Le obbligazioni solidali: la rinuncia al credito e la remissione del debito

in Giuricivile, 2018, 1 (ISSN 2532-201X)

1. Inquadramento sistematico e nozione

Le obbligazioni solidali si inquadrano nell’ambito delle obbligazioni soggettivamente complesse e, cioè, connotate da plurisoggettività dal lato attivo oppure passivo[1].

In particolare, il legislatore alle “obbligazioni in solido” dedica una autonoma sezione, aperta dalla norma di cui all’art. 1292 c.c., recante la nozione di solidarietà. In base alla norma citata l’obbligazione è in solido quando:

  • più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri;
  • oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori.

Come si evince dalla nozione riportata, la solidarietà può riguardare sia il lato attivo (si parla, in proposito, di concreditori) sia il lato passivo (condebitori) del rapporto obbligatorio; in tale ultima ipotesi, ai sensi dell’art. 1294 c.c., la sussistenza del vincolo di solidarietà è oggetto di presunzione stabilendo, infatti, la norma che i condebitori sono tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente.

Ciò posto, non può trascurarsi di evidenziare che, da un lato, vi sarà un rapporto intercorrente tra la parte creditrice e quella debitrice e, dall’altro, un rapporto giuridico intercorrente tra la pluralità di soggetti che formano l’una o l’altra parte plurisoggettiva: tale è la peculiarità strutturale dell’obbligazione in solido, rispetto alla quale è possibile individuare un rapporto c.d. esterno (tra creditore e condebitori o tra i concreditori ed il debitore) ed un rapporto interno (tra i condebitori o tra i concreditori).

2. I rapporti interni tra condebitori o concreditori

In particolare, occorre rilevare che lo stesso legislatore, all’art. 1298 c.c., disciplina i rapporti interni tra debitori o creditori solidali, stabilendo che, relativamente a tale profilo, l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di ciascuno di essi; ne deriva che l’obbligazione qualificabile come solidale nei rapporti esterni, in relazione ai rapporti interni è connotata da parziarietà essendo, ciascun debitore, tenuto all’adempimento “pro quota”.

Nel solco di tale disciplina si inserisce l’art. 1299 c.c., disponendo nel senso che il debitore che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori  soltanto la parte di ciascuno di essi – parte che, ai sensi del 2° co. dell’art. 1298 c.c. si presume uguale alle altre, se non risulta diversamente-.

3. I requisiti della solidarietà

I profili considerati contribuiscono ad individuare e delimitare la figura dell’obbligazione in solido dovendosi, quindi, procedere alla individuazione dei requisiti al ricorrere dei quali un’obbligazione può dirsi in solido ed essere ricondotta entro l’alveo predetto.

Innanzitutto, deve farsi riferimento alla pluralità di soggetti. Si rileva che sia i concreditori che i condebitori devono considerarsi quale parte unica e, cioè, quale unico centro di interessi, nell’ambito della quale i soggetti rivestono una posizione paritetica; ne deriva la fondamentale conseguenza che non vi è, in caso di condebitori, un ordine di escussione che il creditore deve rispettare, così come, in caso di plurisoggettività dal lato attivo, il debitore non è obbligato ad adempiere nei confronti di uno piuttosto che di un altro creditore, onde vedersi liberato dal vincolo obbligatorio.

In base a tali connotazioni la solidarietà ordinaria si distingue da quella fideiussoria (c.d. solidarietà anomala), in quanto il fideiussore è titolare di un obbligo di garanzia accessorio all’obbligazione principale, ed è possibile che possa godere del c.d. “beneficium excussionis” di cui al 2° co. dell’art. 1944 c.c..

Quanto al secondo requisito, questo risiede nella medesima “causa obligandi e, cioè, nella identità della causa sottesa alla nascita del vincolo obbligatorio. In proposito si è posta la questione circa la portata di tale requisito ed, in particolare, se per identità di causa dovesse intendersi identità della fonte dell’obbligazione; la ricostruzione da accogliere quale soluzione preferibile è quella per cui l’identità deve sussistere a livello funzionale e, quindi, deve attenere alla fonte non in senso stretto ma quale causa in cui la nascita del vincolo trova la sua origine e la sua giustificazione. Tale profilo si riverbera sul momento della prestazione, giustificando il relativo spostamento patrimoniale.

