I metodi di determinazione dell’imponibile delle imprese e dei lavoratori autonomi

L’ art. 39, D.p.r. n. 600/1973 identifica le modalità di determinazione dell’imponibile dei soggetti di imposta obbligati a tenere le scritture contabili, siano essi imprenditori o lavoratori autonomi. Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “Come cancellare di debiti fiscali”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon.

Come cancellare i debiti fiscali

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Leonarda D’Alonzo
Avvocato, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.

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Accertamento analitico

All’ accertamento analitico – contabile è dedicato il comma 1 dell’art. 39, lett. a), lett. b) e lett. c).

Ad esso, invero, l’organo accertatore ricorre:

  1. quando gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondano a quelli indicati nel bilancio, nel conto dei profitti e delle perdite, nello stato patrimoniale e più in generale qualora non risultanti in bilancio, nel prospetto di cui all’ 3, comma 1, D.p.r. n. 600/1973;
  2. quando risulti l’inesatta applicazione della disciplina regolante la determinazione del reddito d’impresa, secondo le disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi;
  3. quando «l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) del primo comma dell’art. 32, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del n.3) dello stesso comma, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell’ufficio».

Si tratta comunque di elementi di riscontro, la cui provenienza può ricondursi al medesimo contribuente, ovvero a terzi, in occasione ad esempio di controlli incrociati, così come può derivare dalla documentazione acquisita a seguito dell’esplicazione dei poteri di verifica/ispettivi dell’Amministrazione finanziaria.

In particolare, l’acquisizione della documentazione avviene nell’esercizio delle funzioni di controllo fiscale, cui sono preposti gli organi accertatori; acquisizione che richiede il rispetto degli obblighi normativi posti a tutela del corretto esercizio dei poteri dell’ufficio e a protezione delle garanzie attivabili dal contribuente.

È importante precisare, tuttavia, che la mancata esibizione o trasmissione dei documenti e degli atti richiesti dall’ufficio comporta conseguenze rilevanti, in sede amministrativa o contenziosa ai fini dell’accertamento, potendo precluderne l’utilizzabilità a favore del contribuente, salva la prova della non imputabilità della condotta omissiva, secondo quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 32, D.p.r. n. 600/1973.

Nel dettaglio, l’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria previsto all’art. 32, comma 4, D.p.r. n. 600/1973 e all’art. 51, comma 5, D.p.r. n. 633/1972, assolve alla funzione di assicurare – in conformità ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione, a loro volta specificazione degli obblighi di solidarietà in materia tributaria – l’istaurazione di uno scambio dialettico preventivo tra Fisco e contribuente al fine di favorire la definizione delle reciproche prerogative.

Il Legislatore, tuttavia, ha previsto la necessità che l’ufficio fissi un termine minimo per l’adempimento degli inviti e delle richieste, avvertendo il contribuente delle conseguenze pregiudizievoli che possono derivare dall’inosservanza della sequenza procedurale (la prova della cui realizzazione incombe sull’Amministrazione), scaturenti nella inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente in occasione dell’introduzione del processo tributario.

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Metodo analitico -induttivo o cd. “misto”

L’art. 39, comma 1, lett. d), D.p.r. n. 600/1973, pur formalmente inserito nell’elencazione delle fattispecie riconducibili all’accertamento analitico, contempla invece un’ipotesi ben differente nella quale entra in gioco il metodo induttivo, pur non prescindendo del tutto dal raffronto dei dati contabili, valuti nel complesso ancora attendibili.

Con esso, infatti, la prova induttiva afferisce non al reddito nella sua totalità, bensì a singole voci dello stesso, quali elementi delle attività/passività dichiarate.

In particolare, è previsto il ricorso a questo istituto quando l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione o nei relativi allegati risulti dall’ispezione delle scritture contabili e dalle verifiche di cui all’art. 33 del medesimo decreto; ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa, oltre che dai dati e dalle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti all’art. 32 del D.p.r. n. 600/1973.

Ancora, l’Amministrazione finanziaria, per accertare l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate, può ricorrere a presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ossia alle presunzioni semplici previste all’art. 2727 della disciplina generale civilistica. In materia di Iva, invece, alle presunzioni gravi, precise e concordanti, fa espresso richiamo l’art. 54, comma 2, secondo periodo, D.p.r. n. 633/1972.

Nel dettaglio, il ricorso alle presunzioni è ammesso in duplici ipotesi:

  • quando sussiste una discordanza tra i dati esposti in dichiarazione e le risultanze delle scritture contabili (trattasi di discordanza riscontrata in occasione dell’esercizio dei poteri istruttori previsti dall’ 33, D.p.r. n. 600/1973);
  • quando il dato normativo induce a ritenere che, a fronte della verificata discordanza, all’Amministrazione è concesso procedere all’accertamento dell’imponibile, ricorrendo “anche” a presunzioni semplici.

Metodo induttivo cd. “puro”

Con l’accertamento induttivo cd. “puro” o extra – contabile l’Amministrazione finanziaria procede alla rettifica dell’imponibile in via indiziaria, senza servirsi, o servendosene solo in parte, delle risultanze contabili.

Presupposto di questo istituto è la sostanziale inaffidabilità delle scritture contabili, che autorizza l’esperimento non solo delle presunzioni cd. “semplici”, ma anche delle presunzioni non dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e, dunque, esulanti dalle forme di prova presuntiva riconducibili allo schema dell’art. 2727 cc.

All’accertamento extra-contabile è dedicato il comma 2, dell’art. 39 D.p.r. n.600/1973, il quale contempla quattro ipotesi distinte:

  • quando il reddito di impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
  • quando dal verbale d’ispezione redatto ai sensi dell’art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall’art. 14, ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;
  • quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’ 32, comma 1, numeri 3 e 4 del D.p.r. n. 600/1973 o dell’art. 51, comma 1, D.p.r. n. 633/1972 (esibizione o trasmissione dei documenti o dei questionari relativi a dati e notizie ritenuti dall’ufficio rilevanti ai fini dell’accertamento);
  • quando sia stata omessa la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore, ovvero siano state indicate false cause di esclusione o inapplicabilità, o i modelli siano stati compilati infedelmente.

Nell’ipotesi di accertamento extra-contabile l’Amministrazione finanziaria ha la facoltà di prescindere “in tutto o in parte” dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili, avvalendosi delle presunzioni cd. “semplicissime”.

Sul punto, a tutela delle istanze del contribuente, il Supremo Collegio ha stabilito che «il metodo di determinazione dell’imponibile, per l’evidente attenuazione del rapporto tra sistema di acquisizione della prova e ricerca di riscontri oggettivi, presuppone che l’ufficio accertatore non sia libero di scegliere quello che più gli piace, essendo comunque vincolato ai presupposti, individuati dal Legislatore, per l’utilizzo del tipo di accertamento. In ogni caso, rientra nel potere dell’Amministrazione finanziaria, nell’ambito della previsione di legge, la scelta del corrispondente metodo da utilizzare, di cui il contribuente può dolersi solo se ne derivi un pregiudizio sostanziale» (Cass. n. 2872/2017).

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