Mantenimento figli maggiorenni: il genitore collocatario può scegliere se tenere il figlio in casa o versare l’assegno di mantenimento?

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3329/2025, depositata il 10 febbraio, si è pronunciata su una questione di particolare rilevanza in tema di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti. La pronuncia affronta, in particolare, il rapporto tra l’obbligo di mantenimento del genitore collocatario e la possibilità di adempiervi mediante accoglienza in casa del figlio, esaminando le differenze tra il contributo al mantenimento e l’assegno alimentare. Per un approfondimento sul tema, ti consigliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali. 

Trovi il testo dell’ordinanza qui ==> Cass. civ., sez. I, 10/02/2025, 3329

Il caso

La controversia trae origine da una sentenza del Tribunale di Torino che aveva riconosciuto il diritto di un giovane studente universitario a ricevere un assegno di mantenimento da entrambi i genitori divorziati, in proporzione alle rispettive capacità economiche. Il figlio frequentava la facoltà di Farmacia e aveva deciso di lasciare la casa del genitore collocatario, la madre, per vivere da solo.

La madre, in sede di appello, aveva contestato l’obbligo di versare un contributo economico, sostenendo di aver sempre offerto al figlio la possibilità di rimanere nella sua abitazione e di provvedere, in questo modo, al suo mantenimento. La Corte d’Appello di Torino aveva accolto parzialmente l’impugnazione, revocando l’assegno mensile a carico della madre e riconoscendo unicamente l’obbligo di contribuire alle spese straordinarie.

Contro tale decisione, il figlio aveva proposto ricorso per Cassazione, ritenendo errata l’applicazione dell’art. 443 c.c., che disciplina gli alimenti, in luogo della normativa sul mantenimento dei figli, contenuta negli artt. 315-bis, 337-ter e 337-septies c.c.

Inoltre, aveva lamentato che la Corte d’Appello avesse ritenuto sufficiente il contributo economico già corrisposto dal padre, senza considerare se tale importo fosse effettivamente adeguato a coprire tutte le necessità del figlio. Il ricorrente sosteneva che il mantenimento non potesse essere determinato senza una valutazione complessiva delle risorse economiche di entrambi i genitori e del tenore di vita goduto dal giovane durante la convivenza familiare.

Secondo il ricorrente, l’assenza di una specifica valutazione sulla proporzionalità del contributo tra i due genitori violava il principio stabilito dagli artt. 316-bis e 337-ter c.c., che impongono una ripartizione equa degli oneri in base alle risorse disponibili di ciascun genitore.

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Mantenimento figli maggiorenni e principio di proporzionalità del contributo: la decisione della Corte

Differenza tra mantenimento e assegno alimentare

La Cassazione ha chiarito che l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente non può essere equiparato all’assegno alimentare ex art. 443 c.c. Tale norma prevede che l’obbligato agli alimenti possa optare tra l’accoglienza in casa e la corresponsione di un assegno.

La somministrazione degli alimenti è, dunque, un’obbligazione che nasce come alternativa, dal momento che la scelta è rimessa all’obbligato. Nell’ambito della tutela alimentare, però, vi sono alcune peculiarità che impongono specifici limiti all’applicazione in toto della disciplina delle obbligazioni alternative.

In particolare, lo stesso art. 443 c.c., al comma 2, stabilisce che l’autorità giudiziaria può, in ogni caso e, secondo le circostanze, determinare il modo di somministrazione degli alimenti.

A differenza delle obbligazioni alternative vere e proprie, dunque, l’esercizio del diritto di scelta da parte dell’obbligato non dà luogo necessariamente alla trasformazione dell’obbligazione alternativa in obbligazione semplice (art. 1286 e ss. c.c.). Le modalità di somministrazione degli alimenti non sono rimesse alla mera volontà del soggetto passivo del rapporto, ma sono sottoposte a una valutazione da parte del giudice che, nel determinare il modo di somministrazione, non è vincolato alla scelta operata dall’obbligato.

Contenuto dell’obbligo di mantenimento

Tuttavia, l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne e non economicamente autosufficiente è differente, per finalità e presupposti, dall’obbligo alimentare.

La disciplina del mantenimento trova il proprio fondamento normativo negli artt. 315-bis, 337-ter e 337-septies c.c. che impongono ai genitori di garantire al figlio non solo il necessario per vivere, ma anche i mezzi per realizzarsi nel proprio percorso di studi e professionale.

L’obbligo di mantenimento si distingue dall’assegno alimentare per il suo contenuto più ampio. Esso comprende non solo vitto e alloggio, ma anche spese scolastiche, mediche, attività ricreative e tutto ciò che concorre alla crescita armonica del figlio.

Per tale motivo, al mantenimento non può essere applicata la disciplina prevista per l’adempimento dell’obbligazione alimentare. Pertanto, il genitore obbligato a mantenere il figlio non può scegliere unilateralmente di adempiere all’obbligo mediante accoglimento in casa del figlio, costituendo quest’ultimo fatto, semmai, un elemento da valutare ai fini della quantificazione dell’assegno.

Principio di proporzionalità del contributo tra i genitori

Un ulteriore punto affrontato dalla Corte riguarda la corretta applicazione del principio di proporzionalità, previsto dall’art. 337-ter, comma 4, c.c., nella ripartizione del mantenimento tra i genitori. Il figlio aveva contestato il fatto che la Corte d’Appello avesse considerato sufficiente l’assegno già versato dal padre, senza valutare se la madre avesse le capacità economiche per contribuire ulteriormente.

La Cassazione ha ribadito che entrambi i genitori devono partecipare al mantenimento del figlio in misura proporzionale alle rispettive risorse economiche e in base al tenore di vita goduto dal giovane durante la convivenza familiare.

Accoglimento del ricorso

Per questi motivi, la Corte ha accolto il ricorso e cassato la decisione della Corte d’Appello, sancendo i seguenti principi di diritto.

  1. La disciplina relativa all’adempimento delle obbligazioni alimentari non può applicarsi all’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni, con la conseguenza che la decisione di accogliere e mantenere il figlio in casa non può integrare una modalità alternativa di adempimento dell’obbligazione.
  2. Ai fini della determinazione del contributo al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, deve tenersi conto delle condizioni di vita del figlio durante la convivenza dei genitori e deve osservarsi il principio di proporzionalità che, nei rapporti interni tra i genitori, richiede una valutazione comparata delle risorse di entrambi.

Conclusioni

Questa pronuncia si inserisce in un percorso giurisprudenziale ormai consolidato. La Corte ha ribadito che il mantenimento dei figli maggiorenni non può essere ridotto a una semplice questione di assistenza alimentare, bensì deve tener conto del diritto del figlio a un sostegno che comprenda formazione e crescita personale.

Un aspetto particolarmente rilevante della decisione, poi, è l’attenzione al principio di proporzionalità, che impone una valutazione delle risorse di entrambi i genitori. Ciò impedisce che l’onere ricada solo su uno di essi, garantendo un’equa ripartizione degli obblighi di mantenimento.

Il rinvio alla Corte d’Appello consentirà una nuova valutazione della situazione economica dei genitori, al fine di garantire il rispetto del principio di proporzionalità e di tutelare il diritto del figlio a un mantenimento adeguato. Questa decisione rafforza il ruolo della Cassazione come garante della corretta applicazione dei principi in materia di famiglia e di sostegno economico ai figli.

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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

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