Il terzo requisito è la medesima prestazione: che i condebitori devono eseguire; che i concreditori hanno il diritto di chiedere. Anche a tale riguardo devono svolgersi considerazioni ulteriori; infatti si è posto il problema se la medesima prestazione implicasse o meno l’unicità del vincolo giuridico in adempimento del quale deve essere eseguita.

La questione di fondo è se la prestazione che, ai sensi dell’art. 1174 c.c., forma oggetto dell’obbligazione, sia unica per tutti i coobbligati, in quanto dovuta a fronte di un unico vincolo giuridico facente capo alla “plurisoggettività”; oppure se in capo a ciascuno dei soggetti della parte plurisoggettiva sorga un vincolo giuridico, in ragione del quale ciascuno è tenuto ad una prestazione riferibile allo stesso.

La soluzione al quesito non è di scarso rilievo pratico, nella misura in cui incide sulla disciplina delle vicende dell’obbligazione solidale ed, in particolare, sulla permeabilità delle posizioni dei condebitori o concreditori rispetto alle vicende che interessino uno solo degli stessi. Tuttavia, in proposito è intervenuto il legislatore disciplinando in maniera piuttosto puntuale i predetti aspetti, “speciali” rispetto alla disciplina generale di cui, tra tutti, all’art. 1292c.c.. Si consideri, in via preliminare, che dalle stesse disposizioni di legge non è desumibile una soluzione unitaria in ordine alla unicità o pluralità di vincoli; di conseguenza, non vi è una disciplina unitaria per quanto concerne i riflessi di un rapporto esterno singolare su di un rapporto interno soggettivamente complesso.

Ancora, può dirsi desumibile una regola generale per cui i predetti rapporti singolari non si riflettono su quelli solidali, dovendosi in tal caso ritenere accolta una impostazione fondata sulla pluralità di rapporti giuridici nascenti dall’obbligazione in solido; tuttavia, fanno eccezione gli effetti favorevoli che da detti rapporti singolari possono derivare all’interno della parte complessa- attiva o passiva- prospettandosi, dunque, la unicità del vincolo giuridico obbligatorio.

4. Le fattispecie della rinuncia e della remissione

Due sono le vicende specifiche da prendere in esame:

  • la rinuncia alla solidarietà di cui all’art. 1311 c.c.;
  • e la remissione prevista, in via generale dall’art. 1236 c.c. ed, in relazione alle obbligazioni solidali, dall’art. 1301 c.c..

Quanto alla prima ipotesi, l’art. 1311,1° co. c.c. dispone che il creditore che rinuncia alla solidarietà a favore di uno dei debitori, conserva l’azione in solido contro gli altri. Si rileva che detta rinuncia può avvenire solo ad opera del soggetto attivo del rapporto obbligatorio essendo, la solidarietà passiva, configurata quale elemento strutturale posto a tutela del credito; inoltre, questa ha ad oggetto non già il diritto di credito, quanto piuttosto il vincolo della solidarietà.

Ne consegue che, ove vi sia un creditore che rinuncia al vincolo di solidarietà in favore di uno dei condebitori, questo non potrà essere escusso per l’intero debito ma solo per la sua quota; gli altri condebitori resteranno obbligati in solido tra loro non estendendosi detto effetto anche a quei soggetti rispetto ai quali la rinuncia del creditore non sia avvenuta, e ciò per espressa previsione normativa.

Laddove il creditore rinunciante sia uno di una pluralità di creditori (sia, cioè, un concreditore), la sua rinuncia non avrà affetto nei confronti degli altri in ragione della connotazione sfavorevole che verrebbe ad assumere tale estensione. Ne deriva che gli altri concreditori restano titolari di una obbligazione solidale, così che ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione a ciascuno dei coobbligati e ciascuno potrà vedere adempiuta la prestazione in suo favore, con effetto liberatorio di tutti i condebitori eccetto quello in favore del quale il creditore ha effettuato la rinuncia, essendo detto condebitore tenuto ad adempiere in relazione alla sua quota. Ciò in ragione dei principi generali e del fondamento stesso della solidarietà.

Ipotesi diversa è quella remissione del debito implicante una vera e propria rinuncia al diritto di credito trattandosi, nella specie, di un modo di estinzione dell’obbligazione diverso dall’adempimento, non satisfattivo; ciò nella misura in cui non è realizzato l’interesse del debitore ad essere liberato eseguendo la prestazione, né quello del creditore di vederla adempiuta in suo favore. In ambito di obbligazioni in generale, l’art. 1236 c.c. dispone che la dichiarazione del creditore di rimettere il debito, estingue l’obbligazione quando è comunicata al debitore, salvo che questi dichiari in un congruo termine di non volerne profittare.

