I metodi di determinazione dell’imponibile delle persone fisiche

Il reddito imponibile rappresenta la base su cui l’Agenzia delle Entrate calcola le imposte dovute. Si ottiene sommando tutti i redditi percepiti durante l’anno fiscale e sottraendo le spese deducibili e le componenti escluse dalla tassazione. In altre parole, l’imponibile è la misura sulla quale si applica un’aliquota per determinare l’imposta da versare. Questo contributo analizza, in particolare, la procedura di calcolo dell’imponibile per le persone fisiche, tenendo conto dei diversi metodi disponibili.

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Come cancellare i debiti fiscali

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Leonarda D’Alonzo
Avvocato, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.

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Il metodo analitico

Quando del reddito risultano ben distinte e note le fonti, alla sua determinazione, si procede con metodo analitico.

Nel dettaglio, secondo la normativa di riferimento ex art. 1, comma 1, D.p.r. n.600/1973 è previsto che ogni soggetto d’imposta sia tenuto a dichiarare annualmente i redditi posseduti «anche se non ne consegue alcun debito di imposta»; ex art. 38, comma 1, D.p.r. n.600/1973 che l’Ufficio delle imposte proceda «alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d’imposta indicate nella dichiarazione».

Sulla scorta di quanto premesso, l’accertamento analitico presuppone l’indicazione, da parte del soggetto di imposta, degli elementi di reddito, ma anche degli elementi che presuppongono il (supposto) diritto alle deduzioni e alle detrazioni. Si tratta, dunque, di elementi da cui l’Amministrazione finanziaria attinge le sue informazioni, potendo così verificare l’esattezza di quanto dichiarato dal contribuente, mettendolo in condizione di rettificare, ovvero integrare, quanto trasmesso.

È per questo motivo, infatti, che l’accertamento con metodo analitico determina l’imponibile sul reddito complessivo netto del contribuente “nella sua effettività”, sebbene questa effettività esprima pur sempre un concetto relativo, posto che al reddito complessivo lordo concorrono anche redditi privi di (come accade, ad esempio, per il reddito fondiario che costituisce il risultato di calcoli non effettivi).

Ad ogni modo, si tratta di una ricostruzione dell’imponibile mediante la sommatoria delle singole componenti, riportate dal contribuente all’interno della sua dichiarazione, che consente all’Ufficio preposto di effettuare l’accertamento su base analitica.

Infine, l’accertamento analitico presuppone una sostanziale “fedeltà della dichiarazione”, che deve trovare riscontro nella leale collaborazione del soggetto d’imposta, la quale si sostanzia nella veritiera e e consapevole partecipazione del contribuente ai processi amministrativi che lo involgono nel concorso alle spese pubbliche, in conformità al principio di sui all’art. 53 della Carta fondamentale.

Il metodo sintetico

Quando non è possibile determinare (per mancanza di documentazione, ovvero documentazione incompleta o inaffidabile) la base imponibile applicando il metodo analitico, l’Amministrazione finanziaria ricorre all’accertamento sintetico, ricostruendo il reddito del soggetto passivo di imposta attraverso le spese dallo stesso sostenute.

Più in particolare, l’Ufficio esamina la spesa globale sostenuta dal contribuente nel periodo di imposta esaminato. A riguardo, possono essere oggetto di verifica tutte le spese riconducibili al contribuente, da quelle afferenti al soddisfacimento dei bisogni primari a quelle voluttuarie, passando per quelle sostenute per l’acquisto di beni significativi (come ad esempio immobili, automobili ecc…).

A tal fine, l’art. 38, comma 4, D.p.r. n. 600/1973, prevede che l’Ufficio possa «sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo di imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo di imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte e titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile».

Ne deriva che quando il raffronto tra le spese complessivamente sostenute nel periodo di imposta di riferimento ed il reddito dichiarato appare illogico (nel senso che l’ammontare delle prime supera senza fondamento razionale il secondo), automaticamente trova applicazione la presunzione secondo cui le maggiori spese trovino fondamento in un reddito imponibile non dichiarato.

È importante precisare, tuttavia, che la quello sostenuto dall’Amministrazione finanziaria è un giudizio di verosimiglianza, non una presunzione forte, posto che mentre la spesa è un fatto oggettivo, lo stesso non può dirsi per il reddito non dichiarato, ben potendo la spesa costituire il risultato di risparmi accumulati in una pluralità di periodi di imposta, e dunque trovare causa giustificativa in elementi variabili – soggettivi.

Ne consegue che l’accertamento sintetico deriva da regole inferenziali riconducibili all’id quod plerunque accidit, motivo per cui il Legislatore ha inserito il contro -bilanciamento, prevedendo che la determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda il almeno 1/5 quello dichiarato.

Ancora, ai sensi dell’art. 38, comma 6, D.p.r. n. 600/1973, procedendo alla determinazione sintetica del reddito, in capo all’Ufficio è previsto «l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’art. 5, D.lgs. n.218/1997».

L’accertamento fondato su indici presuntivi impone dunque all’Amministrazione di attivarsi nella fase endo – procedimentale al fine di assicurare al contribuente l’instaurazione di un contraddittorio obbligatorio, finalizzato alla allegazione di tutti quegli elementi utili che, non emergenti dalla mera comparazione tra spese sostenute e reddito dichiarato, possano motivare l’apparente contraddizione logica dello sbilanciamento tra entrate ed uscite.

Redditometro

Nell’ambito dell’accertamento sintetico riveste carattere peculiare il cd. redditometro.

Ed invero, se dal quarto comma dell’art. 38, D.p.r. n.600/1973 viene attribuito all’ufficio accertatore il potere di determinazione del reddito complessivo sulla base delle spese di qualsiasi tipologia, il quinto comma del medesimo articolo prevede che l’accertamento possa erigersi su fatti sussunti ad indicatori di redditualità.

Nello specifico, come per l’accertamento sintetico, anche l’uso del redditometro consente all’Ufficio di creare una rappresentazione del cd. “tenore di vita”, aggiungendo, tuttavia, il riferimento a beni e/o servizi di valore significativo, i quali di per sé assurgono ad indicatori di ricchezza oggettiva.

In particolare cita la previsione normativa che «la determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuati mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale».

Detto in altri termini, esso si traduce in un procedimento atto ad individuare, mediante decreto ministeriale, fattori indicativi/atti indice cui si collegano coefficienti di calcolo del reddito complessivo. Per converso, chiaramente, al contribuente è fatta salva la produzione della prova contraria. In particolare, ciò dovrà avvenire mediante la riproduzione di idonea documentazione, tesa a dimostrare l’acquisto/mantenimento dei beni attraverso redditi percepiti in diversi periodi di imposta, ovvero con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, ancora, provando che il reddito esiste in misura inferiore al valore contestato o non esiste affatto.

Ancora, «in caso di accertamento in base al “redditometro”, il contribuente può contestare sia la sussistenza dei fatti-indice, sia la quantificazione del reddito eseguita applicando i coefficienti “redditometrici”». L’Amministrazione finanziaria, invece, è dispensata da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, rimanendo a carico del contribuente «l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste, ovvero esiste in misura inferiore».

Infine, secondo orientamento consolidato dei Giudici di legittimità, in ogni caso, l’accertamento eretto solo sulla capacità di spesa «non può ignorare la realtà sociale, economica e familiare nella quale vive il contribuente, secondo quanto previsto dal quinto comma dell’art. 38, D.p.r. n. 600/1973» (Cass. n.30355/2019).

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