Le Sezioni Unite sono finalmente intervenute per chiarire quale debba essere il contenuto dell’atto di appello in relazione a quanto affermato dall’art. 342 c.p.c. in materia di motivi specifici di appello a pena di inammissibilità.
Sul punto, come già accennato in una nota all’ordinanza di rimessione, sussisteva infatti un contrasto giurisprudenziale fra chi riteneva che l’art. 342 c.p.c. intendesse imporre all’appellante:
- un onere di specificazione di un diverso contenuto della sentenza di primo grado, se non perfino un progetto alternativo di sentenza o di motivazione;
- o piuttosto soltanto una compiuta contestazione di ben identificati capi della sentenza impugnata e dei passaggi argomentativi, in fatto ed in diritto, che la sorreggono, con la prospettazione chiara ed univoca della diversa decisione che ne conseguirebbe sulla base delle bene evidenziate ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice.
Con la sentenza n. 27199 del 16/11/2017, le Sezioni Unite hanno chiarito definitivamente la questione.
La normativa: artt. 342 e 434 cpc
In primo luogo la Cassazione ha voluto chiarire il contenuto e la ratio delle disposizioni in esame: in particolare, ciò che il nuovo testo degli artt. 342 e 434 c.p.c. esigerebbe è che le questioni e i punti contestati della sentenza impugnata siano chiaramente enucleati e con essi le relative doglianze.
Per cui, se il nodo critico è nella ricostruzione del fatto, esso deve essere indicato con la necessaria chiarezza, così come l’eventuale violazione di legge.
Ne consegue che, così come potrebbe anche non sussistere alcuna violazione di legge, se la questione è tutta in fatto, analogamente potrebbe porsi soltanto una questione di corretta applicazione delle norme, magari per presunta erronea sussunzione della fattispecie in un’ipotesi normativa diversa.
Il tutto, naturalmente, sul presupposto ineludibile della rilevanza della prospettata questione ai fini di una diversa decisione della controversia.
Il contenuto dell’atto di appello a pena di inammissibilità
Ciò chiarito, al fine di risolvere il quesito, le Sezioni Unite si sono soffermate sul contenuto dell’atto di appello richiesto a pena di inammissibilità, ricordando che nell’atto di appello deve affiancarsi alla parte volitiva una parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.
La maggiore o minore ampiezza e specificità delle doglianze ivi contenute sarà diretta conseguenza della motivazione assunta dalla decisione di primo grado.
Ove le argomentazioni della sentenza impugnata dimostrino che le tesi della parte non sono state in effetti vagliate, l’atto di appello potrà anche consistere, con i dovuti adattamenti, in una ripresa delle linee difensive del primo grado.
Mentre è logico che la puntualità del giudice di primo grado nel confutare determinate argomentazioni richiederà una più specifica e rigorosa formulazione dell’atto di appello, che dimostri insomma di aver compreso quanto esposto dal giudice di primo grado offrendo
spunti per una decisione diversa.
Il no delle Sezioni Unite al progetto alternativo di sentenza
L’individuazione di un «percorso logico alternativo a quello del primo giudice», però, non dovrà necessariamente tradursi in un «progetto alternativo di sentenza».
Secondo la Cassazione, il richiamo, contenuto nei citati artt. 342 e 434, alla motivazione dell’atto di appello non implica infatti che il legislatore abbia inteso porre a carico delle parti un onere paragonabile a quello del giudice nella stesura della motivazione di un provvedimento decisorio.
Quello che viene richiesto – in nome del criterio della razionalizzazione del processo civile, che è in funzione del rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata – è che la parte appellante ponga il giudice superiore in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, dimostrando di aver compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché queste siano censurabili.
Tutto ciò, inoltre, senza che all’appellante sia richiesto il rispetto di particolari forme sacramentali o comunque vincolate.
L’appello quale revisio prioris instantiae
Chiarisce infatti la Suprema Corte che, al contrario di quanto ipotizzato da alcuni, la riforma del 2012 non ha trasformato l’appello in un mezzo di impugnazione a critica vincolata.
L’appello è infatti rimasto una revisio prioris instantiae.
E i giudici di secondo grado sono chiamati in tale sede ad esercitare tutti i poteri tipici di un giudizio di merito, se del caso svolgendo la necessaria attività istruttoria, senza trasformare l’appello in una sorta di anticipato ricorso per cassazione.
La diversità tra il giudizio di appello e quello di legittimità va fermamente ribadita proprio alla luce della portata complessiva della riforma legislativa del 2012 la quale, come ha osservato l’ordinanza interlocutoria, mentre ha introdotto un particolare filtro che può condurre all’inammissibilità dell’appello a determinate condizioni (artt. 348-bis e 348-ter cod. proc. civ.), ha nel contempo ristretto le maglie dell’accesso al ricorso per cassazione per vizio di motivazione.
Ebbene, secondo la Corte di legittimità, proprio tale circostanza impone di seguire un’interpretazione che abbia come obiettivo non quello di costruire un’ulteriore ipotesi di decisione preliminare di inammissibilità, bensì quello di spingere verso la decisione nel merito delle questioni poste.
Il principio di diritto
Alla luce di quanto affermato, le Sezioni Unite hanno pertanto enunciato il seguente principio di diritto:
«Gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.
Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado».