L’articolo 111 ultimo comma della Costituzione dispone che contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti è ammesso il ricorso per Cassazione per i “soli motivi inerenti la giurisdizione”.
Comprendere il significato di tale locuzione è fondamentale al fine di circoscrivere i limiti della giurisdizione ordinaria rispetto a quella amministrativa.
È possibile verificare come il legislatore utilizzi la predetta espressione all’interno sia del codice di procedura civile sia in quello del processo amministrativo, ribadendo il fatto che la ricorribilità in Cassazione, di decisioni di giudici speciali, sia possibile solo ove relativa a problematiche in ordine alla giurisdizione.[1]
L’interpretazione giurisprudenziale
La giurisprudenza tradizionale interpreta il concetto di motivi inerenti la giurisdizione, distinguendo tra difetto assoluto e relativo.
Si definisce assoluto nell’ipotesi in cui il giudice amministrativo invada una sfera riservata al legislatore o all’amministrazione; relativo, invece, laddove il giudice amministrativo conosca di una controversia che spetta ad un altro ordine giurisdizionale (al giudice ordinario o ad altro giudice speciale), oppure, al contrario, si dichiari erroneamente privo di giurisdizione.
In tal modo, è agevole individuare i limiti esterni della giurisdizione amministrativa rispetto al legislatore, all’amministrazione e agli altri poteri giurisdizionali.
Innovativa è, tuttavia, l’interpretazione fornita da recenti pronunce della Corte di Cassazione, volte a delineare una nozione “dinamica ed evolutiva” di giurisdizione.
Sul punto, è possibile indagare due pronunce delle Sezioni Unite: del 2008[2] e del 2015[3].
Con la prima, la Corte ritiene necessario abbandonare una nozione statica di giurisdizione, prediligendo un concetto “dinamico ed elastico”, giustificando ciò sulla sopravvenienza di una serie di fattori.[4]
Di conseguenza, nel termine giurisdizione è possibile annoverare non soltanto l’attribuzione del potere giurisdizionale all’uno o all’altro ordine, ma altresì le forme di tutela attraverso le quali si esplica il potere giurisdizionale. [5]
In tale contesto, si pone, dunque, il problema di indagare l’applicabilità dell’articolo 111 ultimo comma della Costituzione a tutte le ipotesi di menomazione della tutela.
In particolare, laddove la tutela risarcitoria, da parte del giudice amministrativo, non risulti pienamente soddisfatta.
Nel caso di specie, infatti, la Suprema Corte ritiene che il diniego di tutela risarcitoria equivalga ad un rifiuto di giurisdizione. Di conseguenza, la pronuncia del giudice amministrativo risulta sindacabile ai sensi del dettato costituzionale.
Tale principio era già stato anticipato in due ordinanze della Cassazione a Sezioni Unite del 2006.[6] Da entrambe è possibile dedurre, tramite un obiter dictum, il principio ai sensi del quale il rifiuto della tutela risarcitoria autonoma degli interessi legittimi può costituire un rifiuto di giurisdizione, come tale sindacabile attraverso il ricorso in Cassazione.
Il concetto evolutivo di giurisdizione viene confermato anche dalla successiva pronuncia del 2015. In tale circostanza, la Corte afferma che il termine giurisdizione deve essere inteso anche quale insieme delle tecniche di tutela.
La fattispecie in questione si riferisce ad un caso di ricorso incidentale escludente. [7]
Nello specifico, il Consiglio di Stato, nel 2013, applicando il principio di diritto di cui alla Plenaria 4 del 2011, aveva accolto il ricorso incidentale escludente, dichiarando inammissibile il ricorso principale per difetto di legittimazione. Nello stesso anno, interveniva la Corte europea con il caso Fastweb, imponendo l’esame congiunto di entrambi i ricorsi (sia principale sia incidentale).
Il ricorrente principale, dunque, sulla scorta di quanto affermato a livello europeo, proponeva ricorso in Cassazione prospettando un diniego di giurisdizione.
Le Sezioni Unite fanno riferimento ad un precedente del 2012, nel quale si era prospettato un diniego di giurisdizione in quanto il ricorso principale era stato respinto sulla scorta di una cattiva ed erronea applicazione dei principi sulle condizioni dell’azione del processo amministrativo.
Ritornano sulla problematica del contrasto tra una pronuncia del Consiglio di Stato ed il diritto europeo, specificando come ciò, in generale, non possa costituire una questione inerente la giurisdizione. Il caso di specie, però, è caratterizzato da particolarità in quanto la decisione del Consiglio di Stato è da qualificare come anomala ed abnorme, tanto da determinare uno stravolgimento delle norme di riferimento. [8]
In particolare, si ritiene che l’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato, basata sull’intervento della Corte di Giustizia, risulti determinare un mancato accesso al giudice con conseguente diniego di giurisdizione.
Di conseguenza, tale limitazione all’accesso alla tutela giurisdizionale, derivante dalla predetta interpretazione della normativa nazionale, determina la possibilità per la Corte di Cassazione di sindacare la pronuncia del giudice amministrativo, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 111 Cost.
La pronuncia della Corte Costituzionale n. 6 del 2018
Merita di essere analizzata la pronuncia della Corte Costituzionale n. 6 del 2018. Nel caso di specie, la problematica del concetto di giurisdizione si pone in relazione al riparto di attribuzione in merito alla normativa relativa alla materia del pubblico impiego.
Nello specifico, viene in rilievo l’articolo 69 comma 7 del decreto legislativo 165 del 2001, trasfuso nell’articolo 45 comma 17 del decreto 80 del 1998. Tali norme stabiliscono che le controversie, aventi ad oggetto rapporti di lavoro della pubblica amministrazione, debbano essere devolute al giudice ordinario. Diversamente, le controversie “attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998” restano attribuite alla giurisdizione esclusiva, solo ove siano state proposte, a pena di decadenza entro il 15 settembre 2000.
Nella fattispecie in questione, il ricorso al TAR era stato proposto dopo il 15 settembre 2000 e, per tale motivo, era stato ritenuto inammissibile.
Successivamente alla pronuncia del Consiglio di Stato, anch’essa sulla stessa linea di quella del TAR, erano intervenute, nel luglio 2013 e nel febbraio 2014[9], due sentenze della Corte Edu, relative alla medesima problematica.
I ricorrenti proponevano, dunque, ricorso in Cassazione, lamentando un aprioristico diniego di giurisdizione, ravvisando ciò nella denegata giustizia della dichiarazione giudiziale di inammissibilità fondata sull’intervenuta decadenza. [10]
La Cassazione ritiene il ricorso inammissibile, richiamando la precedente pronuncia del 2015, giustificando l’aprioristico diniego di giurisdizione alla luce degli interventi della Corte di Giustizia che avevano smentito la pronuncia del giudice amministrativo che aveva negato l’accesso alla tutela giurisdizionale.
La contrarietà di una sentenza rispetto alla normativa comunitaria dovrebbe determinare una questione di legittimità costituzionale, con conseguente eventuale dichiarazione di incostituzionalità della normativa in questione.
Per tale motivo, viene sollevata la predetta problematica innanzi alla Corte costituzionale, che viene chiamata a verificare se effettivamente sia stato proposto un motivo inerente alla giurisdizione, ai sensi dell’articolo 111 ultimo comma.
L’ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione, motivando circa la rilevanza della questione di costituzionalità, riporta un ormai consolidato principio sulla scorta del quale il sindacato esercitato sulle decisioni del Consiglio di Stato, ex art 362, 1 c.p.c. e 110 c.p.a., è consentito sole ove si richieda l’accertamento dell’eventuale sconfinamento nei limiti esterni della giurisdizione. Di conseguenza, il ricorso per motivi inerenti la giurisdizione risulta esperibile nell’ipotesi in cui la sentenza del Consiglio di Stato abbia violato l’ambito della giurisdizione in generale oppure abbia violato i limiti esterni. [11]
La Corte rimettente, tuttavia, specifica che, negli ultimi anni, si è affermato un concetto dinamico di giurisdizione, tale da permettere il sindacato non solo sulle norme che individuano i presupposti di attribuzione del potere giurisdizionale, ma anche su quelle che stabiliscono le forme di tutela attraverso le quali si estrinseca la giurisdizione.
Sulla scorta della predetta interpretazione, rientrerebbero nel concetto di giurisdizione anche le ipotesi in cui il giudice amministrativo abbia denegato una particolare forma di tutela astrattamente prevista dalla legge. [12]
A tale concetto, le Sezioni Unite sono pervenute invocando la necessaria applicazione di taluni principi di carattere generali, quali: a) la primazia del diritto comunitario; b) il giusto processo; c) il principio di effettività della tutela; d) il principio di unità funzionale della giurisdizione; e) il principio di fronteggiare l’eccessiva espansione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva.
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’inammissibilità della questione sollevata dalla Sezioni Unite per difetto di rilevanza, in relazione all’insussistenza di un motivo di ricorso inerente alla giurisdizione. Ritenendo, in particolare, contrastante l’interpretazione fornita dalla Cassazione rispetto al dettato letterale della norma sulla scorta di quattro argomenti, di seguito specificati.
Dal punto di vista meramente letterale, la Corte ritiene che il testo normativo non lasci adito a dubbi e soprattutto non determini la possibilità di un concetto evolutivo o dinamico di giurisdizione.
La lettura combinata dei commi 7 e 8 dimostra come il primo sia stato introdotto al fine di prevedere un generale ricorso in cassazione per violazione di legge nei confronti di sentenze emesse da giudici ordinari e speciali, mentre il secondo[13] sia limitato ai “soli” motivi relativi alla giurisdizione. Di conseguenza, non sarebbe possibile prediligere un’interpretazione del comma 7 che possa assimilarlo al comma 8.
Un ulteriore argomento è di carattere sistematico. La scelta di fondo dei costituenti è sicuramente volta a determinare la sussistenza di un assetto pluralistico di giurisdizioni. Il fatto che tutte le giurisdizioni abbiano una matrice comune nella tutela di sfere giuridiche altrui non implica una conseguente unità organica.
Alla luce dei lavori preparatori dell’assemblea costituente, si ribadisce, inoltre, l’assetto sistematico di unità non organica, ma solo funzionale della giurisdizione.
Assunto ciò, la Corte Costituzionale analizza, criticandoli, i fattori che avrebbero giustificato l’introduzione di una nozione evolutiva di giurisdizione.
In merito all’unità funzionale, sulla scorta di quanto sopra dedotto, si ritiene che con unità funzionale non debba intendersi necessariamente unità organica.
In ordine all’effettività della tutela e al principio del giusto processo, si replica che tali principi debbano essere garantiti a cura dei giudici a ciò deputati dalla costituzione e non in sede di controllo della giurisdizione.
Il primato del diritto europeo, invece, sarebbe da riferire a violazioni gravi, particolarmente qualificate, ma rimane una violazione di legge. La gravità non ne cambia la natura.
La progressiva espansione della giurisdizione esclusiva, infine, non giustificherebbe un’interpretazione evolutiva, in quanto è la stessa costituzione a sottrarre la funzione monofilattica della cassazione alla pronunce del consiglio di stato relative a diritti soggettivi.
Di conseguenza, la locuzione “soli motivi inerenti la giurisdizione” sarebbe da riferire alle ipotesi di difetto assoluto e relativo di giurisdizione.
La Corte Costituzionale, dunque, predilige l’interpretazione tradizionale.
L’attuale assetto
Le Sezioni Unite[14], prima del deposito della sentenza della Corte Costituzionale, sono tornate sul tema del rifiuto di giurisdizione, ricostruendo l’evoluzione giurisprudenziale e fornendo un’interpretazione finale.
Nello specifico, la Corte ritiene che non possano costituire diniego di giurisdizione gli errores in procedendo o in iudicando, riguardanti anche il diritto dell’Unione Europea, salvo i casi di radicale stravolgimento delle norme di riferimento sia nazionali sia europee. Alla luce di ciò, dunque, possono essere ricomprese nel concetto di questioni attinenti la giurisdizione le sole censure in cui il giudice amministrativo risulti aver stravolto le norme di riferimento, tanto da determinare un diniego di tutela in concreto.
