogo della forbice edittale previgente dal 90% al 180%, ovvero ulteriore riduzione (50%) nell’ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa prima dell’espletamento del controllo fiscale;
  • di una sanzione ridotta (25%) per omessi o tardivi versamenti, la quale modifica l’indice percentuale previgente del 30%.

Da ultimo, si precisa che il novellato regime sanzionatorio opera per le violazioni commesse dall’ 01.09.2024 e, dunque, a partire dalle dichiarazioni afferenti all’anno di imposta 2023 (modelli Redditi 2024 – Irap 2024 – 770/2024) e dalla dichiarazione Iva afferente all’anno di imposta 2024 (modello Iva 2025).

Obblighi di dichiarazione

Al contribuente è imposto l’obbligo di fare dichiarazione dei fatti che determinano l’insorgenza dell’obbligazione tributaria sì da consentire all’Amministrazione finanziaria la conoscenza, oltreché la verifica, delle vicende di rilevanza economica in contenute.

Invero, tale obbligo può sorgere:

  • annualmente, per i tributi aventi scadenza periodica, la cui commisurazione può variare nel tempo e che pertanto vengono computati alla fine del relativo periodo. Il riferimento, a titolo esemplificativo, involge i redditi da lavoro dipendente ed i redditi di impresa. Questa fattispecie, inoltre, configura il prototipo di dichiarazione dei Redditi generalmente intesa;
  • ogni volta in cui se ne verificano i presupposti. È ciò che avviene, ad esempio, in relazione all’imposta di registro, la quale è dovuta solo al compimento dell’atto ad essa subordinato;
  • quando, una volta stabilito l’ammontare dell’imposta, si verifica una variazione considerata dalla legge rilevante ai fini fiscali. In questi casi, il contribuente è tenuto a ripresentare la dichiarazione tutte le volte in cui la variazione incide, modificandoli, sui presupposti di imposta originari. Appartiene a questa categoria la sorte seguita, ad esempio, dai tributi locali o la tassa relativa all’occupazione di spazi pubblici.

Ancora, la dichiarazione ai fini fiscali ha per oggetto redditi significativi per il rapporto tributario e deve essere presentata dal soggetto che, all’interno di un determinato periodo temporale, usufruisce di quei redditi.

Quella sopra citata rappresenta la regola generale, che necessita però di dovute precisazioni.

  • La dichiarazione è dovuta anche quando ad essa non segue il correlato obbligo di pagare una imposta, il cui importo è rapportato all’ammontare dei redditi dichiarati.
  • Alcuni soggetti sono tenuti presentare la dichiarazione anche se non hanno percepito reddito alcuno. In particolare, si tratta di coloro che hanno l’obbligo di tenuta dei libri contabili, ossia imprenditori, lavoratori autonomi e soggetti passivi Iva.
  • Alcuni soggetti non sono tenuti a presentare a dichiarazione anche se hanno percepito reddito. Il riferimento involge, rispettivamente: coloro che hanno solo redditi di lavoro dipendente e il reddito dell’abitazione principale; coloro che percepiscono redditi esenti dall’obbligo di imposta; coloro che hanno redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ove non siano onerati dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili; ed infine, coloro che possiedono redditi in ammontare inferiore al minimo imponibile.

Consiglio: il Codice Tributario 2025 è uno strumento essenziale per i professionisti del settore fiscale perché raccoglie e aggiorna tutta la normativa più recente, integrando le novità della riforma fiscale e della Legge di Bilancio 2025.

