I minori stranieri non accompagnati: quale interesse nazionale?

in Giuricivile, 2019, 9 (ISSN 2532-201X)

28 Agosto 2019. La nave Mare Jonio, Mediterranea Saving Humans completa il salvataggio di circa cento persone tra cui 26 donne di cui almeno 8 incinte, 22 bambini di meno di 10 anni e almeno altri 6 minori. Individuato il gommone, sovraffollato, alla deriva la nave ha provveduto a offrire loro soccorso e dirigersi verso un porto sicuro. Situazione aggravatasi dalla presenza di minori stranieri non accompagnati.

Il fenomeno migratorio in tempi recenti, ha catalizzato su se stesso pulsioni e azioni xenofobe, fomentate da chi, vorrebbe confinarlo nei meandri degli stereotipi della “diversità”. Ma, la storia delle migrazioni è caratterizzata dalla dinamicità, dal movimento quali aspetti intrinseci nella storia dell’umanità, pertanto, è di immediata osservazione che l’uno e l’altro sono due facce della stessa medaglia, imprescindibilmente legate.

Esistere, vuol dire coesistere. Il diritto si è scontrato con la necessità di produrre un’insieme di regole. Il delicato equilibrio tra democrazia e tutela dell’ordine pubblico, permette di constatare la difficile relazione tra una comunità consolidata di uomini, che si sentono parte di un microcosmo, per il tramite di elementi comuni che li caratterizzano, si pensi alla razza, alla lingua, alla religione ecc., e lo straniero, quale elemento che destabilizza l’apparente tranquillità del “microcosmo” introducendo elementi nuovi che conducono la “comunità consolidata” ad imputarlo come “il diverso”. Quando “il diverso” è un minore straniero, che affronta non solo le ostilità di un viaggio, ma anche le ostilità germinate nella comunità di approdo, è allora che ci si interroga per comprendere come il diritto è  intervenuto e quali solo le necessarie modifiche da apportare alla disciplina. A tal fine, appare necessario, prendere le mosse, dalla nascita del fenomeno migratorio minorile, evidenziandone la fragilità psicologica dei soggetti protagonisti e i push and pull factors.

Si tratta di minori, che a vario titolo lasciano il Paese d’origine, costretti ad affrontare quello che alcuni hanno definito “il viaggio della speranza” e il locus ingressum non è senza ostilità che il minore da solo non può e non riesce ad affrontare.

L’identità del soggetto minore, frantumata dai traumi che il minore ha subito, è relegata all’oblio della dimenticanza e della diversità. Il minore migrante, appare alla società come nemico, dal quale difendersi. Nella realtà, un soggetto tanto vulnerabile necessita di idonee tutele e protezioni che lo Stato ospitante deve predisporre, per adempiere taluni obblighi positivi. È importante constatare l’evoluzione che la normativa ha subìto. La centralità che ha assunto nell’ottica di protezione del minore straniero, la Convenzione dei diritti del Fanciullo del 1989.

Una parte cospicua del fenomeno migratorio, ha destato e desta l’attenzione degli operatori giuridici e non, in ragione dei soggetti che la compongono, maggiormente vulnerabili, data la loro minore età e parallelamente la situazione migratoria in cui vengono a trovarsi.

Il minore migrante viene a trovarsi, in un contesto sociale differente da quello d’origine e la sfida evolutiva, è volta ad affrontare quel confronto-scontro tra l’Io del minore, ormai così spezzato e il Noi esterno. Taluni hanno sottolineato che la “sfida identità” è un confronto interno ed esterno con ostacoli e l’esito sarà dato da come esso è affrontato. Il migrante, per di più se minore, si trova a fronteggiare e a dover ricomporre un’identità frantumata dopo la sua partenza, dunque una “rigenerazione” della propria identità.

Le difficoltà con cui il minore migrante si scontra, creano in lui disagi psicologici, pertanto, l’adattamento dello straniero al nuovo contesto deve avvenire attraverso schemi e comportamenti che permettano di negoziare, la necessaria integrazione nel nuovo contesto.

La costruzione della “nuova” identità  avverrà in un contesto, che osserva il migrante attraverso due lenti d’ingrandimento tanto diverse tra loro, da restituire due percezioni del medesimo soggetto. Se da un lato il migrante appare come invisibile, perché irregolare quanto ai diritti, dall’altro è visibile, per la sua differente razza; tutt’al più il minore migrante è esposto a visibilità deferita, una visibilità invisibile.

Già nel 2015, il Comitato ONU sui diritti del fanciullo si è rivolto al Consiglio Giustizia e affari interni dell’Unione Europea sollecitando un approccio orientato sui diritti dei minori nel pianificare e attuare una linea d’azione comune per affrontare la crisi migratoria. Tra gli strumenti internazionali ed europei messi in atto, e richiamati nell’agenda europea 2010-2014, la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, appaiono portatrici della promozione di obiettivi di solidarietà, nel solco della necessaria cooperazione tra Europa e Stati membri, senza dimenticare la “leale collaborazione” tra Corti nazionali e Corti sovranazionali ed internazionali, che hanno colmato molto spesso, il vacuo legislativo interno.

In ragione di quanto esposto, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, sfugge alle dinamiche consuete di regolazione dei flussi migratori.

Definizione di MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati)

I minori stranieri non accompagnati sono costretti all’esperienza traumatica di una migrazione in età precoce e in solitudine, ancora di più se a questa si intrecciano esperienze violente come la tratta, la clandestinità, la devianza. La presenza dei minori stranieri non accompagnati pone complesse sfide operative anzitutto in termini di protezione, che va assicurata fin dall’arrivo alle frontiere, ma anche in termini di concreta gestione della loro presenza.

Il soggetto da analizzare, è affetto da una duplice situazione, quella di minore e di straniero, al medesimo tempo. Il minore straniero è considerato meritevole di una particolare tutela, a motivo di tre elementi di debolezza che confluiscono nel suo status. Egli è, soggetto vulnerabile in quanto minore, in quanto migrante, e qualora non accompagnato, non è protetto da una rete di relazioni parentali in una fase della propria vita che lo vede fragile sul piano psico-fisico rispetto all’adulto. In ragione dell’età del minore migrante, e della sua “physical and mental immaturity”, deve essere considerato come soggetto affetto da una vulnerabilità definibile, oggettiva.

Nel delineare una nozione di MSNA, appare necessario prendere le mosse dalla definizione anzitutto di minore enunciata, nel più importante strumento di diritto internazionale, ossia, la Convenzione sui diritti del fanciullo e dell’adolescente, siglata a New York dall’Assemblea Generale dell’ONU il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176. La menzionata Convenzione, appare come il primo concreto riconoscimento di diritti  specifici in capo ai minori. Assume particolare importanza quel principio, divenuto successivamente un pilastro fondamentale a livello internazionale, europeo e nazionale nel trattamento del minore, ossia la cd. la valutazione del superiore interesse del minore, che deve essere “la guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento”.

La portata dirompente della Convenzione del 1989, ha squarciato il velo delle antitesi, ponendo pieno e definitivo riconoscimento dei diritti del bambino.

L’art. 1, della Convenzione del 1989, stabilisce che minore deve intendersi: “ogni essere umano avente un’età inferiore a diciotto anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile”. Dal suddetto art. 1, si evince, che minore è anzitutto un essere umano, titolare di un’ampia sfera di diritti, gli stessi che la Convenzione del 1989, gli attribuisce e riconosce, in quanto connaturali alla sua natura  di essere vivente. In essa il minore benché di frequente non abbia la capacità di esercitarli autonomamente, è titolare di diritti specifici. Pertanto, sin dalla Convenzione ivi menzionata, sia i successivi orientamenti giurisprudenziali e legislativi hanno dovuto coniuga ai diritti del minore, cui condizione imprescindibilmente legata alla sua età, specifiche vulnerabilità o di mancanza di assistenza dei propri genitori (minore separato e minore non accompagnato), una necessaria protezione e sostegno.

In merito ai diritti riconosciuti dei minori e alla relativa garanzia del rispetto degli stessi in caso di violazione, lo strumento internazionale qui enunciati, pur compiendo passi in avanti nel riconoscimento di diritti, cui il minore è destinatario e soggetto meritevole di una tutela specifica, appaiono fragili meccanismi e inidonei a colmare il vacuo di garanzie, dinanzi alle continue violazioni dei diritti dei minori, da parte degli Stati contraenti. Caratteristica essenziale di tali minori è la loro vulnerabilità. È necessario, che essi siano considerati innanzitutto minori, e di riflesso vengano attuate tutte quelle garanzie richieste in virtù del principio universale dei “best interests of the child”, come disposto all’art. 3 della Convenzione di New York del 1989, ove il superiore interesse del minore deve sempre costituire il principale parametro di riferimento in tutte le decisioni concernenti il fanciullo, avendo in considerazione il suo background culturale e sociale, nonché i suoi bisogni primari attinenti la persona umana, nonchè tutti gli elementi di particolare vulnerabilità. Tuttavia diversamente dalla Convenzione sui diritti del fanciullo e dell’adolescente del 1989, la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status del rifugiato, non pone riferimenti specifici alla particolare vulnerabilità dei suddetti minori. L’assenza di specialità, tuttavia, non ha impedito all’Alto Commissario per i rifugiati di affrontare la questione. Nei suoi programmi, promossi a favore dei bambini rifugiati, ha sottolineato l’importanza di considerare il genus minore quale soggetto attivo, titolare di diritti, rinvenendo così la centralità del minore e la valutazione del suo “best interest”.

Con le premesse sin qui poste, appare necessario, analizzare il binomio minore-straniero. Nel caso di specie il soggetto minore, è affetto da una vulnerabilità multipla, data la situazione in cui versa, ossia di migrante, ma al medesimo tempo titolare di diritti, connessi alla sua natura di minore età. Qualora, il minore migrante, oltre a rientrare in tale categoria soggettiva, così vulnerabile e i cui diritti esposti a qualsivoglia violazione, sia anche, da definire un minore straniero non accompagnato, si rinviene la problematicità definitoria di “minore straniero non accompagnato”.

Premessa la mancata definizione a livello internazionale, e a fronte dei continui flussi migratori, che coinvolgono soggetti minorenni, non da ultimo il naufragio di un gommone il 28 agosto cui ui presenti a bordo e salvati dalla Mare Ionio sono minori.

Nella maggior parte dei casi i minori sono “soli” ossia  privi di qualsiasi tutela da parte di adulti responsabili della loro cura. L’Alto Commissario, ha ritenuto necessario chiarire le definizioni della medesima categoria di soggetti minori “soli”, così come enunciato nel General Comment n. 6 adottato dal Comitato sui Diritti del Fanciullo nel 2005, sul Trattamento dei bambini separati dalle proprie famiglie e non accompagnati, fuori dal loro paese d’origine.

Pertanto si pongono due definizioni: da un lato quella di separated children e dall’altra quella di unaccompanied children.

Il General Comment n. 6, esplica tale distinzione fra minore non accompagnato e minore separato, intendendo che ben diversa è la condizione di colui che arriva completamente privo di familiari (il primo) da colui che, privo di questi, ha tuttavia nello Stato di approdo altri parenti in grado di prendersene cura (il secondo). Non possono non evidenziarsi, delle distinzione tra MSNA e minore separato. In riferimento al minore straniero non accompagnato, costui non ha genitori o parenti ed è del tutto privo di cure da parte di un adulto che abbia la loro responsabilità, anche temporanea; il minore separato, è colui che è separato da entrambi i genitori o da coloro che in precedenza si prendevano cura di lui, ma potrebbe avere altri parenti.

A livello europeo la figura giuridica di MSNA, compare per la prima volta  nella Risoluzione del 1997 del Consiglio dell’Unione europea del 26 giugno 1997, sui minori non accompagnati quali cittadini di Paesi terzi (97/C221/03). All’art. 1, definisce minori stranieri non accompagnati: “i cittadini di paesi terzi di età inferiore i 18 anni che giungono nel territorio degli Stati membri non accompagnati da un adulto per essi responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non ne assuma effettivamente la custodia un adulto per essi responsabile” e i “minori, cittadini di paesi terzi rimasti senza accompagnamento successivamente al loro ingresso nel territorio degli Stati membri”. Dunque, per la normativa europea, è minore non accompagnato colui che: “giunge nel territorio degli Stato membro non accompagnato da un adulto per lui responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non ne assuma effettivamente la custodia un adulto per lui responsabile”; il termine include il minore che “cittadino di paese terzo rimasto senza accompagnamento successivamente al loro ingresso nel territorio degli Stati membri”. Rinsaldata la complessità definitoria della figura del minore straniero non accompagnato, emerge dalle Direttive comunitarie, in particolare, l’art. 2 lett. f) della direttiva 2001/55/CE, richiama l’art. 1 della risoluzione del Consiglio del 1997, e la direttiva 2013/33/UE, sostitutiva della Direttiva 2003/9/CE, che ponendo un limite concettuale al suddetto soggetto, si può cogliere come tali definizioni valgono indipendentemente dallo status di “straniero”, quale elemento caratteristico della definizione contenuta nei diversi strumenti normativi europei.

Riferendosi al minore migrante, questa mancata distinzione fra i diversi possibili suoi status si ricava già a partire dalla Convenzione di New York, che, nello stabilire i principi che devono informare il trattamento del minore non accompagnato, non conosce distinzione alcuna fondata sul motivo che ha determinato lo spostamento; ed ugualmente nella disciplina dell’Unione europea già a partire dalla risoluzione del Consiglio del 1997. Pertanto, il vocabolo migrante è inteso dalla dottrina internazionalistica in senso, generico e generalissimo, di persona che si sposta da un Paese a un altro, così come emerso dalla ricognizione operata in sede di codificazione da parte della Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite, nel Report adottato nella 66° sessione, Expulsion of aliens (2014).

Riferendo il fenomeno migratorio, al minore non accompagnato, tra questi, vanno infatti, ricompresi:

  • a) i minori vittime della tratta ovvero quelli reclutati, rapiti, venduti, trasferiti allo scopo di essere sfruttati;
  • b) i minori che emigrano dal proprio paese non contro la loro volontà, e talune volte con il consenso di chi è per loro responsabile, pertanto i minori stranieri non accompagnati, sono interessati, da una speciale vulnerabilità, una forma aggravata della stessa.

Tra i principi che devono guidare gli Stati interessati e gli interessi nazionali, ruolo cruciale, assume il principio del “best interests”, sancito all’art. 3 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1989,  ovvero il superiore interesse del bambino. Il principio in questione, ha assunto ormai la funzione di criterio-guida nella determinazione di qualsiasi decisione che possa avere un impatto sulla vita del minore in ambito internazionale, europeo, nazionale. L’interesse superiore del minore, secondo il Comitato sui Diritti del Fanciullo, nel General Comment numero 14, deve essere preso in considerazione in primo luogo, quale diritto sostanziale, cioè come certezza per il minore di vedere apprezzato il proprio diritto in modo preminente dagli Stati aderenti;  in secondo luogo, quale strumento  interpretativo in presenza di norme poco chiare ed, in terzo luogo, quale regola di procedura. In quest’ultima ipotesi, quale criterio orientativo per una puntuale valutazione dell’impatto (positivo o negativo) di un provvedimento all’interno di tutto il procedimento decisionale. È un principio che racchiude in sé la funzione principale di criterio di  valutazione delle legislazioni e delle decisioni degli Strati membri, non solo riguardo le questioni familiari, ma per tutti i provvedimenti relativi al minore in qualunque contesto giuridico e relazionale.

In ragione delle considerazioni ivi delineate, permane, tuttavia, questione aperta, se si debba considerare il minore migrante quale soggetto di tutela, in un’ottica di passività, bisognoso di tutela e protezione, oppure se considerarlo quale soggetto attivo della propria tutela, in quanto detentore di diritti internazionali generalmente riconosciuti, o unicamente, come attore protagonista della immigrazione irregolare.

Nel variopinto quadro della disciplina giuridica.

Nel panorama della disciplina giuridica dello straniero, in particolare del minore straniero, si coglie un quadro variopinto e mutevole.

Nel quadro della esperienza italiana, si evidenzia la definizione di minore straniero non accompagnato, contenuta nel d.p.c.m. n. 535, del 9 dicembre 1999, che dispone: “per minore straniero non accompagnato presente sul territorio dello Stato (…) s’intende il minore non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione europea che, non avendo presentato domanda d’asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano”. Tuttavia prima del 2017, era assente una disciplina organica sui minori stranieri non accompagnati, nonostante la proposta di legge di iniziativa Zampa, n. 1658, fosse stata presentata alla Camera dei deputati già nell’ormai lontano ottobre 2003. La proposta di legge, poneva l’attenzione su temi critici e intrisi di disomogeneità normativa sino a quel momento, quali, l’assenza di una disciplina organica in materia, che consentisse un quadro normativo complesso e ambiguo, e che generava interpretazioni discordanti della medesima situazione.

La nuova disciplina, venuta alla luce con la l. n. 47 del 2017, detta legge Zampa, ha offerto la possibilità di progredire in senso positivo, anche se non mancano profili vaghi. La disciplina della legge n. 47/2017, definisce la categoria di minori stranieri non accompagnati, in parte ricalcando la previgente disciplina di cui all’art. 1, comm

a 2°, d.p.c.m. n. 535 del 1999. Ai sensi del nuovo art. 2 della l. 47/2017, per “minore straniero non accompagnato” s’intende: “il minore senza cittadinanza italiana o di altro Paese dell’Unione europea e che si trovi nel territorio italiano, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti significativi (e giuridicamente rilevanti), per lui legalmente responsabili”.

Si evince, da una analisi delle due discipline che, mentre l’art. 1 del d.p.c.m. n. 535 del 1999, oltre ad operare una distinzione tra  “minori stranieri non accompagnati” e “minori accolti”, specificava che nella prima categoria rientrassero solo coloro i quali non avessero presentato domanda di asilo, pertanto, li escludeva dalla categoria di MSNA, la nuova legge del 2017 n. 47, delinea una inclusione di minori richiedenti asilo nella categoria dei minori stranieri non accompagnati. Degno di considerazione, infatti, è il riconoscimento della titolarità di diritti e della parità di trattamento dei bambini stranieri non accompagnati, al pari di minori di cittadinanza italiana o dell’Unione europea

Sembrerebbe prevalsa, infatti, l’attenzione sulla vulnerabilità del minore migrante rispetto alla sua condizione di straniero. La legge n. 47 del 2017, recante disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, rappresenta un  unicum in quanto è una delle prime normative statali che disciplina specificamente e organicamente la tutela dei MSNA L’art. 3 di detta legge, si può dire, arricchisca, il quadro dei diritti fondamentali riconosciuti ai minori stranieri non accompagnati, delineando un nuovo divieto di respingimento. Se in precedenza, l’art. 19 co. 1,  del T.U.I. del 1999, già poneva il divieto di espulsione di MSNA,  la legge Zampa, di cui l’art. 3,  ha affiancato tale preesistente  disposizione. Già nella disciplina del testo unico, infatti, le misure in favore dei minori non accompagnati, previste agli artt. 32 e 33 e nel relativo regolamento di attuazione d.p.r. 31 agosto del 1999, n. 394 e del d.p.c.m. n. 535/99, si fondavano sulla prescrizione contenuta all’art. 19 t.u.imm., che sancisce il principio di inespellibilità del minore straniero non irregolare, salvo il diritto a seguire i propri genitori o affidatario espulsi e salvo per ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato. Inoltre l’art. 3, della l. n. 47/2017, sancisce un divieto assoluto di espulsione e respingimento del MSNA anche se non richiedente asilo, sul punto l’art. 19 co.1 –bis, vieta il respingimento del minore stranieri, se non per ragioni di ordine pubblico e di sicurezza pubblica. Appare necessario, specificare, che le ragioni di sicurezza interna e il “best interests” del minore straniero non accompagnato, devono porsi nell’ottica dell’equo bilanciamento dei valori e interessi della singola fattispecie. Così che, se del caso, le ragioni di sicurezza interna soccombano rispetto ai principi vigenti in tema di superiore interesse del minore, che verrà a prevalere. Di contro, la richiesta di espulsione, quale eccezione alla regola della inespellibilità del minore straniero, sarà posta dal competente tribunale minorile, salvo che il provvedimento non comporti “un rischio di danni gravi per il minore”.

Il cd. balance test padroneggia. Anche se il principio del best interests of the child, permane al centro del sistema, esso va posto in rapporto con altri interessi, affinché gli uni siano parte integrante con gli altri, in un sistema di legami fondamentali.

Con l’entrata in vigore della legge n. 132/2018, che ha convertito il decreto legge n. 113/2018, le criticità sono aumentate a seguito di un inasprimento della materia di accoglienza e asilo, che ha coinvolto anche molti minori stranieri non accompagnati.

