Esaurita la fase di accertamento delle condizioni di fondatezza dell’azione cautelare, il giudice autorizzerà la misura richiesta – in caso imponendo cauzione ex art. 669 undecies c.p.c.[1]- oppure la rigetterà, provvedendo alla regolamentazione delle spese secondo i principi di soccombenza disciplinati dall’art. 669 septies, comma 2, c.p.c.
Invero, giova ricordare come il c.d. giudicato cautelare copre il dedotto e non il deducibile, facendo sì che possa essere riproposto il ricorso sul medesimo oggetto, purché in base a nuove deduzioni di fatto e di diritto.
Il reclamo dei provvedimenti cautelari ex art 669 terdecies cpc
La fase dell’impugnazione nel cautelare è costituita da un sub-procedimento di reclamo, strutturato in base all’art. 669 terdecies c.p.c., sulla falsariga dei procedimenti in camera di consiglio di volontaria giurisdizione, richiamando le norme degli artt. 737-738 c.p.c..
Sono soggetti al reclamo previsto dall’art. 669 terdecies c.p.c. tutti i provvedimenti tipici di diritto industriale (oltre ai provvedimenti ex art. 700 c.p.c.) in quanto anche sotto questo profilo regolati dalle norme sul rito cautelare uniforme.
L’art. 669 terdecies, 1° comma, c.p.c. statuisce che “contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore”.
Il termine per impugnare il provvedimento è dunque espressamente previsto come perentorio ed, altresì, decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza o notificazione cosicché non è ammessa sanatoria per la sua inosservanza.
Nel recente passato, dottrina e giurisprudenza erano concordi nell’escludere il reclamo per la misura della descrizione, poiché da un lato il vecchio art. 128 c.p.i. non faceva espresso riferimento al rito uniforme (cosa che avveniva invece per il sequestro), dall’altro, invece, le finalità meramente istruttorie della descrizione rendevano il provvedimento non suscettibile di revoca o modifica in analogia a quanto previsto per l’accertamento tecnico preventivo.[2]
La modifica introdotta dal d.lgs. n. 131/2010 ha apportato, sotto questo profilo, due novità:
- l’allontanamento dell’istituto della descrizione da quello dell’accertamento tecnico preventivo
- e la sua equiparazione processuale allo strumento del sequestro.
L’orientamento maggioritario, infatti, tiene ferma la riconducibilità della descrizione nel genus dei provvedimenti di istruzione preventiva, richiamando l’arresto della Corte Cost. n. 144/2008 la quale ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 669 quaterdecies e 695 c.p.c. nella parte in cui escludono la reclamabilità dei provvedimenti di rigetto delle domande di istruzione preventiva e, per converso, ha negato la reclamabilità dei provvedimenti di accoglimento in virtù della non definitività del pregiudizio da essi recato al resistente rispetto alla irreparabilità del danno che può derivare, invece, al ricorrente dai provvedimenti di segno opposto [3].
Il legislatore sembra così avere risolto la controversia sull’ammissibilità del reclamo per la misura della descrizione, dovendo ora ritenersi applicabile l’art. 669 terdecies c.p.c.
Invero, si è risolta, inoltre, ogni ipotesi di conflitto non solo con i principi costituzionali, ma anche con i già citati artt. 50, 4° comma, Accordi TRIPs e 7, 1° comma, seconda parte, della Direttiva Enforcement, i quali appunto attribuiscono al resistente la possibilità di chiedere un riesame della misura concessa inaudita altera parte e di impugnare.
In conclusione, appare, opportuno evidenziare che, recentemente, la giurisprudenza di merito (Trib di Bari, ord. 6.7.17), distaccandosi dall’orientamento consolidatosi, ha rilevato che proprio la forza del dato positivo, che prevede espressamente nell’art. 129, 4° comma, c.p.i., l’assoggettabilità dei procedimenti di descrizione alla disciplina generale in materia di tutela cautelare, impone l’osservanza della regola della reclamabilità.
Da ciò, non andrebbe a superarsi la previsione espressa né l’indirizzo consacrato da Corte cost. n. 144/2008 per gli analoghi provvedimenti di istruzione preventiva, né il profilo della inutilità del reclamo avverso il provvedimento ammissivo della descrizione, in base all’assunto che le prove acquisite in esecuzione del provvedimento cautelare sarebbero nella piena disponibilità delle parti e, come tali, liberamente utilizzabili [4].
Il procedimento di reclamo
La possibilità che fornisce il reclamo, sta nel poter richiedere non solo una nuova valutazione su fatti ed argomentazioni già presentate in precedenza, ma anche di far valere “circostanze e motivi sopravvenuti” (art. 669 terdecies, 4° comma, c.p.c.) con la previsione della loro allegazione: con tale rimedio possono essere fatti valere sia errores in procedendo sia errores in iudicando dei quale si ritenga che sia affetto il provvedimento
La norma prevede, altresì, che il tribunale possa sempre assumere nuove informazioni e documenti al fine della decisione di riesame. L’osservanza del contraddittorio è comunque garantita dallo stesso art. 669 terdecies, comma 4°, per cui il Collegio decide sempre dopo aver sentito le parti.
Come per la disciplina generale, anche nella materia in esame il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento, ma in caso di grave danno per motivi sopravvenuti, il presidente, se espressamente richiesto, può concedere, con ordinanza non impugnabile, la sospensione dell’esecuzione del provvedimento cautelare o subordinarla alla prestazione di una congrua cauzione (art. 669 terdecies, comma 6, c.p.c.).
Rimane dubbia, invece, la reclamabilità del decreto concesso inaudita altera parte ante causam: parte della dottrina è propensa per l’esclusione del reclamo proprio perché il provvedimento è destinato ad essere trasformato nell’ordinanza pronunciato a seguito del contraddittorio delle parti; altri rimangono ancora dubbiosi sul punto, in particolare sulla base dei principi della Corte Costituzionale “riguardanti il caso in cui l’istanza fosse respinta de plano a fronte di ricorsi palesemente ammissibili” [5].
Il provvedimento conclusivo del procedimento, che deve, in ossequio al dettame dell’art. 669 terdecies, 5° comma, c.p.c., essere emanato entro venti giorni dalla data del deposito del ricorso (in tal caso si tratta di un termine per i giudici e quindi meramente ordinatorio), non riveste la forma usuale di decreto motivato tipico dei procedimenti in camera di consiglio, ma quella di un’ordinanza non impugnabile né modificabile o revocabile (mancando, espressamente, il richiamo all’art. 742 c.p.c., sulla revocabilità dei provvedimenti).
La revocabilità del provvedimento
Orbene, preme sottolineare che alla conclusione dell’udienza di discussione, il giudice, con ordinanza emessa a seguito del contraddittorio, andrà ad accogliere o a rigettare, l’istanza di descrizione e/o sequestro, eventualmente confermando, modificando o revocando il provvedimento già emanato inaudita altera parte.
Il generale rinvio del nuovo art. 129, 4° comma, c.p.i., alle norme del rito ordinario concernenti i procedimenti cautelari, per quanto compatibili, consente di poter estendere anche l’applicabilità dell’art. 669 decies c.p.c. (revoca e modifica) alle misure della descrizione e del sequestro.
L’articolo del codice di procedura civile prevede infatti al primo comma che “nel corso dell’istruzione il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare, anche se emesso anteriormente alla causa, se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fati anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza”.
Alla luce di ciò, è possibile considerare adeguate anche per la revoca di descrizione e sequestro “industrialistici” gli stessi presupposti prescritti dalla norma processuale generale: prova del mutamento sopravvenuto delle circostanze ovvero della conoscenza sopravvenuta di fatti anteriori.
Pertanto, a fondamento dell’istanza di parte di revoca o modifica dell’ordinanza sarà dunque possibile dedurre la prova sia delle circostanze che si sono verificate successivamente all’ultimo momento utile in cui avrebbero potuto essere allegate davanti al giudice della cautela, sia dei fatti anteriori al provvedimento, ma non dedotti prima in quanto ignoti; in questo ultimo caso sarà necessario provare non soltanto i fatti preesistenti, ma anche che la loro conoscenza sia avvenuta, senza colpa, successivamente al provvedimento.
È stato osservato che l’istanza di parte per la revoca o modifica dell’ordinanza cautelare ex art. 669 decies c.p.c. potrebbe essere azionata insieme al reclamo, in ragione del considerazione poiché di due binari “paralleli” di tutela, in quanto, l’istanza di revoca o modifica, ha lo scopo di generare nel giudice del merito un eventuale passo indietro nel caso in cui si siano verificati mutamenti nelle circostanze (anche nel caso in cui sia pendente il termine per proporre il reclamo al collegio ex art. 669 terdecies c.p.c. ).
Autorevole dottrina sostiene, al contrario, con maggiore coerenza sistematica, che il rimedio dell’art. 669 decies, c.p.c. è possibile solo nel caso in cui la fase per poter proporre reclamo si sia esaurita (al fine di evitare ogni possibilità di judicial shopping), diversamente andando proposto nell’ambito del procedimento impugnatorio ancora aperto [6].
[1] La cauzione ha funzione di “controtutela” in vista dell’eventuale risarcimento del danno, in relazione ai provvedimenti che si rivelino al prosieguo di giudizio illegittimi v. m. scuffi, Le singole misure: descrizione e sequestro, in Diritto Industriale Italiano , p. 1401.
[2] Scuffi M., Diritto processuale della proprietà industriale ed intellettuale, Giuffrè, Milano, 2009; Ferrari, Le norme processuali del codice della proprietà industriale, in Riv. Dir. Pr., 2006, p. 297.
[3] Cort. Cost. del 16.5.2008, n. 144;
[4] Trib. Di Bari, ord. Del 6.7.2017 v. m. adorno, La reclamabilità del provvedimento che accorda la descrizione di cui all’art. 129 del codice della proprietà industriale, www.eclegal.it
[5] M. Scuffi, Le singole misure: descrizione e sequestro, in Diritto Industriale Italiano, Cit. pp. 1402-403;
[6] Galli C., Codice della proprietà industriale: la riforma del 2010, Ipsoa, 2010; Scuffi M., Diritto processuale della proprietà industriale ed intellettuale, Giuffrè, Milano