Mutuo e restituzione delle rate pagate dall’ex convivente

La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 11337/2025 (puoi consultare il testo integrale della decisione cliccando qui), si è pronunciata in materia di mutuo e obblighi restitutori. La Suprema Corte, in particolare, ha chiarito quale sia la natura dei versamenti di denaro effettuati da un convivente a favore dell’altro e se, in caso di cessazione dalla convivenza, possa configurarsi il diritto alla restituzione delle somme impiegate per il pagamento del mutuo. Per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali.

I nuovi procedimenti di famiglia

I nuovi procedimenti di famiglia

L’opera, dal taglio agile ed operativo, si propone di offrire al professionista una guida ragionata per gestire le fasi cruciali del contenzioso familiare, così come novellato dalla cd. “Riforma Cartabia”, concentrandosi su quattro temi nodali: atti introduttivi, prima udienza, fase istruttoria, cumulo delle domande di separazione e divorzio. L’obiettivo è quello di fornire agli operatori del diritto una “bussola giuridica e processuale” per orientarsi tra le novità legislative e i risvolti applicativi, senza trascurare gli orientamenti giurisprudenziali. Il volume, aggiornato al D.Lgs. 164/2024, che apporta alcuni correttivi alla Riforma Cartabia, può contare su un approccio sistematico, concreto e innovativo, grazie all’apporto delle Autrici, avvocate e magistrate, le quali hanno partecipato alla redazione della Guida in una sorta di dialogo interdisciplinare, individuando gli argomenti processuali e sostanziali salienti nella materia, permettendo, altresì, di mettere a fuoco anche eventuali orientamenti e prassi virtuose.

Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

Leggi descrizione
Ida Grimaldi, 2025, Maggioli Editore
24.00 € 22.80 €

 

Il caso

L’attore conveniva in giudizio l’ex convivente chiedendo la condanna di quest’ultima al pagamento, in suo favore, della somma di 20.000,00 euro. A fondamento della domanda deduceva che:

  • aveva convissuto, more uxorio, con la convenuta per tre anni presso l’appartamento di proprietà della donna;
  • lui lavorava come operario, mentre la fidanzata era una studentessa tirocinante psicologa in ospedale, maestra di karate e pluricampionessa italiana, europea e mondiale in questa disciplina;
  • all’epoca della convivenza, la donna non percepiva alcuno stipendio e, quindi, era stato lui a fare la spesa, pagare le bollette ed il mutuo della causa, per tre anni (sopportando esborsi per un totale di Euro 28.800,00);
  • aveva provveduto a comprare dei mobili per la casa ed aveva anche versato 10.000,00 euro alla convivente, per l’acquisto di un’auto nuova.

L’attore sosteneva che durante la convivenza more uxorio non erano stati rispettati i principi di proporzionalità e adeguatezza alle condizioni sociali: chiedeva, pertanto, la restituzione di quanto corrisposto in eccesso ex art. 2033 c.c. e segg. e, se del caso, anche ex art 2041 c.c.

Il Tribunale condannava la convenuta contumace a pagare, a favore dell’attore, la somma
di euro 12.000 per lo “squilibrio economico” determinatosi durante la convivenza more uxorio in conseguenza del pagamento in favore della convenuta della somma complessiva di euro 24.000, “anche probabilmente per il pagamento del mutuo della casa”.

La Corte d’Appello riformava la sentenza di primo grado rigettando la domanda dell’attore e condannandolo al pagamento delle spese processuali.

Potrebbero interessarti anche:

Le doglianze del ricorrente

La Corte d’Appello, rigettando la domanda dell’attore, aveva affermato che le dazioni fatte da un convivente all’altro rappresentano adempimenti sociali doverosi nell’ambito di un rapporto affettivo che non può non implicare forme di collaborazione e di assistenza morale e materiale.

Il ricorrente, tuttavia, osservava che il suo rapporto affettivo con l’ex convivente era durato appena tre anni e che, la tesi della corte d’appello valeva solo per le spese ordinarie, ma non per quelle elargizioni che sono straordinarie ed effettuate con bonifico. Egli, infatti, non aveva chiesto la restituzione di tutte le somme impiegate per il mantenimento ordinario della compagna nel corso dei tre anni di convivenza, ma la restituzione delle sole somme versate direttamente alla fidanzata con bonifici periodici e utilizzate dalla stessa per il pagamento del mutuo. L’attore, inoltre, aveva provato l’acquisto dei mobili e dall’automobile: beni che, nell’impoverire lui, avevano invece arricchito l’ex convivente.

In definitiva, secondo il ricorrente:

  • le elargizioni da lui effettuate, nella misura di euro 25.400, dovevano ritenersi sproporzionate rispetto alle sue possibilità quale solvens;
  • ed avrebbero determinato un indebito arricchimento a favore della ex, con la conseguenza che i giudici di secondo grado avrebbero dovuto confermare il suo diritto ad ottenere detta somma almeno nella metà.

