
Le Sezioni Unite Civili della Cassazione, con la sentenza n. 26080 del 25 settembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), sono intervenute a dirimere la quaestio iuris relativa all’individuazione del giudice competente a conoscere del danno da lesione dell’incolpevole affidamento riposto dal privato nella legittimità di un atto amministrativo ampliativo, successivamente rimosso in sede di autotutela o giurisdizionale. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile”, di Lucilla Nigro, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, offre un supporto utile per gestire ogni fase del contenzioso civile.
Formulario commentato del nuovo processo civile
Il volume, aggiornato alla giurisprudenza più recente e agli ultimi interventi normativi, il cd. correttivo Cartabia e il correttivo mediazione, raccoglie oltre 200 formule, ciascuna corredata da norma di legge, commento, indicazione dei termini di legge o scadenze, delle preclusioni e delle massime giurisprudenziali. Il formulario si configura come uno strumento completo e operativo di grande utilità per il professionista che deve impostare un’efficace strategia difensiva nell’ambito del processo civile.
L’opera fornisce per ogni argomento procedurale lo schema della formula, disponibile anche online in formato editabile e stampabile.
Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.
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Lucilla Nigro, 2025, Maggioli Editore
94.00 €
89.30 €

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La controversia
Il regolamento preventivo di giurisdizione scaturisce da un’azione risarcitoria incardinata avanti al giudice ordinario. Gli attori, titolari di un permesso di costruire annullato dal giudice amministrativo per non conformità alla strumentazione urbanistica, deducevano di aver patito un nocumento patrimoniale per aver confidato, senza colpa, nella legittimità del titolo abilitativo rilasciato dall’amministrazione comunale.
La causa petendi era ancorata non all’illegittimità provvedimentale in re ipsa, bensì alla violazione, da parte dell’ente, dei canoni di correttezza e buona fede, concretizzatasi in condotte (prassi consolidate e informazioni rese) che avevano ingenerato l’affidamento poi tradito. Il Comune convenuto eccepiva il difetto di giurisdizione, asserendo la competenza esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica.
Il superato paradigma giurisprudenziale: la dicotomia atto-comportamento
L’orientamento giurisprudenziale ormai superato, consolidatosi a partire da precedenti pronunce delle Sezioni Unite, postulava un’ontologica eterogeneità tra l’esercizio del potere amministrativo, cristallizzato nel provvedimento, e la condotta, pre-procedimentale o procedimentale, tenuta dall’amministrazione. Secondo tale costruzione, la pretesa risarcitoria del privato non aveva ad oggetto il bene della vita cui l’interesse legittimo anelava, bensì la riparazione di un danno-conseguenza derivante dalla lesione di un diritto soggettivo perfetto: il diritto a non vedere la propria sfera patrimoniale e la propria libertà di autodeterminazione negoziale pregiudicate da altrui comportamenti scorretti.
Tale impostazione implicava una “dequotazione” del provvedimento illegittimo a mero elemento della fattispecie dannosa, un accadimento storico inserito in una sequenza comportamentale più ampia. La fonte della responsabilità era così individuata non nella violazione di norme di azione pubblicistiche, ma nell’infrazione dei doveri di protezione scaturenti dall’archetipo della responsabilità da contatto sociale qualificato, la cui cognizione appartiene istituzionalmente al giudice ordinario, quale giudice dei diritti.
L’evoluzione normativa e il punto di svolta dottrinale
Il paradigma della separatezza è stato progressivamente eroso dal contrappunto della giurisprudenza amministrativa e, in modo dirimente, dall’evoluzione del diritto positivo. Le Sezioni Unite, nella pronuncia in esame, operano una rimeditazione del proprio indirizzo alla luce della portata precettiva assunta da specifiche disposizioni.
In primo luogo, quella che ha positivizzato i principi di collaborazione e buona fede, elevandoli a canoni normativi interni al rapporto amministrativo, destinati a conformare l’esercizio della funzione. In secondo luogo, e con valore di canone ermeneutico generale, la norma che, nel disciplinare l’affidamento nel settore dei contratti pubblici, correla esplicitamente la tutela della buona fede al “legittimo esercizio del potere” e alla conformità del “comportamento amministrativo”.
Tale positivizzazione induce la Corte a ritenere normativamente superata la tesi che relegava i doveri di correttezza a un ambito meramente esterno e civilistico.
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La motivazione delle Sezioni Unite: la riconduzione a sintesi del binomio potere-comportamento
Il cuore della decisione risiede nella riconduzione a unità della condotta e del potere. La Suprema Corte statuisce che i comportamenti dell’amministrazione, ancorché non tipizzati e non provvedimentali, non costituiscono un aliud rispetto all’esercizio della funzione, ma ne rappresentano una modalità estrinseca. Essi sono, per definizione, “almeno mediatamente ricollegabili al potere esercitato”, in quanto trovano in tale attività di natura amministrativa la loro stessa ragion d’essere. Viene così meno il presupposto logico per qualificare tali condotte come “mere” o “materiali”.
Il giudizio sulla loro conformità ai canoni di buona fede non investe una relazione paritetica intersoggettiva, ma attiene al modo in cui il potere è stato gestito nel suo complesso, pur se sotto un profilo diverso da quello della validità dell’atto conclusivo. Pertanto, nelle materie di giurisdizione esclusiva, la controversia risarcitoria per lesione dell’affidamento, pur avendo a oggetto un diritto soggettivo, è attratta in tale sfera, poiché il fatto lesivo è intrinsecamente connesso alla funzione pubblica.
Il principio di diritto
«In tema di responsabilità da lesione dell’affidamento incolpevole ingenerato da un provvedimento amministrativo ampliativo successivamente annullato, la posizione soggettiva lesa non si configura come interesse legittimo, bensì come diritto soggettivo alla libera autodeterminazione nelle scelte patrimoniali, tutelato dai doveri di correttezza e buona fede che connotano il rapporto tra privato e pubblica amministrazione (art. 1, comma 2-bis, l. n. 241/1990). Tuttavia, nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva ex art. 133 c.p.a. – come l’edilizia e l’urbanistica – la cognizione della domanda risarcitoria spetta al giudice amministrativo; resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario negli altri casi».
Considerazioni conclusive
Alla luce delle suesposte considerazioni, la sentenza in esame trascende la risoluzione di un mero conflitto di giurisdizione per assurgere a pronuncia di sistema. Attraverso la valorizzazione delle recenti riforme legislative, essa opera una ricomposizione sistematica del rapporto tra potere e comportamento, superando una dicotomia che aveva generato notevoli disarmonie applicative.
La devoluzione della materia al giudice amministrativo, nei limiti della giurisdizione esclusiva, realizza il principio di concentrazione delle tutele, affidando al giudice dotato di competenza specialistica sulla funzione pubblica la cognizione integrale delle patologie dell’azione amministrativa, sia quelle che ne inficiano la validità, sia quelle che, violando i doveri di correttezza, ne determinano l’illiceità sul piano della responsabilità. Resta, naturalmente, impregiudicata la competenza del giudice ordinario per le analoghe controversie che insorgano al di fuori delle materie tassativamente elencate dalla normativa di settore.