La responsabilità dei soci per i debiti tributari della società estinta: le Sezioni Unite

La questione della responsabilità degli ex soci per i debiti tributari della società estinta rappresenta un tema di grande rilevanza nel panorama giuridico. Il fenomeno della cancellazione delle società dal registro delle imprese solleva interrogativi circa il destino dei debiti residui e l’eventuale possibilità per i creditori di rivalersi sugli ex soci. In particolare, si discute se la responsabilità di questi ultimi possa essere affermata automaticamente o se richieda specifiche condizioni. Questo dibattito assume una particolare importanza nel contesto tributario, dove il Fisco mira a garantire la riscossione delle imposte non corrisposte dalla società estinta. La recente sentenza delle Sezioni Unite, n. 3625/2025, depositata il 12 febbraio (Cass. civ., SU, n. 3625, 12/02/2025), ha affrontato questa problematica, fornendo chiarimenti sulla responsabilità patrimoniale degli ex soci e sui criteri per determinarne l’eventuale obbligo di rispondere per i debiti sociali.

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Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito

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Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.

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Il caso

Il contenzioso ha avuto origine dalla notifica di un avviso di accertamento nei confronti di una società, per il quale la stessa ha presentato ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. La società, tuttavia, nel corso del giudizio è stata cancellata dal registro delle imprese, determinando l’estinzione del soggetto giuridico. L’Agenzia delle Entrate ha quindi agito nei confronti degli ex soci, ritenendoli responsabili del debito fiscale in quanto successori dell’ente estinto.

Gli ex soci hanno impugnato l’atto impositivo, contestando la pretesa tributaria con il sostegno della giurisprudenza secondo cui la responsabilità personale per i debiti societari estinti richiede la dimostrazione della percezione di somme dal bilancio finale di liquidazione. La Commissione Tributaria Regionale, in sede d’appello, ha confermato la posizione dei contribuenti, ritenendo che l’Amministrazione non avesse fornito prova sufficiente della loro responsabilità patrimoniale.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per Cassazione, chiedendo una pronuncia che chiarisse se la cancellazione della società comporti automaticamente la successione nei debiti sociali da parte degli ex soci o se sia necessaria una verifica concreta sulla percezione di utilità economiche da parte di questi ultimi.

Con ordinanza interlocutoria n. 7425, del 14 marzo 2023, la Sezione Tributaria ha rimesso alle Sezioni Unite la questione per risolvere il contrasto giurisprudenziale esistente.

Gli orientamenti della Cassazione sulla responsabilità degli ex soci

Il quesito sottoposto alle Sezioni Unite riguardava la possibilità di ritenere gli ex soci automaticamente responsabili per i debiti della società cancellata oppure se tale responsabilità dovesse essere subordinata alla dimostrazione della percezione di utilità economiche. Nel corso degli anni, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha oscillato tra differenti interpretazioni in merito alla responsabilità degli ex soci per i debiti della società estinta.

Il primo orientamento, più restrittivo, ha affermato che la responsabilità patrimoniale degli ex soci debba essere subordinata alla prova della percezione di somme in sede di liquidazione, ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c. Secondo questa impostazione, l’assenza di un beneficio economico concreto esclude la possibilità per il Fisco di rivalersi sui soci, in quanto privi di effettivo arricchimento derivante dalla cessazione della società.

Il secondo orientamento, più estensivo, ha invece sostenuto che la cancellazione della società produca un effetto successorio in capo ai soci, rendendoli responsabili dei debiti tributari indipendentemente dalla percezione di utilità economiche. In questa prospettiva, spetta ai soci l’onere di dimostrare di non aver ricevuto somme dalla liquidazione per sottrarsi alla pretesa fiscale, ponendo in capo al contribuente un maggiore onere probatorio.

Un terzo orientamento, più recente e intermedio, ha tentato di conciliare le due posizioni precedenti, riconoscendo la responsabilità degli ex soci, ma solo entro il limite delle somme effettivamente riscosse. Questo orientamento si fonda sulla necessità di garantire la certezza del diritto e la tutela dell’Erario, senza tuttavia pregiudicare i diritti di difesa del contribuente.

La responsabilità degli ex soci è limitata alle somme ricevute: la decisione della Sezioni Unite

Le Sezioni Unite, con la loro pronuncia, hanno fornito un’interpretazione che mira a bilanciare le esigenze dell’Amministrazione finanziaria con la tutela degli ex soci. La Corte ha ribadito che gli ex soci subentrano nei rapporti debitori della società estinta, acquisendo la legittimazione processuale in continuità con l’ente cancellato. Tuttavia, la loro responsabilità patrimoniale resta circoscritta ai limiti delle somme effettivamente percepite in sede di liquidazione.

In particolare, la Corte ha chiarito che il Fisco ha il diritto di notificare un avviso di accertamento agli ex soci, anche in assenza di una dimostrata percezione di utili, ma l’eventuale responsabilità patrimoniale può essere affermata solo se emergano elementi concreti che attestino il beneficio economico ricevuto. Questo significa che gli ex soci non possono essere automaticamente ritenuti responsabili dei debiti fiscali della società, ma dovranno rispondere nei limiti di quanto hanno ricevuto.

La decisione sottolinea anche il principio della “natura dinamica dell’interesse ad agire” da parte dell’Amministrazione finanziaria, che non viene meno per il solo fatto che l’ex socio non abbia ricevuto utili immediati dalla liquidazione. In altre parole, la pretesa fiscale può comunque essere accertata, e spetterà all’ex socio dimostrare l’assenza di qualsiasi beneficio economico derivante dalla liquidazione societaria.

Inoltre, le Sezioni Unite hanno precisato che l’accertamento della responsabilità deve avvenire attraverso un autonomo avviso di accertamento nei confronti degli ex soci, senza che questi possano essere coinvolti automaticamente nel processo relativo alla società estinta. La decisione conferma, dunque, l’esigenza di separare le due fasi di accertamento: da un lato la definizione del debito tributario della società, dall’altro la valutazione della responsabilità individuale degli ex soci.

Riflessioni e impatti della sentenza

La decisione conferma un orientamento che garantisce una maggiore tutela dell’Erario, ponendo a carico degli ex soci l’onere di dimostrare la mancata percezione di somme in sede di liquidazione. Ciò potrebbe generare maggiori oneri probatori per i soci, costringendoli a impugnare gli avvisi di accertamento per evitare una responsabilità non fondata su reali benefici economici.

D’altra parte, la sentenza ribadisce il principio di continuità dell’azione tributaria anche in caso di estinzione del soggetto passivo originario, evitando il rischio che le società si dissolvano senza lasciare spazio alla riscossione dei tributi dovuti.

Conclusione

Con questa pronuncia, le Sezioni Unite consolidano l’interpretazione secondo cui gli ex soci possono essere chiamati a rispondere dei debiti tributari della società estinta, pur nei limiti delle somme ricevute. Resta il nodo della tutela dei soci che non abbiano ricevuto alcuna distribuzione di attivo, i quali dovranno attivarsi in giudizio per contestare la loro responsabilità. La sentenza rappresenta dunque un punto fermo nella giurisprudenza, ma lascia aperto il dibattito sulla necessità di un maggiore equilibrio tra le esigenze di tutela dell’Erario e i diritti di difesa degli ex soci.

 

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