In particolare, l’art. 1301 c.c. dispone che la remissione a favore di uno dei debitori in solido libera anche gli altri debitori, salvo che il creditore abbia riservato il suo diritto verso gli altri (1°co.). dalla disciplina normativa si ricava che l’effetto estintivo, favorevole, si estende, di regola, a tutti i condebitori anche se la remissione è in favore di uno solo.

Il 2° co. dell’art. 1301 c.c. prevede, inoltre, in maniera espressa, anche l’ipotesi in cui pluralità di soggetti vi sia dal lato attivo; dispone, in tal caso, che se la remissione è fatta da uno dei creditori in solido, essa libera il debitore verso gli altri creditori solo per la parte spettante al primo. In tal caso, cioè, la dichiarazione di rimessione, che importa rinuncia al diritto di credito, avrà efficacia estintiva solo della obbligazione facente capo a quello dei concreditori che detta dichiarazione abbia posto in essere.

Ne consegue che gli altri concreditori in solido ben potranno agire per l’adempimento dell’intera obbligazione, salvo che per la parte spettante al creditore che vi ha rinunciato rimettendo il (suo) debito; trattandosi di un effetto sfavorevole per gli altri concreditori viene, quindi, in rilievo, a tutela degli stessi, la teoria della pluralità di vincoli giuridici in caso di obbligazioni in solido, per cui, estinto quello di cui era titolare – in confronto di uno o più debitori- il concreditore remittente, restano in vita gli altri.

Si registra, infine, una diversa impostazione per cui, l’art. 1301 c.c. disciplina espressamente l’ipotesi della remissione sia nel caso in cui vi siano condebitori in solido che concreditori in solido, in quanto, a seconda della posizione su cui incide la dichiarazione di remissione. assume effetti sfavorevoli o favorevoli. Nel caso di rinuncia alla solidarietà, invece, il riferimento normativo è ad un creditore ed ai condebitori in solido; ciò nella misura in cui la rinuncia ha ad oggetto la solidarietà passiva, che si presume ai sensi dell’art. 1294 c.c., e che è posta a tutela del credito.

Ne consegue che il legislatore ha espressamente disciplinato una rinuncia avente un oggetto siffatto; inoltre, la solidarietà attiva deve essere prevista dal titolo il quale, verosimilmente, conterrà anche la disciplina di tali aspetti. Tuttavia, ove così non fosse, la relativa disciplina potrà ricavarsi, come si è detto, sempre a fronte del sussistere del titolo che la suddetta solidarietà attiva prevedeva.

Quanto alle differenze tra l’art. 1311 e l’art. 1301 c.c., la Suprema Corte [2] ha statuito che, nel primo caso gli altri debitori continueranno a rispondere per l’intero nei rapporti esterni con il creditore, mentre, nel secondo, la previsione legislativa è che – sempre che vi sia stata riserva nei loro confronti – non dovranno adempiere la quota del debitore liberato, proprio perché nel primo caso si tratta della rinuncia ad un effetto della solidarietà, cioè della rinuncia a pretendere l’intero dal coobbligato, e nel secondo si tratta della rinuncia alla prestazione.

In alcuni casi la legge presume che vi sia stata rinuncia alla solidarietà. Ed esiste tale presunzione a norma di legge quando il creditore rilascia ad uno dei condebitori quietanza “per la parte di lui” ricevuta senza alcuna riserva (art. 1311, n. 1); cioè rilascia quietanza a chi adempie parzialmente la prestazione dovuta, senza riservarsi di agire nei suoi confronti per il residuo. A rilevare ai fini della operatività della presunzione, non è la corrispondenza della quota ricevuta con la quota interna gravante sull’adempiente, ma il rilascio della quietanza senza alcuna riserva di agire nei confronti della stessa parte; attuandosi in tal modo la rinuncia a far valere la solidarietà nei confronti di una parte.


[1] Le obbligazioni, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, di Chiara Nobili, Ed. Giuffrè Editore, 2008.

[2] Corte di Cassazione, Sez. III Civile, Sentenza 27 gennaio 2015, n. 1453

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