
Il mantenimento dei figli minori è un obbligo inderogabile dei genitori, fondato sul principio di proporzionalità e finalizzato a garantire un tenore di vita adeguato alle condizioni economiche familiari. Non si tratta solo di assicurare la sopravvivenza del minore, ma di tutelarne la crescita, l’istruzione e lo sviluppo in modo conforme alla situazione preesistente alla separazione.
La giurisprudenza ha chiarito che il calcolo dell’assegno non può ridursi a un automatismo matematico, ma richiede una valutazione comparativa delle risorse economiche dei genitori, delle necessità del figlio e delle eventuali variazioni reddituali. Fondamentale è la distinzione tra spese ordinarie, che rientrano nell’assegno fisso, e spese straordinarie, la cui ripartizione deve avvenire in base alle effettive disponibilità delle parti.
La riforma Cartabia ha modificato il procedimento volto a ottenere la revisione dell’assegno di mantenimento. Tale riforma, sebbene volta a rafforzare le garanzie procedurali, rischia di appesantire i tempi della giustizia. Tuttavia, resta imprescindibile un approccio rigoroso che coniughi la tutela del minore con un’equa distribuzione dell’onere tra i genitori, evitando abusi o squilibri ingiustificati. In quest’ottica, il mantenimento non deve diventare né una penalizzazione per il genitore obbligato né uno strumento di arricchimento per il genitore collocatario, ma un mezzo per assicurare al figlio la continuità di un’esistenza dignitosa e serena.
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Principi generali nella determinazione del contributo di mantenimento
L’obbligo di mantenimento dei figli minori è un dovere inderogabile che grava su entrambi i genitori, indipendentemente dall’esistenza di un matrimonio o di un’unione registrata.
Il principio cardine su cui si basa la determinazione del contributo è quello della proporzionalità, sancito dall’art. 337-ter c.c[1]., il quale stabilisce che ogni genitore debba contribuire in misura proporzionale alle proprie capacità economiche.
Il mantenimento non è inteso solo come il soddisfacimento dei bisogni primari del minore (vitto, alloggio, cure mediche), ma comprende anche altre necessità legate alla crescita e alla formazione del bambino, quali l’istruzione, lo svago, le attività culturali e sportive, nonché la possibilità di mantenere un tenore di vita adeguato rispetto a quello goduto durante la convivenza con entrambi i genitori.
I nuovi procedimenti di famiglia
L’opera, dal taglio agile ed operativo, si propone di offrire al professionista una guida ragionata per gestire le fasi cruciali del contenzioso familiare, così come novellato dalla cd. “Riforma Cartabia”, concentrandosi su quattro temi nodali: atti introduttivi, prima udienza, fase istruttoria, cumulo delle domande di separazione e divorzio. L’obiettivo è quello di fornire agli operatori del diritto una “bussola giuridica e processuale” per orientarsi tra le novità legislative e i risvolti applicativi, senza trascurare gli orientamenti giurisprudenziali. Il volume, aggiornato al D.Lgs. 164/2024, che apporta alcuni correttivi alla Riforma Cartabia, può contare su un approccio sistematico, concreto e innovativo, grazie all’apporto delle Autrici, avvocate e magistrate, le quali hanno partecipato alla redazione della Guida in una sorta di dialogo interdisciplinare, individuando gli argomenti processuali e sostanziali salienti nella materia, permettendo, altresì, di mettere a fuoco anche eventuali orientamenti e prassi virtuose.
Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.
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Ida Grimaldi, 2025, Maggioli Editore
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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.
Il Giudice, nel determinare l’assegno, deve effettuare una valutazione comparativa delle capacità economiche dei genitori, delle esigenze del minore e dello standard di vita preesistente. Inoltre, il Giudice ha il compito di tenere conto di eventuali variazioni sopravvenute nelle condizioni economiche delle parti, come la riduzione del reddito del genitore obbligato o l’insorgenza di nuovi obblighi di mantenimento derivanti, ad esempio, dalla nascita di un altro figlio[2].
Il mantenimento è strettamente legato al concetto di responsabilità genitoriale, il cui fondamento si rintraccia nell’art. 30 Cost[3]., che sancisce il dovere, e nell’art. 147 c.c.[4], che rafforza l’obbligo dei genitori di provvedere alla crescita e all’educazione dei figli in maniera più specifica.
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Il Calcolo dell’assegno di mantenimento
Il calcolo dell’assegno di mantenimento non si basa su un criterio matematico rigido, bensì su una valutazione discrezionale del Giudice, il quale deve ponderare una pluralità di elementi al fine di garantire l’equo soddisfacimento delle esigenze del minore.
Tra i fattori di primaria rilevanza si annoverano:
- Reddito e patrimonio dei genitori: la capacità contributiva di ciascun genitore viene determinata sulla base delle dichiarazioni dei redditi e del modello ISEE, così da assicurare un’equa ripartizione dell’onere economico.
- Esigenze specifiche del minore: l’assegno di mantenimento deve coprire non soltanto i bisogni primari del minore, ma anche quelli di natura educativa, sociale e ludica, garantendone un sano sviluppo.
- Tenore di vita del minore: il figlio ha diritto a conservare un livello di vita adeguato rispetto a quello che avrebbe goduto in assenza della separazione tra i genitori, conformemente all’orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 23630/2009).
Le spese ordinarie e straordinarie nell’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento per i figli comprende le spese ordinarie, ovvero quelle prevedibili e ricorrenti, necessarie a garantire il soddisfacimento delle esigenze quotidiane del minore.
L’obiettivo è assicurare una gestione economica stabile e prevedibile da parte del genitore beneficiario, il quale può così amministrare il budget assegnato con consapevolezza e regolarità.
Le spese ordinarie includono, a titolo esemplificativo: vitto e abbigliamento, contributo per le spese dell’abitazione, spese scolastiche di base, comprese le tasse scolastiche (eccetto quelle universitarie) e il materiale di cancelleria, mensa scolastica, medicinali da banco, inclusi antibiotici e antipiretici, trasporti urbani e carburante, ricarica telefonica per il cellulare del minore, uscite didattiche giornaliere organizzate dalla scuola, doposcuola e baby-sitter, se già presenti prima della cessazione della convivenza[5].
La giurisprudenza ha sancito che tali spese rientrano nell’assegno di mantenimento e non richiedono specifica concertazione tra i genitori.
Le spese straordinarie, invece, si caratterizzano per la loro imprevedibilità o episodicità e per la difficoltà nel quantificarne anticipatamente l’ammontare. Possono riguardare ambiti diversi, tra cui istruzione, attività ludiche e sportive, e cure mediche.
La giurisprudenza ha precisato che alcune spese, pur rientrando nel concetto di straordinarietà, possono assumere una connotazione di certezza e stabilità, come nel caso delle cure mediche ripetute o delle rette scolastiche, giustificando così la richiesta di rimborso da parte del genitore anticipatario[6]
La ripartizione delle spese straordinarie tra i genitori può seguire il principio della proporzionalità economica, tenendo conto delle rispettive capacità reddituali e patrimoniali.
La Cassazione ha stabilito che tali spese non devono necessariamente essere suddivise in parti uguali, ma ripartite in base alla situazione economica delle parti e alla loro capacità di lavoro[7].
Le spese straordinarie si distinguono in obbligatorie e facoltative:
- Spese obbligatorie: rientrano in questa categoria quelle relative alla salute e all’istruzione primaria, che devono essere sostenute senza necessità di previo accordo tra i genitori;
- Spese facoltative: comprendono attività ludiche e ricreative, che devono essere preventivamente concordate tra le parti, salvo nei casi in cui siano indifferibili o urgenti (Cass. Civ., 16175/2015).
In caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto del rimborso da parte di uno dei genitori, il giudice dovrà valutare l’effettiva necessità della spesa e la sua proporzionalità rispetto all’interesse del minore e alle condizioni economiche dei genitori (Cass., ordinanza 10 giugno 2016 n. 12013).
Il regime delle spese straordinarie non subisce sostanziali modifiche in caso di affidamento esclusivo del minore. Il genitore affidatario può assumere autonomamente le decisioni sulle spese straordinarie, ma ciò non implica un potere illimitato di porre automaticamente a carico dell’altro genitore qualsiasi esborso.
L’affidamento esclusivo non conferisce al genitore collocatario il diritto di addebitare arbitrariamente spese non necessarie all’altro genitore, senza previo consenso e senza considerare le sue condizioni economiche (Giudice di Pace di Prato, sentenza n. 35/2021).
Revisione dell’Assegno di Mantenimento
L’art. 473-bis. comma 29 c.p.c. stabilisce che la revisione dei provvedimenti relativi all’assegno di mantenimento sia subordinata alla sopravvenienza di “giustificati motivi[8]“.
A seguito della Riforma Cartabia, il procedimento di revisione delle condizioni di separazione o divorzio ha subito significative modifiche.
Il giudizio ex art. 473-bis. comma 29 è proponibile solo qualora le condizioni di separazione o divorzio siano divenute definitive, essendo necessaria la dimostrazione dell’intervenuta mutazione delle circostanze originarie.
La decisione finale è emessa con sentenza[9], uniformandosi al rito unitario disciplinato dagli artt. 473-bis.11 e ss. c.p.c.
