Linee guida su consulenze tecniche contrapposte

La Suprema Corte ha stabilito alcune linee guida nell’ipotesi in cui, in presenza di consulenze tecniche contrapposte, il giudice può scegliere quella che ritiene più adeguata, ma deve motivare chiaramente la sua decisione.

La questione

Con atto di citazione notificato il 10 settembre 2008, l’attore, in proprio e come genitore esercente la responsabilità genitoriale sulla minore, ha citato in giudizio l’Azienda Ospedaliera davanti al Tribunale di Napoli, chiedendo il risarcimento per i danni causati da diagnosi e terapie post-parto tardive che avevano gravemente compromesso le funzioni cerebrali della neonata.
D’altra parte, la struttura sanitaria ha chiamato in causa l’assicurazione e altre compagnie coassicuratrici, oltre ai medici che a loro volta hanno coinvolto le loro assicurazioni. Dopo una CTU, il Tribunale ha accolto la domanda, condannando la struttura sanitaria a pagare €702.391,50 alla minore e €104.058,00 al padre, in proprio, ordinando inoltre alle compagnie assicurative di manlevare la struttura.
Avverso questa sentenza hanno proposto appello principale le varie compagnie coassicuratrici, mentre la struttura ospedaliera e il padre della neonata hanno proposto appello incidentale. La Corte d’Appello di Napoli ha accolto sia l’appello principale sia quello incidentale della struttura, mentre ha rigettato l’appello dell’originario attore che ha, di conseguenza, promosso un ricorso per cassazione.

Violazione dell’art. 350 c.p.c. e strumentalità delle forme processuali

Con il primo motivo, il padre della neonata ha lamentato la violazione dell’art. 350 c.p.c. La parte ricorrente ha sostenuto che le appellanti principali non avessero dimostrato di essersi costituite in appello in tempo utile per l’udienza prevista dall’art. 350 c.p.c., avendo depositato solo l’originale cartaceo dell’atto di appello con le ricevute di notifica via PEC in formato cartaceo, ma non la copia digitale con i relativi file, che è stata depositata solo successivamente, insieme alle seconde memorie conclusionali.
Tuttavia, per i giudici ermellini l’infondatezza del motivo deriva dal presupposto secondo cui quando l’appello è notificato via PEC e la parte appellante si costituisce in modalità analogica, la mancata presentazione degli originali o dei duplicati telematici dell’atto di impugnazione e della relativa notifica non rende l’appello improcedibile. Il destinatario della notifica, ricevendo l’originale dell’atto, può verificare direttamente la conformità dello stesso. Questo principio di “strumentalità delle forme” processuali evita formalismi inutili e rispetta i diritti garantiti dall’art. 6 CEDU, dall’art. 47 della Carta UE e dall’art. 111 Cost., che assicurano l’effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, orientati a raggiungere una decisione di merito. (Principio ormai consolidato dal recente orientamento richiamato dalle Sezioni Unite Civili con la sentenza n. 6583 del 2024).

Con il secondo motivo, il ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 333 c.p.c. La parte ricorrente affermava che l’appello incidentale tardivo della struttura sanitaria è inammissibile, poiché l’interesse ad impugnare era originario e non derivante dall’appello delle terze chiamate. Anche questo motivo è infondato.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha chiarito la sua adesione all’orientamento dominante della Corte, secondo cui l’appello incidentale tardivo è consentito anche se il termine per l’impugnazione principale è scaduto, indipendentemente dall’autonomia del capo della sentenza e dall’interesse preesistente ad impugnare.

Con il terzo motivo, il ricorrente ha contestato la violazione degli artt. 331 c.p.c. e 2909 c.c. La parte ricorrente ha sostenuto che è stato erroneamente esteso l’effetto favorevole della sentenza di accoglimento dell’appello principale dei terzi chiamati al garantito, senza che fosse configurabile un litisconsorzio necessario, e che fosse intervenuto il giudicato nei confronti della struttura sanitaria. Anche questo motivo è stato ritenuto dai giudici infondato, poiché l’ammissibilità dell’appello incidentale proposto ha impedito la formazione del giudicato nei confronti della struttura sanitaria. Inoltre, in caso di chiamata in causa dell’assicuratore della responsabilità civile, l’appello proposto dal terzo chiamato avverso la sentenza di responsabilità e condanna del convenuto giova anche all’assicurato, senza necessità di un suo appello incidentale.

