L’impresa familiare: ermeneutica giuridica ed evoluzione giurisprudenziale dell’istituto

in Giuricivile, 2018, 5 (ISSN 2532-201X)

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Il fenomeno sociale della famiglia è quello su cui, più di ogni altro, il legislatore ha storicamente sempre cercato di intervenire nel modo più incospicuo possibile, quasi a riconoscere quel carattere pregiuridico che ad esso viene comunemente attribuito in forza della sua insostituibile funzione esercitata nella formazione di ogni individuo.

Le riforme legislative, dunque, si configuravano tradizionalmente come un aggiornamento periodico di raccolte di usi e consuetudini, discostandosi da essi con previsioni dotate del carattere di innovatività solo in casi ben delimitati e dietro intense manifestazioni sociali per questa o quella specifica esigenza avvertita nel contesto storico e sociale oggetto di esame.

Sui caratteri essenziali dell’istituzione familiare si ripercuote infatti l’evoluzione sociale degli ultimi secoli, con il passaggio da una economia di sussistenza ad una di tipo industriale-mercantile, l’affermazione della dimensione ultrastatale globale del cittadino ed il definitivo accantonamento dell’ingessamento sociale che aveva caratterizzato i secoli scorsi.

Per quanto anzidetto, dunque, è peculiare assistere, seppur in un periodo socioculturale particolarmente fervente e ardito, ad una massiccia opera di riforma del diritto di famiglia, quale quella condotta nel 1975, nell’ambito della quale trova spazio un istituto che rappresenta non già un perfezionamento della consolidata scienza giuridica precedentemente formulata, bensì un elemento di assoluta e travolgente rottura con i principi risalenti fino all’età classica del diritto romano.

Tale è, infatti, l’impresa familiare quale risultante dalla formulazione che di essa viene data dall’art. 230-bis cod. civ., introdotto dalla legge di riforma del diritto di famiglia n. 151 del 19 maggio 1975, la quale, con formidabile vigore innovativo, supera la presunzione juris tantum di gratuità della prestazione lavorativa prestata dal familiare, fino ad allora considerata resa affectionis vel benevolentiae causa, a favore di una più costituzionalmente legittima presunzione di onerosità, seppur sotto un regime particolareggiato e ponderato in relazione all’ambito familiare che, diversamente, non troverebbe riconoscimento alcuno nella classica legislazione giuslavorista, arrivando persino a riconoscere espressamente la parità del lavoro prestato da donne e uomini, affermazione che forse oggi può, e deve, apparire scontata anche grazie alle 7 innovazioni apportate in tal senso oltre quarant’anni fa.

Il carattere rivoluzionario di questo istituto è, tuttavia, talvolta offuscato da forti incertezze di ordine interpretativo: ed è proprio la risoluzione di queste l’obiettivo che questa opera si prefigge, attraverso uno studio del percorso di nascita dell’istituto, della sua evoluzione sia in ambito dottrinario che giurisprudenziale, per arrivare ad una nuova costruzione dello stesso che si armonizzi organicamente con l’ordinamento giuridico, nazionale ed europeo, e con quei caratteri indefettibili propri del rapporto intersoggettivo familiare, estraneo alle logiche di mercato di stampo utilitaristico e permeato invece dai valori di mutua assistenza e solidarietà reciproca, ancor di più esaltati dalla definitiva trasposizione nella disciplina codicistica di quell’uguaglianza tra familiari e soprattutto tra uomo e donna, che fino ad allora era rimasta relegata ai libri di diritto costituzionale.

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