L’ottica di fondo è che si tenga conto anzitutto delle condizioni personali prima e giuridiche poi, in cui gli stranieri in genere, e il minore straniero in species, vengono a trovarsi e la considerazione dell’obbligo di asilo e accoglienza dello Stato ospitante deve adempiere, in quanto la migrazione è una realtà esistente e tangibile, e le persone coinvolte non possono essere ritenute a fantasmi, essi già sono gli invisibili tra i visibili, e l’acme  potrebbe raggiungersi attraverso una  violazione ulteriore, di una violazione già in atto, dei loro diritti, anzitutto come persone e poi come stranieri, e se questi sono minori non accompagnati, non si comprende l’ottica di fondo che porta alla violazione di una normativa di ben più ampio respiro quella sovranazionale.

Al fine di un cambio di rotta, è stato adottato nel dicembre 2018 il Global Compact for safe, ordinarly and regular migration. Un documento che delinea una serie di principi comuni, fortemente voluto dalle Nazioni Unite. Anche se il documento non è vincolante (come è scritto al punto 7 del Preambolo) e indica solo la volontà degli Stati di seguire alcuni principi comuni ispirati a norme internazionali, diversi governi (tra cui quello italiano) non hanno partecipato al vertice tenutosi a Marrakech, rimettendo l’adesione all’accordo sulla base di una valutazione successiva da parte del Parlamento. Il Global Compact è una “piattaforma non vincolante” che parte dal presupposto che “la migrazione fa parte dell’esperienza umana ed è sempre stato così nel corso della storia” e che il suo impatto può essere migliorato se si renderanno più efficaci le “politiche dell’immigrazione”. Le linee guida che il documento individua sono: “La centralità delle persone, la cooperazione internazionale, il rispetto della sovranità di ogni Stato, il rispetto delle norme internazionali, lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani, delle differenze di genere, dei diritti dei minori e infine un approccio multilaterale e partecipativo”. Le linee guida del Global Compact, devono avere un’attenzione meritevole, in particolare nel richiamare i diritti dei minori coinvolti nel fenomeno migratorio ed è in questa direzione che in futuro, le politiche nazionali dovranno muoversi, al fine di una comprensione comune del fenomeno, che è insito nella natura umana, una condivisione delle responsabilità, l’unità degli obiettivi per porre un freno alle violazione degli Human Rights che da troppo tempo in diversi Stati, si stanno ponendo in essere e che non possono più non essere presi in considerazione e sanzionati giuridicamente.

Quale interesse nazionale?

L’ostacolo principale risiede probabilmente nel sostanziale primato dell’ottica securitaria su quella umanitaria. Ed è proprio l’ottica securitaria che ha portato prima a predisporre il Ddl 840/2018, convertito il 4 ottobre 2018 n. 113 nel  c.d. decreto sicurezza e immigrazione, e successivamente il 28 novembre 2018,  è stato approvato da Camera e Senato, divenuta la legge n. 132/ 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Detta legge, solleva aspre criticità in merito al diritto di asilo, immigrazione, cittadinanza e sicurezza. In primis, la legge ha abrogato la protezione umanitaria, che unicamente lo Stato italiano ha disciplinato al fine di estendere la protezione ad altre categorie di stranieri, ed in precedenza prevista dal T.U.imm. Con detto decreto tale protezione non potrà più essere concessa e di fatto ponendo un veto anche per i Tribunali, introducendo un permesso di soggiorno per “casi speciali”. Il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) ha evidenziato come: “con l’eliminazione della protezione umanitaria, quindi, restano escluse tutte quelle ipotesi in cui, in caso di rimpatrio, il richiedente rischi trattamenti disumani e degradanti o semplicemente gli sia impedito l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana e dei diritti garantiti a livello internazionale

Un decreto siffatto, ha creato una massa di invisibili, rendendoli definitivamente irregolari, eliminando ogni sorta di protezione, e gli sforzi fino ad allora fatti e vanificati. Si pensi al caso in cui, minori meno giovani, ossia la fascia di età 16-18 e alla soglia della maggiorenne età, se la legge n. 47 del 2017, prevedeva un accompagnamento progressivo verso l’autonomia, esteso fino al compimento del ventunesimo anno d’età, attualmente allarmante è l’interruzione derivato dal sistema posto a partire da decreto sicurezza, nei percorsi d’inclusione e d’inserimento nel mondo del lavoro e nell’istruzione.