Immediata conseguenza, quindi, è da rivenire nella possibilità di circoscrivere nei motivi di carattere giurisdizionale anche l’ipotesi in cui sia stata fornita un’interpretazione della normativa comunitaria, tale da limitare la tutela a livello processuale.
Anche nel 2018, la Corte di Cassazione ritorna sulla problematica dell’ambito di applicazione del concetto di giurisdizione di cui all’art. 111, ultimo comma Costituzione.
Si ribadisce l’idea che non possano costituire motivi inerenti la giurisdizione gli errores in iudicando ed in procedendo, salvo l’ipotesi in cui non costituiscano uno stravolgimento in ordine all’interpretazione delle norme di riferimento nazionali ed europee.
Un’ulteriore pronuncia, che conferma tale assetto interpretativo, è delle Sezioni Unite del 2019.[15] Nel caso di specie, una società impugnava dinnanzi al giudice amministrativo un provvedimento con il quale era stata diffidata dall’esercitare una sala di gioco pubblico, per violazione della specifica normativa in tema di rispetto delle distanze.
Veniva proposto ricorso in Cassazione ex art. 111, comma 8 cost, per ragioni di giurisdizione, in seguito al rigetto da parte sia del Tar sia del Consiglio di Stato. Nello specifico per far valere il cosiddetto vizio di eccesso di potere giurisdizionale. Il ricorrente, infatti, censurava la decisione del Consiglio di Stato sulla scorta di un’interpretazione creativa delle norme di riferimento, posta in essere dal giudice amministrativo.
La Cassazione ritiene che l’attività interpretativa sia da qualificare quale proprium della funzione giurisdizionale. L’eccesso di potere può configurarsi soltanto ove il giudice applichi una norma da lui stesso creata.
In tal senso, la Suprema Corte ribadisce come gli errores in procedendo ed in iudicando non possano costituire diniego di giurisdizione, ancorchè riguardanti il diritto dell’Unione europea, salvo i casi di stravolgimento delle norme di riferimento, sia nazionali sia europee, tali da determinare una denegata giustizia.
Alla luce dell’excursus giurisprudenziale, sembrerebbe essere stato introdotto un concetto di giurisdizione evolutivo e dinamico in relazione a taluni casi particolari. Nello specifico, alle ipotesi di diniego di giurisdizione derivanti:
- a) dalla mancata ammissibilità della domanda risarcitoria autonoma;
- b) dalla problematica dell’esame prioritario del ricorso incidentale escludente e del rapporto rispetto a quello principale;
- c) dall’interpretazione abnorme in ordine alla normativa sia nazionale sia europea, tale da determinare uno stravolgimento delle norme di riferimento.
Casi, dunque, che potremmo definire eccezionali.
L’attuale assetto dottrinale, dunque, si divide.
Da un lato, vi sono coloro che appoggiano quanto affermato dalla Corte costituzionale, dall’altro coloro che la criticano, ribadendo quanto sostenuto dalla Cassazione a Sezioni Unite.
Le principali argomentazioni sono da ravvisare nella valorizzazione della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il cui fondamento è da rinvenire nell’art. 3 della costituzione e nella progressiva espansione delle materie devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva.
Bibliografia
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[1] Nello specifico: l’art 360 comma 1 n. 1 cpc, art 362 comma 1 cpc, art 103 cost, art 110 cpa, art 374 comma 1 cpc.