L’onere probatorio e contributo eziologico

Con il quinto motivo, la parte ricorrente ha rilevato la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. sostenendo che la corte territoriale ha errato nell’interpretare la CTU disposta in appello, escludendo il contributo eziologico delle condotte sanitarie nonostante fosse noto ai sanitari il problema di accrescimento della neonata. Secondo la parte ricorrente, la CTU avrebbe dovuto essere valutata alla luce delle osservazioni dei consulenti di parte.

Anche questo motivo è stato dichiarato dai giudici inammissibile per mancanza di specificità riferibile alla CTU stessa. Ancora una volta, torna il tema della valutazione delle prove come corollario del giudice di merito.

Con il settimo motivo, la parte ricorrente ha denunciato la violazione dell’articolo 2697 c.c. In particolare, egli ha sostenuto che la tardiva diagnosi abbia aggravato le condizioni della paziente e che spettava alla struttura sanitaria dimostrare l’adempimento della prestazione o l’evento fortuito.

Il motivo è stato ritenuto infondato. L’onere probatorio relativo al nesso eziologico spettava all’attore e per l’effetto la corte territoriale ha ritenuto non assolto tale onere sulla base della CTU.

Nell’ottavo motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione del principio del contraddittorio, in quanto i consulenti tecnici d’ufficio (CTU) non hanno comunicato la bozza della consulenza al difensore dell’appellato, generando così la nullità della sentenza e della consulenza stessa. Tale nullità è stata prontamente eccepita dal difensore nella prima difesa utile e reiterata nella comparsa conclusionale. Tuttavia, il motivo è stato dichiarato inammissibile poiché, ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p.c., la nullità può essere sollevata solo dalla parte nel cui interesse è stabilito il requisito mancante dell’atto processuale. Pertanto, la ricorrente non ha interesse a impugnare per una nullità che tutela l’interesse di un altro soggetto.

Valutazione delle consulenze tecniche in appello

Con l‘undicesimo motivo, il ricorrente ha constatato un vizio di motivazione, sostenendo che la Corte territoriale avesse omesso di considerare le note critiche formulate dalla difesa della ricorrente.

I giudici hanno ritenuto, almeno in parte, la fondatezza del suddetto motivo. La sentenza di appello si basava sulla consulenza tecnica d’ufficio  disposta in secondo grado, disattendendo la domanda dell’attore che, invece, era stata originariamente accolta sulla base della consulenza tecnica di primo grado.

Per i giudici della Suprema Corte, nel corso del giudizio di merito, quando si hanno più consulenze tecniche con risultati differenti, il giudice ha facoltà di seguire il parere che ritiene più congruo, ma deve fornire un’adeguata e specifica giustificazione della sua scelta.

In particolare, qualora decida di uniformarsi alla seconda consulenza, non può limitarsi a una semplice adesione, ma deve esplicitare le ragioni che lo portano a disattendere le conclusioni del primo consulente, secondo l’orientamento consolidato dalla Cassazione civile con la sentenza n. 19372 del 2021.

Esaminando la motivazione della sentenza di appello, si è rilevato che le valutazioni della consulenza di primo grado, “anche alla luce dei successivi ed ultimi approfondimenti sollecitati dai consulenti di parte intervenuti, hanno suggerito alla Corte una rinnovazione istruttoria attraverso la nomina di un collegio peritale di esperti”.

Infine, la sentenza ha concluso deducendo che “le risultanze della consulenza tecnica collegiale disposta nel presente grado hanno consentito di chiarire e superare quelle che, a parere di questa Corte, erano le criticità ed i dubbi del primo elaborato peritale, e dunque ritenendone di condividere le conclusioni, deve essere integralmente rivista la decisione impugnata che sulle prime aveva fondato il suo convincimento”.

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Ultimo aggiornamento al Decreto PNRR-bis, D.L. 19/2024 convertito in L. 56/2024

Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

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