Codice Tributario 2025

Codice Tributario 2025

Il volume è aggiornato a: D.Lgs. 41/2024 (riordino del settore dei giochi); D.Lgs. 87/2024 (revisione del sistema sanzionatorio tributario); D.Lgs. 108/2024 (adempimento collaborativo e concordato preventivo biennale); D.Lgs. 110/2024 (riordino del sistema nazionale della riscossione); D.Lgs. 139/2024 (imposta di registro, imposta sulle successioni e donazioni, imposta di bollo e altri tributi indiretti diversi dall’IVA); D.Lgs. 141/2024 (revisione accise, imposte indirette sulla produzione e sui consumi); D.Lgs. 173/2024 (testo unico sanzioni tributarie amministrative e penali); D.Lgs. 174/2024 (testo unico dei tributi erariali minori); D.Lgs. 175/2024 (testo unico della giustizia tributaria); D.Lgs. 180/2024 (aliquote dell’imposta sul valore aggiunto); D.Lgs. 192/2024 (revisione del regime impositivo dei redditi: IRPEF-IRES); L. 207/2024 (legge di bilancio 2025) e riporta:
Parte I: Disciplina di rilievo sovranazionale
Parte II: Imposte dirette (Testo Unico, Norme complementari)
Parte III: Imposte indirette (IVA, Norme complementari IVA, Imposta di registro, Imposte ipotecarie e catastali, Imposta di bollo, Imposta sulle successioni e donazioni, Tassa sulle concessioni governative, Web tax)
Parte IV: Tributi locali e regionali
Parte V: Imposte straordinarie
Parte VI: Diritti del contribuente e interpello
Parte VII: Anagrafe tributaria e codice fiscale
Parte VIII: Accertamento
Parte IX: Riscossione
Parte X: Agevolazioni fiscali
Parte XI: Sanzioni amministrative e penali
Parte XII: Contenzioso
Parte XIII: Riforma fiscale (Riforma del 2014, Riforma del 2024)
Parte XIV: Novità normative
Parte XV: Testi Unici
Chiude il volume l’indice cronologico

Luigi Tramontano
Giurista, già docente a contratto presso la Scuola di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza è autore di numerosissime pubblicazioni giuridiche ed esperto di tecnica legislativa, curatore di prestigiose banche dati legislative e direttore scientifico di corsi accreditati di preparazione per l’esame di abilitazione alla professione forense.

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I termini di presentazione delle dichiarazioni

Il D.P.R. n. 322/1998 – Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto – disciplina le procedure di compilazione ed inoltro delle dichiarazioni.

Sulla scorta della normativa vigente:

  • le dichiarazioni dei redditi, Irap e del sostituto di imposta (Modello 770) devono essere presentate entro il 31 ottobre dell’anno successivo;
  • la dichiarazione Iva deve essere trasmessa tra il 1° febbraio ed il 30 aprile dell’anno successivo.

La dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è trasmessa all’Agenzia delle Entrate per via telematica ex art. 3, comma 8, D.P.R. n. 322/1998.

Sono considerate tempestive le dichiarazioni trasmesse entro i termini di legge, ma scartate dal servizio telematico, a condizione che siano rinviate entro i 5 giorni successivi alla data della comunicazione del sistema che attesta il motivo dell’avvenuto scarto.

Si precisa che la prova circa l’invio della dichiarazione è rappresentata dall’attestazione di ricevimento da parte dell’Agenzia delle Entrate e non, invece, dalla conferma dell’avvenuta trasmissione, secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 6, D.P.R. n. 322/1998.

La dichiarazione omessa

Si considera omessa la dichiarazione (dei Redditi, Irap e/o Iva) inviata dopo i 90 giorni, nulla rilevando ‘eventuale versamento tardivo delle imposte ex artt. 2 e 8 D.P.R. n. 322/1998.

L’omesso invio della dichiarazione, a sua volta, legittima:

  • l’accertamento induttivo- extracontabile di cui agli 39, comma 2, D.P.R. n. 600/1973 e 55 D.P.R. n. 633/1972);
  • la notificazione dell’accertamento entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata ex 43 D.P.R. n. 600/1973 e 57 D.P.R. n. 633/1972).