[2] Cassazione SS.UU. n. 30254 del 2008: “Ai fini dell’individuazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, che tradizionalmente delimitano il sindacato consentito alle sez. un. sulle decisioni del Consiglio di Stato che quei limiti travalichino, si deve tenere conto dell’evoluzione del concetto di giurisdizione – dovuta a molteplici fattori: il ruolo centrale della giurisdizione nel rendere effettivo il primato del diritto comunitario; il canone dell’effettività della tutela giurisdizionale; il principio di unità funzionale della giurisdizione nella interpretazione del sistema ad opera della giurisprudenza e della dottrina, tenuto conto dell’ampliarsi delle fattispecie di giurisdizione esclusiva; il rilievo costituzionale del principio del giusto processo, ecc. – e della conseguente mutazione del giudizio sulla giurisdizione rimesso alle sez. un., non più riconducibile ad un giudizio di pura qualificazione della situazione soggettiva dedotta, alla stregua del diritto oggettivo, né rivolto al semplice accertamento del potere di conoscere date controversie attribuito ai diversi ordini di giudici di cui l’ordinamento è dotato, ma nel senso di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi, che comprende, dunque, le diverse tutele che l’ordinamento assegna a quei giudici per assicurare l’effettività dell’ordinamento. Infatti è norma sulla giurisdizione non solo quella che individua i presupposti dell’attribuzione del potere giurisdizionale, ma anche quella che dà contenuto a quel potere stabilendo le forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca. Pertanto, rientra nello schema logico del sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione l’operazione che consiste nell’interpretare la norma attributiva di tutela, onde verificare se il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 111, comma 8, cost., la eroghi concretamente e nel vincolarlo ad esercitare la giurisdizione rispettandone il contenuto essenziale, così esercitando il sindacato per violazione di legge che la S.C. può compiere anche sulle sentenze del giudice amministrativo.”
[3] Cassazione SS.UU. n. 2242 del 2015: “In materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del limite esterno della giurisdizione – che l’art. 111, ottavo comma, Cost., affida alla Corte di cassazione – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori “in iudicando” o “in procedendo” per contrasto con il diritto dell’Unione europea, salva l’ipotesi, “estrema”, in cui l’errore si sia tradotto in una interpretazione delle norme europee di riferimento in contrasto con quelle fornite dalla Corte di Giustizia Europea, sì da precludere l’accesso alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo.”
[4] In particolare, la Corte di Cassazione ritiene che una serie di vicende, di seguito elencate, abbiano determinato l’evolversi del concetto di giurisdizione. A titolo esemplificativo: il primato del diritto europeo, la risarcibilità degli interessi legittimi, la devoluzione al giudice amministrativo delle controversie sul risarcimento del danno derivante da lesione di interessi legittimi, l’ampliamento della giurisdizione amministrativa esclusiva, il principio di effettività della tutela giurisdizionale, il principio delgiusto processo, il principio di unità funzionale della giurisdizione.
[5] È norma sulla giurisdizione, secondo quanto espressamente ritenuto dalla Corte di Cassazione, anche quella che “dà contenuto al potere, stabilendo attraverso quali forme di tutela si estrinseca”.
[6] Cassazione civile sez. un. 13660 e 13659 del 2006.
[7] Con il ricorso incidentale escludente, il controinteressato deduce motivi di esclusione a carico del ricorrente principale. Con la proposizione di tale ricorso, si introduce una questione di merito che si ripercuote sull’ammissibilità del ricorso principale. Principio generale, introdotto dalla giurisprudenza, è da rinvenire nell’esame prioritario di quello incidentale. Dubbi sono, dunque, sorti in merito alle conseguenze di quello principale. Sul punto sono intervenute diverse pronunce del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia, che hanno proposto soluzioni differenti. Da un lato, l’accoglimento del ricorso incidentale con conseguente dichiarazione di inammissibilità del principale per mancanza di legittimazione ad agire; dall’altro il necessario esame di entrambi i ricorsi.
[8] La problematica, relativa all’indagine circa il ricorso incidentale e principale, viene risolta da una lato valorizzando la sopravvenienza della sentenza Fastweb e dall’altro lato interpretando la norma processuale nazionale, negando l’accesso al giudice nella stessa fattispecie concreta.
[9] Corte EDU Mottola e Staibano del 2014.
[10] La ratio del ricorso in Cassazione per aprioristico diniego di giurisdizione è fondato sulla differente interpretazione fornita dalla giurisprudenza in relazione al termine del 15 settembre 2000.
Sul punto si confrontano due tesi: da un lato, coloro che ritengono che la predetta data sia da considerare quale spartiacque tra le due giurisdizioni; dall’altro, coloro che invece ritengono che sia da qualificare quale termine di decadenza. La cassazione si è orientata a favore della seconda tesi.
