La validità probatoria delle fatture commerciali

Con sentenza n. 3581 del 2024, la Corte di cassazione ha chiarito alcuni aspetti riguardanti la validità probatoria delle fatture commerciali e la corretta determinazione dei compensi per l’attività svolta dalle parti nell’ambito di un contratto.

Corte di Cassazione-sez. II- sent. n. 3581 del 08-02-2024

La questione

Dopo l’emissione del decreto ingiuntivo n. 30/2016 da parte del Tribunale di Savona, che ordinava un pagamento sostanzioso a favore della FG Riciclaggi S.r.l., la S.A.R.R. S.r.l. ha sollevato opposizione contestando la validità del provvedimento e rivendicando compensi per l’attività di selezione e smaltimento del materiale. La sentenza di primo grado ha accolto in parte le argomentazioni dell’opponente, non riconoscendo l’accordo tra le parti riguardo a questa attività e riconoscendo invece il credito della S.A.R.R. per la cessione del materiale cellulosico.  Questa decisione è stata oggetto di appello da parte della FG Riciclaggi S.r.l., che ha sollevato diverse obiezioni, incluso il mancato riconoscimento dei compensi per l’attività svolta e la questione relativa alla compensazione dei crediti.

Le argomentazioni della Corte d’Appello

La sentenza emessa dalla Corte d’appello di Genova, che ha respinto l’appello presentato e confermato integralmente la decisione di primo grado. Infatti, la Corte ha sottolineato che la valutazione del Tribunale sulla mancanza di prova dell’accordo tra le parti per l’attività di selezione del materiale da parte della FG s.r.l. non poteva essere messa in discussione, in quanto le fatture emesse non costituivano prova valida del credito. Inoltre, è stato rilevato che non vi era alcuna risposta formale da parte della S.A.R.R. alla mail di proposta di accordo inviata dalla FG, né la presenza di testimoni che avessero partecipato alla stipulazione dell’accordo. Di conseguenza, nessuna spettanza poteva essere riconosciuta in relazione alle fatture contestate. La Corte ha altresì evidenziato la mancanza di distinzione tra lordo e netto nei documenti relativi agli accordi tra le parti, confermando che la pattuizione prevedeva un compenso specifico per tonnellata di materiale trattato. Alla luce di queste argomentazioni, la FG S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione basato su due specifici motivi.

Le argomentazioni della Cassazione 

L’ordinanza interlocutoria n. 3906 del 2022 ha rimesso la causa alla pubblica udienza. Inizialmente, è stato notato che mancava la copia notificata della sentenza impugnata nei documenti, tuttavia, nonostante questa lacuna, il ricorso non è stato dichiarato improcedibile, considerando anche la sospensione dei termini processuali durante l’emergenza Covid-19.
Tra i motivi di ricorso, la parte ricorrente solleva la violazione di disposizioni normative riguardanti la fattura n. 865 del 2015 e l’accordo per l’attività di selezione del materiale. La Corte di merito ha ritenuto insufficiente la prova dell’accordo nonostante la fattura fosse stata contabilizzata dall’opponente e non fosse stata contestata in via stragiudiziale. La parte ricorrente contesta questa decisione, sostenendo che la fattura contabilizzata avrebbe dovuto confermare l’esistenza del rapporto obbligatorio e che testimonianze tramite mail supportavano l’esistenza di un accordo in questo senso.
Il motivo presentato risulta fondato poiché la sentenza impugnata ha erroneamente trascurato la validità probatoria della fattura nell’ambito del giudizio d’opposizione a decreto ingiuntivo.
Non è stata fornita alcuna argomentazione sulla rilevanza della fattura stessa, né è stata presa in considerazione l’annotazione della stessa nelle scritture contabili dell’opponente, nonostante costituisca un atto ricognitivo avente efficacia confessoria ai sensi dell’articolo 2720 c.c. È noto che la fattura commerciale può rappresentare piena prova dell’esistenza di un contratto quando risulta accettata dal contraente destinatario della prestazione. Pertanto, l’annotazione della fattura nelle scritture contabili può costituire una valida prova scritta dell’esistenza del credito, principio confermato da numerose pronunce della Cassazione.
Di conseguenza, il secondo motivo sollevato contesta la decisione della corte territoriale di riconoscere il credito in compensazione della S.A.R.R. al lordo anziché al netto. L’istante sostiene che il credito eccepito in compensazione avrebbe dovuto essere rideterminato considerando la quantità precisa di materiale pulito, con una valutazione che operasse la riduzione del prezzo gravando sulla S.A.R.R. l’onere di dimostrare di aver consegnato un prodotto privo d’impurità.
Il motivo in questione risulta infondato poiché, in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta come previsto dall’art. 1490 c.c., è il compratore che, volendo esercitare le azioni di risoluzioni del contratto o di riduzione del prezzo come definite dall’art. 1492 c.c., deve provare l’esistenza dei vizi, non il venditore la loro inesistenza. Pertanto, in mancanza di prove a carico della FG S.r.l riguardo alla presenza di scarti sul materiale ceduto, il prezzo è stato correttamente calcolato al lordo del peso. Pertanto, il primo motivo di ricorso deve essere accolto mentre il secondo motivo deve essere rigettato. Di conseguenza, la sentenza va cassata limitatamente al motivo di ricorso accolto, affinché la competente corte d’appello decida uniformandosi al principio di diritto espresso: la fattura commerciale non solo ha efficacia probatoria per l’emittente, ma può costituire piena prova per entrambe le parti dell’esistenza di un contratto quando risulti accettata dal destinatario della prestazione e annotata nelle scritture contabili.

L’efficacia probatoria delle fatture commerciali

Alcuni orientamenti precedenti della Corte di Cassazione hanno sottolineato che non è corretto adottare il principio secondo il quale le fatture commerciali, essendo documenti a formazione unilaterale e aventi lo scopo di documentare elementi relativi all’esecuzione di un contratto, rientrano tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo. Tale principio sostiene che, in caso di contestazione del rapporto sottostante, le fatture non possono costituire una valida prova delle prestazioni eseguite, ma al massimo un indizio. Al contrario, l’orientamento maggioritario ha chiarito che la fattura non solo ha efficacia probatoria contro l’emittente, ma può costituire piena prova anche nei confronti del destinatario della prestazione, a condizione che risulti accettata da quest’ultimo. Inoltre, la Corte ha precisato che l’accettazione della fattura non richiede necessariamente formule specifiche, ma può essere implicita e manifestata attraverso comportamenti conclusivi.

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