A riguardo, il D.lgs. n. 87/2024, operante per le violazioni commesse dall’ 01.09.2024, ha apportato significative modifiche agli artt. 1, 2 e 5 del D.lgs. n. 471/1997, prevedendo l’applicazione di una sanzione:

  • in misura fissa del 120% dell’imposta dovuta per il periodo di imposta, con minimo di 250,00 (la forbice edittale previgente contemplava un minimo pari al 120% ed un massimo pari al 240% dell’imposta dovuta);
  • in misura ridotta del 75% dell’imposta dovuta se il contribuente, prima dell’attivazione di qualunque controllo, presenta la dichiarazione omessa (la forbice edittale previgente prevedeva un minimo pari al 60% ed un massimo pari al 120%, con un minimo di 200,00 euro)

Nel solco del nuovo paradigma sanzionatorio, il Legislatore ha eliminato altresì la previsione che disciplinava l’aumento del terzo per i redditi esteri non dichiarati.

Di contro, non è stata oggetto di modificazione alcuna la disciplina afferente alla sanzione stabilita in misura fissa relativa alla dichiarazione omessa da cui non emergono tributi da versare (da euro 250,00 ad euro 1.000,00 per dichiarazione dei Redditi e Irap; da euro 250,00 ad euro 2.000,00 per dichiarazione IVA e Modello 770).

In ogni caso, il Legislatore riconosce particolare rilievo alla condotta collaborativa del contribuente che ripara l’errore mediante una dichiarazione sì omessa, ma presentata comunque prima dell’attivazione di qualsivoglia controllo.

Nel dettaglio, a far data dal 01.09.2024, si applica una sanzione per gli omessi versamenti del 25% di cui all’art. 13 Dlgs. n.471/1997 (il sistema previgente prevedeva l’applicazione di una sanzione pari al 30%) aumentata del triplo, dunque apri al 75%, ovvero in misura fissa (se non sono dovute imposte) da euro 250,00 ad euro 1.000,00.

Infine, è importante precisare che l’omessa dichiarazione può avere rilievo penale. Invero, “è punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro cinquantamila”, secondo la previsione contenuta all’art. 5 D.lgs. n. 74/2000.

Da ultimo, si rammenta che l’invio della dichiarazione con pagamento integrale delle imposte entro il termine di presentazione di quella dell’anno successivo e, comunque, prima dell’inizio di un controllo fiscale/penale rappresenta una causa di non punibilità del reato ex art.13, comma 2, D.lgs. n. 74/2000.

La dichiarazione integrativa

La dichiarazione integrativa può assumere due forme preminenti:

  • a favore del contribuente ex art. 2, commi 8 e 8-bis D.P.R. n. 322/1998;
  • a sfavore del contribuente mediante ravvedimento operoso ex art. 13 D.lgs. n. 472/1997.

In merito, si anticipa che se la dichiarazione integrativa risulta a favore del contribuente non è applicabile sanzione alcuna.

Nel dettaglio, la dichiarazione integrativa deve essere presentata con le medesime forme contemplate per la presentazione della dichiarazione originaria e determina, rispettivamente:

  • la postergazione dei termini di accertamento ex artt. 43 D.P.R. n. 600/1973 e 57 D.P.R. n. 633/1972, limitatamente ai soli elementi rinnovati ex 1, comma 640, L n. 190/2014;
  • l’esclusione della estinzione automatica dei delitti di dichiarazione infedele/fraudolenta di cui agli artt. 2,3 e 4 D.lgs. n. 74/2000.

Ancora, la dichiarazione dei Redditi, Irap, Iva e del sostituto di imposta può essere emendata entro i termini di decadenza dal potere di accertamento per correggere errori ed omissioni, incluse le irregolarità che danno luogo a variazioni, a favore o sfavore del contribuente, dell’imposta, dei crediti d’imposta e della base imponibile, ex art. 2 D.P.R. n. 322/1998.

La dichiarazione infedele

La dichiarazione infedele, la quale costituisce la violazione più comune consumata dai contribuenti, si configura per la presenza di dati valoriali non corrispondenti al vero, che possono interessare, alternativamente, indici di reddito omessi o l’indicazione di passività inesistenti.

