Con la sentenza n. 14594 del 15 luglio 2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito quale comportamento deve tenere la parte dopo aver preso atto del fatto che, a causa del trasferimento dello studio, la notifica richiesta non è andata a buon fine.
Questione preliminare: la continuità del processo notificatorio
Richiamando alcuni precedenti, la Suprema Corte ha in primo luogo chiarito che se la mancata notifica non è imputabile alla parte che l’ha richiesta, il processo notificatorio continua a ritenersi iniziato al momento in cui è stata richiesta la notifica. Questa continuità, però, sussiste solo se la parte istante, preso atto dell’esito negativo della notifica a causa della modifica del domicilio,si sia riattivata per individuare il nuovo domicilio e completare il processo notificatorio.
Riattivare il processo notificatorio con immediatezza e tempestività
Secondo le Sezioni Unite, la ripresa di tale processo è rimessa alla piena autonomia della parte istante: è dunque esclusa la possibilità di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, sia perché tale sottoprocedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, sia perché non sarebbe neppure utile “in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata“.
Ne consegue che l’attività della parte interessata a completare la notificazione deve essere attivata con “immediatezza”, non appena abbia appreso la notizia dell’esito negativo della notificazione, e deve svolgersi con tempestività. A tal riguardo, la Corte ha altresì precisato che l’onere di indicare e provare il momento in cui ha appreso dell’esito negativo della notifica grava sull’istante, che deve provvedere con sollecita diligenza.
Il tempo massimo per riattivare e completare il processo notificatorio
Infine, con riferimento al processo notificatorio relativo alle impugnazioni, le Sezioni Unite, nel tentativo di desumere dall’ordinamento un limite massimo del tempo necessario per riprenderlo e completarlo, una volta avuta notizia dell’esito negativo della prima richiesta, hanno individuato tale termine nella misura pari alla metà del tempo indicato per ciascun tipo di atto di impugnazione dall’art. 325 c.p.c.
La ratio di tale indicazione deve riscontrarsi nella logica su cui si fonda detta disposizione: se infatti il legislatore ha ritenuto i termini previsti dall’art. 325 c.p.c. congrui per svolgere un ben più complesso e impegnativo insieme di attività (per concepire, redigere, e notificare un atto di impugnazione) a decorrere dal momento in cui sia stato pubblicato il provvedimento da impugnare, può ragionevolmente desumersi che lo spazio temporale relativo alla soluzione dei soli problemi derivanti da difficoltà nella notifica, non possa andare oltre la metà degli stessi, salvo una rigorosa prova in senso contrario (ad esempio, relativa a difficoltà del tutto particolari nel reperire l’indirizzo del nuovo studio).
Il principio di diritto
In conclusione, le Sezioni Unite, hanno dunque espresso il seguente principio di diritto:
“La parte che ha richiesto la notifica, nell’ipotesi in cui non sia andata a buon fine per ragioni a le non imputabili, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’Art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”.