Il successivo decreto sicurezza bis, del 14 giugno 2019, n. 53, si occupa di soccorso in mare e di riforma del codice penale in particolare per quanto riguarda la gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni. Nell’articolo 1 si stabilisce che il ministro dell’interno “può limitare o vietare l’ingresso il transito o la sosta di navi nel mare territoriale” per ragioni di ordine e sicurezza, ovvero quando si presuppone che sia stato violato il testo unico sull’immigrazione e in particolare si sia compiuto il reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” articolo 2 si prevede una sanzione che va da un minimo di 150 mila euro a un massimo di un milione di euro per il comandante della nave “in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane”. Ma dubbi di applicabilità dei menzionati decreti sicurezza,sorgono qualora a bordo di ONG, a seguito di un soccorso in mare, come il diritto internazionale ed umanitario richiede, vi siano minori e per di più minori stranieri non accompagnati.

Le reazioni: l’UNHCR

L’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati ha espresso preoccupazione per l’approvazione della legge che era già stata criticata durante l’esame alla camera da molti esperti di diritto internazionale. “L’Unhcr ribadisce la propria preoccupazione in merito al fatto che l’imposizione di sanzioni pecuniarie e di altro tipo ai comandanti delle navi potrebbe ostacolare o impedire le attività di soccorso in mare da parte delle navi private in un momento in cui gli stati europei hanno significativamente ritirato il proprio sostegno alle operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale”, è scritto in un comunicato. “Le ong svolgono un ruolo cruciale nel salvare le vite dei rifugiati e migranti che intraprendono la pericolosa traversata per arrivare in Europa. Il loro impegno e l’umanità che guida le loro azioni non dovrebbero essere criminalizzati o stigmatizzati”.

Pertanto si auspica la più rapida decisione di sbarco in primis dei minori stranieri non accompagnati, alla luce della delicata condizione di vulnerabilità multipla in cui versano, e così facendo dando prevalenza al best interest of the child, quale principio e diritto umano universale, in luogo di un interesse circoscritto, nazionale e securitario.

4 COMMENTI

  1. Un sacco di belle parole e di nozioni giuridiche interessanti. Ma tante chiacchiere. A luglio di quest’anno, dopo un corso offerto dal COA di Torino, ho fatto istanza per fare il tutore dei MSNA in tutt’Italia. Ad oggi, nemmeno una risposta! E non credo di averne nel prossimo futuro. È l’Italia? Si, è l’Italia.

  2. Mi sono offerto, su tutto il territorio italiano, per un corso di avvicinamento alla lingua italiana, attraverso la lettura ed il commento della Costituzione della Repubblica Italiana, senza spese e senza alcun compenso. Una sola risposta, da parte di Reggio Calabria, per dirmi che non hanno fondi e che loro sono affidati ad una cooperativa. Addio Costituzione!

  3. Ma non vi vergognate nemmeno un po’? Msna nel 2016 erano più di 6000 nel 2017 5300 circa e si tratta di minori di cui si è persa traccia nel 2018 secondo il Ministero delle Politiche Sociali sono 4700 circa.Repubblica e la Stampa ci dicono che alcuni erano a scaricare cassette ai mercati generali di Roma a 50 centesimi a cassetta.Bastava cercarli, la Magistratura che apre un fascicolo anche se un cane abbaia troppo forte c’è li ha dal 2016 anno in cui c’è una prima statistica dei minori che fuggono dai centri di accoglienza, 11000 fascicoli di ricerca aperti? Se fossi in voi mi sarei incatenato alla porta di Monte Vittorio e poi avrei denu iato tutti i presidenti del consiglio da allora in poi.La CEI e il Papà ne hanno parlato solo pochissime volte, sembrano solo dei piccoli effetti collaterali della migrazione, innessuna trasmissione televisiva è stato trattato ciò.Vergogna!!! E voi dite prendiamone ancora? Grande effetto nausea. Saluti. Alvaro Tini.

  4. Qualora l’articolo non fosse di vostro gradimento, siete pregati di non lasciare commenti alquanto scarni di contenuti e non volti ad un’argomentazione critica. Noto con piacere di stimolare i vostri animi.
    Un saluto
    Dott.ssa Fragnito Fabiana.

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