Ai sensi dell’art. 473-bis.12 c.p.c., la domanda di revisione deve essere proposta mediante ricorso[10] e, laddove siano coinvolti figli minori o venga richiesta una modifica dell’obbligo contributivo, il ricorrente è tenuto a produrre la seguente documentazione:
- Dichiarazioni dei redditi relative agli ultimi tre anni;
- Documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e mobili registrati, nonché di quote sociali;
- Estratti conto bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni.
Nei procedimenti concernenti minori, il ricorso deve altresì essere corredato da un piano genitoriale, come previsto dalla Riforma Cartabia. Tale documento, la cui omissione comporta la decadenza dell’istanza, deve delineare dettagliatamente gli impegni e le attività quotidiane dei figli, comprensivi del percorso scolastico, educativo, delle attività extrascolastiche, delle frequentazioni abituali e delle vacanze normalmente godute.
Le nuove disposizioni delineano dunque un quadro normativo più strutturato e garantista, sebbene con il rischio di un allungamento delle tempistiche processuali, rendendo necessario un bilanciamento tra le esigenze di tutela dei minori e l’efficienza della giustizia.
Note
[1] Cfr. Art 337 bis [IV]: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio.
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”.
[2] Cassazione civile, sez. I, 27/05/2024, n. 14760.
[3] Art. 30 Cost.: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio [147, 148, 261, 279 c.c. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti [330, 343, 400 ss., 433 ss.c.c.].
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima[250 ss., 536, 573, 577, 578, 580 c.c.].
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità [269 ss. c.c.]”.
[4] Art. 147 c.c.: “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315 bis [107, 155, 279, 330, 333; 30 Cost.; 570–572 c.p.]”.
[5] Tribunale Grosseto, sent. n.19 del 14/01/2019.
[6] Tribunale di Campobasso, sent n. 744 del 09/12/2022: “Nell’ambito del divorzio alcune spese straordinarie per la prole finiscono per rispondere ad esigenze di mantenimento ordinarie e prevedibili, tanto da assumere una connotazione di certezza e stabilità. Pertanto tali esborsi, anche se non vengono ricompresi nell’assegno periodico di mantenimento possono essere richiesti in rimborso dal genitore anticipatario, senza la necessità il fare accertare, nuovamente in sede giudiziale e per un distinto titolo, la loro esistenza e quantificazione. In sostanza tali spese, pur non ricomprese nell’assegno fisso di mantenimento, tuttavia, nel loro ordinario riproporsi assumono una connotazione di probabilità tale, da potersi definire sostanzialmente certe, cosicché esse, se non predeterminabili nel “quantum” e nel quando, lo sono invece in ordine all’an”.
[7] Cass. Civ., sez. I, 08/03/2023, n. 6933: “Le spese straordinarie non assolvono ad un’esigenza anche perequativa, come l’assegno di mantenimento, perché hanno la funzione di assicurare la provvista per specifiche esigenze dei figli, ove concordate tra i genitori e da questi ritenute proporzionate all’interesse dei minori, e ciò, evidentemente, tende a riverberarsi nello specifico apprezzamento che il giudice di merito deve compiere per stabilirne la ripartizione, il quale va motivato separatamente rispetto all’assegno di mantenimento”.
[8] Tale requisito, già previsto dall’art. 156, comma 7, c.c., è stato confermato dalla giurisprudenza dominante, che lo interpreta come la necessità dell’emersione di circostanze nuove e rilevanti (Cass. n. 12235/1992); Tribunale , Salerno , sez. I , 23/03/2013: “In ipotesi di istanza di riduzione dell’assegno destinato alla prole, ai sensi dell’art. 9 l. n. 898 del 1970, la modifica delle condizioni resta ammissibile solo qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, per tali dovendo intendersi fatti nuovi e non dedotti o deducibili in precedenza, idonei ad incidere sulla condizioni economiche degli obbligati o dei beneficiari rispetto alla situazione presa in considerazione al momento della pronuncia divorzio”.
[9] Prima della riforma Cartabia, le domande di modifica dell’assegno di mantenimento venivano decise dal tribunale in camera di consiglio con decreto, ai sensi dell’articolo 710 c.p.c.
[10] Art 437 bis comma 12 c.p.c.:La domanda si propone con ricorso che contiene:
- a) l’indicazione dell’ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta;
- b) il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, la residenza o il domicilio o la dimora e il codice fiscale dell’attore e del convenuto, nonché dei figli comuni delle parti se minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave, e degli altri soggetti ai quali le domande o il procedimento si riferiscono;
- c) il nome, il cognome e il codice fiscale del procuratore, unitamente all’indicazione della procura;
- d) la determinazione dell’oggetto della domanda;
- e) la chiara e sintetica esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonda, con le relative conclusioni;
- f) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e dei documenti che offre in comunicazione.
Il ricorso deve altresì indicare l’esistenza di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande ad esse connesse. Ad esso è allegata copia di eventuali provvedimenti, anche provvisori, già adottati in tali procedimenti”.