Imponibilità dei rimborsi spese per taxi pagati in contanti – Commento alla Risposta dell’AdE n. 302/2025

Il regime di tassazione dei redditi da lavoro dipendente si basa sul criterio dell’onnicomprensività, sancito dall’articolo 51, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR). In forza di tale principio, qualsiasi somma o valore percepito «in relazione al rapporto di lavoro», ivi inclusi i rimborsi spesa, è da considerarsi parte del reddito imponibile, salvo specifiche e tassative eccezioni previste dalla legge.

La disciplina fiscale applicabile alle indennità e ai rimborsi per le trasferte o missioni al di fuori della sede di lavoro è contenuta nel comma 5 del medesimo articolo 51 del TUIR. Tale disposizione contempla diverse modalità di trattamento, distinguendo tra il regime forfetario e quello di rimborso analitico (a piè di lista) delle spese documentate. È proprio la lettura e l’applicazione dell’ultima parte di tale comma che ha costituito l’oggetto della Risposta a Interpello n. 302 del 2025 (puoi leggerla cliccando qui).

La fattispecie

La questione sottoposta all’Amministrazione finanziaria proveniva da un Ministero (Istante) che doveva liquidare il rimborso di spese di trasporto sostenute da una dipendente per l’utilizzo di autoservizi pubblici non di linea (taxi) sul territorio nazionale. L’elemento qualificante e dirimente della fattispecie era l’avvenuto pagamento in contanti di tali spese.

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Il Ministero istante, assumendo l’interpretazione letterale della norma, aveva prospettato che il rimborso, a causa della modalità di pagamento non tracciata, dovesse essere assoggettato integralmente a tassazione come reddito di lavoro dipendente, con l’applicazione della ritenuta IRPEF secondo l’aliquota marginale del percipiente.

La decisione

L’Agenzia delle Entrate ha confermato l’interpretazione proposta dal contribuente. L’attenzione si è concentrata sull’ultimo periodo dell’articolo 51, comma 5, TUIR. La norma stabilisce una condizione precisa affinché i rimborsi analitici delle spese sostenute in Italia (trasporto, vitto, alloggio) non concorrano al reddito: i pagamenti devono essere eseguiti tramite versamento bancario o postale, oppure con altri strumenti tracciabili previsti dall’articolo 23 del d.lgs. n. 241/1997.

L’Agenzia ha chiarito in modo netto che la tracciabilità del pagamento è requisito essenziale per applicare il regime di esenzione. Nel caso esaminato, le spese di taxi erano state pagate in contanti. La condizione posta dalla lex specialis non risultava quindi soddisfatta. Il rimborso deve pertanto concorrere integralmente alla formazione del reddito di lavoro dipendente, nel rispetto del principio di onnicomprensività.

Quanto alla ritenuta, l’Agenzia ha ricordato che, per le Amministrazioni dello Stato, l’articolo 29, comma 1, lett. b), D.P.R. 600/1973 impone l’applicazione della ritenuta d’acconto con aliquota marginale del percipiente. Tale aliquota si applica perché si tratta di una somma priva di carattere fisso e continuativo e non riconducibile a specifiche ipotesi di esclusione.

Conclusioni

La Risposta n. 302/2025 rafforza il principio secondo cui la tracciabilità del mezzo di pagamento, e non la mera documentazione della spesa sostenuta (fattura o ricevuta fiscale), costituisce il requisito formale essenziale per l’applicazione del regime di esenzione sui rimborsi analitici di spese di trasporto per trasferte in Italia. Questo indirizzo interpretativo enfatizza il ruolo del legislatore nella promozione della trasparenza fiscale e nel contrasto all’uso distorto dei rimborsi spese.

La conseguenza per il dipendente che ricorra a pagamenti in contanti è l’assimilazione del rimborso a un elemento reddituale tassabile, con l’aggravio della ritenuta applicata con l’aliquota marginale. Si impone, dunque, la massima attenzione da parte degli operatori e dei travel manager affinché vengano adottati esclusivamente strumenti di pagamento tracciabili durante le missioni sul territorio nazionale.

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