Azione generale di arricchimento

La Cassazione ha, innanzitutto, osservato che:

  1. l’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale;
  2. la nozione di arricchimento di cui all’art. 2041 c.c., va intesa, indifferentemente, sia in senso qualitativo che in senso quantitativo e può consistere tanto in un incremento patrimoniale, quanto in un risparmio di spesa e, più in generale, in una mancata perdita
    economica; correlativamente il depauperamento può consistere tanto in erogazioni di un’entità pecuniaria, quanto in attività o prestazioni di cui si avvantaggia l’arricchito;
  3. l’indennizzo, previsto dall’art. 2041 c.c., è finalizzato a reintegrare il patrimonio del depauperato, ragion per cui esso va commisurato all’arricchimento, riconoscendo, in via
    sostitutiva, al depauperato un quid monetario nei limiti dello stesso arricchimento (perché, altrimenti, si verificherebbe un arricchimento nel senso inverso).

Versamenti di denaro eseguiti da un convivente a favore dell’altro

Con specifico riferimento ai doveri morali e sociali, che trovano la loro fonte nella formazione sociale costituita dalla convivenza more uxorio, i versamenti di denaro eseguiti da un convivente a favore dell’altro durante la convivenza costituiscono adempimento di un’obbligazione naturale e cioè l’esecuzione di un dovere morale e sociale, con conseguente impossibilità di chiederne la restituzione.

Tali dazioni rappresentano adempimenti che la coscienza sociale ritiene doverosi nell’ambito di un consolidato rapporto affettivo, che non può non implicare forme di collaborazione e di assistenza morale e materiale.

La giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 14732/2018, n. 11303/2020) ha precisato che è configurabile l’ingiustizia dell’arricchimento di un convivente more uxorio ai danni dell’altro in presenza di prestazioni, compiute dal secondo a vantaggio del primo, che esulino dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza e travalichino i limiti di proporzionalità e di adeguatezza.

Applicazione dei principi al caso di specie

La Corte di merito, nella sentenza impugnata – dopo aver affermato, con accertamento di fatto, che il ricorrente, di professione operaio, era, tra i due conviventi, unico percettore di reddito ed aveva provveduto a pagare, per la durata della convivenza (tre anni), le rate
del mutuo, per complessivi euro 24 mila, di cui era gravata la casa, nella quale entrambi i conviventi avevano vissuto – aveva ritenuto che detto importo, in quanto corrispondente a quanto notoriamente sarebbe stato speso a titolo di canone di locazione per una unità immobiliare, fosse proporzionato e, come tale, da ricondursi ad una forma di collaborazione e di assistenza morale e materiale, che si reputa doverosa nell’ambito di un consolidato rapporto affettivo.

I giudici d’appello:

  • avevano qualificato i versamenti effettuati dal ricorrente come adempimenti di obbligazioni naturali ex art. 2034 c.c., in quanto eseguiti nell’ambito di una convivenza more uxorio consolidata;
  • e avevano compiuto una non implausibile valutazione di proporzionalità e di adeguatezza, richiesta dalla giurisprudenza di legittimità e rimessa all’esclusivo apprezzamento del giudice di merito.

La decisione della Cassazione

La Cassazione ha condiviso la tesi della Corte d’Appello ribadendo il principio per cui:

“L’attribuzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’obbligazione naturale, sempre che il giudice di merito, ad esito di un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, abbia ritenuto che l’attribuzione medesima sia adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens (e, dunque, non travalichi i limiti di proporzionalità e di adeguatezza)”.

Nel caso in esame, i versamenti effettuati dal ricorrente all’ex convivente e impiegati, da quest’ultima, per il pagamento del mutuo erano adeguati alle circostanze e proporzionati alle sue condizioni sociali. Tali attribuzioni patrimoniali rappresentavano adempimenti doverosi nell’ambito un rapporto affettivo che implica, inevitabilmente, forme di collaborazione e di assistenza materiale e morale: il ricorrente, pertanto, non aveva diritto alla restituzione delle somme versate.

La Suprema Corte ha, pertanto, rigettato il ricorso, confermando la sentenza impugnata.

Conclusioni

L’ordinanza n. 11337/2025 della Terza Sezione Civile della Cassazione rappresenta un importante chiarimento in tema di rapporti patrimoniali tra ex conviventi more uxorio. La Corte ha riaffermato che i versamenti di denaro effettuati da un convivente all’altro, se proporzionati alle condizioni economiche e sociali del solvens, costituiscono adempimenti di obbligazioni naturali, e come tali non sono suscettibili di restituzione. Il giudizio sulla proporzionalità e sull’adeguatezza di tali elargizioni, rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, è insindacabile in sede di legittimità. La decisione si inserisce nel solco di una giurisprudenza consolidata, ribadendo che l’impegno economico assunto all’interno di un legame affettivo stabile non può essere riletto ex post come fonte di obblighi restitutori, salvo che non emerga uno squilibrio grave e ingiustificato.

SCRIVI IL TUO COMMENTO

Scrivi il tuo commento!
Per favore, inserisci qui il tuo nome

4 + undici =

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.