L’elemento psicologico che contraddistingue la consumazione di questa fattispecie, ancora una volta alternativamente, può essere il risultato di dolo, ossia della deliberata intenzione di frodare il Fisco, ovvero della colpa, che si verifica in presenza di negligenza/imperizia durante la fase di compilazione della dichiarazione. In ogni caso, si tratta di una grave violazione delle norme fiscali e, più in generale, dei canoni di lealtà e collaborazione che informano la dialettica tra Amministrazione finanziaria e contribuente, avverso la quale il Legislatore è intervenuto a più riprese, fino alla riforma che segue.

A livello generale, la dichiarazione infedele è punita con l’applicazione di una sanzione che si determina all’interno della forbice edittale che parte dal un indice minimo pari al 90% fino ad un indice massimo pari al 180% delle imposte dovute, del credito utilizzato e delle ritenute non  versate.

Il D.lgs. n. 87/2024, in merito, è intervenuto attraverso la previsione di una sanzione applicabile nella misura fissa del 70%, con un minimo di euro 150,00 (diversamente, il minimo è pari ad euro 250,00 per la dichiarazione afferente al sostituto di imposta).

Quando la dichiarazione infedele è dovuta a condotte fraudolente, ovvero attraverso l’impiego di falsa documentazione, la sanzione è aumentata della metà.

Pertanto, la dichiarazione infedele che si consuma per mezzo di condotte fraudolente:

  • nel sistema previgente era punita con una sanzione che oscillava da un indice minimo pari al 135% ad un valore massimo pari al 270% dell’imposta dovuta o delle ritenute non versate;
  • nel sistema attuale, in forza del decreto in esame, è punita con l’applicazione di una sanzione determinata sulla base di un indice minimo del 105% e di un indice massimo pari al 140%.

Sul punto, è importante precisare che, ai fini Iva, l’aumento dalla metà al doppio (indice edittale dal 105% al 140%) “si applica nei confronti del cessionario o committente che ha utilizzato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti solo se è provata la compartecipazione alla frode”. Pertanto, nel caso in cui egli non abbia preso parte alla frode, sarà destinatario della sanzione ordinaria afferente alla dichiarazione infedele pari al 70% dell’imposta dovuta, ex art. 5, comma 4-bis, D.lgs. n. 471/1997.

Ancora, prosegue il decreto in esame, la sanzione per dichiarazione infedele è ridotta di 1/3quando la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e, comunque, complessivamente inferiori ad euro 30.000,00”, ex art. 1, comma 4, D.lgs. n. 471/1997.

La medesima riduzione si applicaquando l’infedeltà è la conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente. Se non vi è alcun danno per l’Erario, la sanzione è pari ad euro 250,00”, ex art. 1, comma 4, D.lgs. n. 471/1997.

Sulla scorta di quanto previsto per i precedenti obblighi dichiarativi, anche in questa ipotesi il Legislatore guarda con favore la cooperazione del contribuente che palesa l’errore mediante una dichiarazione integrativa presentata prima del controllo fiscale. In tal caso, si applica la nuova previsione sanzionatoria per omesso versamento pari al 25% raddoppiata, dunque del 50%, ex art. 1, comma 2 -bis, D.lgs. n. 471/1997 post D.lgs. n. 87/2024.

Da ultimo, l’opportunità di presentare la dichiarazione integrativa, eventualmente avvalendosi del ravvedimento operoso, va considerata alla luce dell’art. 13, comma 2, D.lgs. n. 74/2000, il cui testo rimane invariato.

Ne deriva che se il contribuente trasmette la dichiarazione integrativa fruendo del ravvedimento operoso, non sono iniziati i controlli (né penali né amministrativi) e, soprattutto, effettua il versamento delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, i reati di dichiarazione infedele e fraudolenta ex artt. 2, 3 e 4 D.lgs. n. 74/2000, non sono punibili.

 

 

 

 

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