[11] La Corte si riferisce all’ipotesi in cui il Consiglio di Stato abbia esercitato la giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, oppure, l’abbia negata sull’erroneo presupposto che la domanda non possa formare oggetto, in modo assoluto, di funzione giurisdizionale (rifiuto di giurisdizione). In tale contesto rientra anche il cosiddetto diniego di giurisdizione, da assimilare all’ipotesi in cui il giudice abbia violato i limiti esterni, pronunciandosi su una materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, oppure abbia negato la propria giurisdizione sull’erroneo convincimento che spetti ad altro giudice.
[12] A titolo esemplificativo, è possibile circoscrivere nell’ambito del diniego di giurisdizione i casi di rigetto nel merito della domanda risarcitoria e le ipotesi di mancato esame del ricorso principale, in seguito all’accoglimento del ricorso incidentale.
[13] Intendere la giurisdizione in senso evolutivo e dinamico significa mascherare i motivi inerenti la giurisdizione in errores in iudicando o in procedendo, ossia in violazioni di legge. Sul punto è possibile richiamare quanto affermato da Travi: “Le regole del riparto fra giudice ordinario e giudice amministrativo nel nostro ordinamento hanno un carattere istituzionale, sottolineato dallo stretto rapporto fra l’art. 103 e l’art. 111, c. 8, Cost. In queste disposizioni la nozione di giurisdizione è riferita alla “potestas iudicandi”, a quelli che siamo soliti designare come limiti esterni della giurisdizione, dunque alla distinzione fra l’ambito demandato a una giurisdizione e quello demandato all’altra: si tratta dunque di un profilo ben diverso da quello che attiene alla verifica dell’esercizio della giurisdizione. Anche negli Atti dell’Assemblea Costituente (in particolare, seduta pomeridiana del 27 novembre 1947, interventi di Paolo Rossi e di G. Leone), emerge con chiarezza che questo era il significato delle norme costituzionali. La nozione di ricorso per motivi di giurisdizione che emerge dalle norme costituzionali è univoca e non si presta pertanto a interpretazioni forzate. E’ la stessa nozione accolta anche dalla dottrina che si è espressa dopo la Costituzione (si pensi ad Andrioli, Satta, Liebman) ed è la nozione che trova riscontro in disposizioni diverse da quelle che riguardano il ricorso per Cassazione, contenute non solo nel codice di procedura civile, ma anche in altre leggi processuali, come il recente codice del processo amministrativo. In questo quadro non regge la tesi che propone il superamento di una nozione “tradizionale” o “statica” dei motivi di giurisdizione con una nozione “funzionale” o “dinamica”, che si ispirerebbe agli art. 24 e 111, c. 1, Cost.. Ciò che è decisivo in ambito processuale è la legge: l’art. 111, c. 1, Cost. lo ribadisce con chiarezza. La nozione di “motivi inerenti alla giurisdizione”, su cui si fonda il ricorso alla Cassazione nei confronti delle decisioni del Consiglio di Stato, non può essere considerata in termini elastici, in relazione alla concreta condivisibilità o meno delle soluzioni interpretative accolte dal giudice speciale. Si tratta, invece, di una nozione fondante i rapporti istituzionali fra le giurisdizioni, e per questo motivo sancita da una norma costituzionale. Come per tutte le nozioni fondanti che hanno un riconoscimento costituzionale, svolge una funzione di garanzia e l’interpretazione deve seguire criteri particolari di rigore e di aderenza alle ragioni testuali.”
[14] SS.UU. 31126 del 2017 “Non costituiscono diniego di giurisdizione da parte del Consiglio di Stato (o della Corte dei conti), gli errori “in procedendo” o “in iudicando”, ancorché riguardanti il diritto dell’Unione europea salvo i casi di radicale stravolgimento delle norme di riferimento (nazionali o dell’Unione) tali da ridondare in denegata giustizia, ed in particolare, salvo il caso, tra questi, di errore “in procedendo” costituito dall’applicazione di regola processuale interna incidente nel senso di negare alla parte l’accesso alla tutela giurisdizionale nell’ampiezza riconosciuta da pertinenti disposizioni normative dell’Unione europea, direttamente applicabili, secondo l’interpretazione elaborata dalla Corte di giustizia.”
[15] SS.UU. 22571 del 2019: L’eccesso di potere giurisdizionale è configurabile solo ove il giudice applichi non già la norma esistente bensì una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete.