Giurisdizione transfrontaliera: le Sezioni Unite e la tutela del consumatore UE

In linea con l’orientamento giurisprudenziale della CGUE, Le Sezioni Unite civili hanno stabilito che, quando un consumatore domiciliato in un altro Stato membro contesta la giurisdizione del giudice italiano, quest’ultimo deve valutare la propria competenza basandosi sulle prove disponibili, anche senza una specifica dichiarazione del consumatore riguardo alla direzione delle attività del professionista verso il suo Stato.

Corte di Cassazione-Sez. Un. Civ.- 15364 del 03-06-2024

La questione

Due avvocati hanno deciso di portare in giudizio la loro cliente dinanzi Tribunale di Bolzano, per il pagamento del compenso dell’attività legale svolta a seguito di un incidente su una pista da sci. La cliente, cittadina tedesca, ha contestato la giurisdizione del tribunale italiano invocando l’art. 5 del regolamento UE n. 44/2001.
Il giudice di prime cure, tuttavia, ha respinto questa eccezione e ha condannato la cliente a pagare una somma di denaro ingente.
In appello, la Corte di Bolzano ha confermato la sentenza di primo grado, rigettando il ricorso della cliente.
Il giudice d’appello ha ritenuto che l’argomento relativo alla direzione delle attività legali verso la Germania, che avrebbe potuto rendere applicabile l’art. 17 del regolamento UE n. 1215/2012, era stato presentato troppo tardi.

Il motivo di ricorso

La ricorrente ha quindi presentato un ricorso per cassazione, in cui ha sostenuto che che la Corte d’Appello avesse ignorato prove indicanti la direzione dell’attività legale verso la Germania, in violazione dell’art. 17 del regolamento UE n. 1215/2012.
In secondo luogo, ha contestato la violazione dell’art. 101 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello non aveva dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, la quale aveva deciso su una questione non sollevata dalle parti senza concedere tempo per preparare la difesa.

Le argomentazioni delle Sezioni Unite Civili

Il primo motivo di ricorso della cliente tedesca ha trovato accoglimento dai giudici delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, che ha ritenuto fondate le argomentazioni poste alla base del ricorso.
Secondo i giudici ermellini, nei rapporti tra avvocato e cliente, quest’ultimo è considerato un consumatore ai sensi del d.lgs. n. 206 del 2005, cd. Codice del Consumo.
La Corte di Cassazione ha chiarito che tanto la Convenzione di Lugano quanto il Regolamento UE n. 1215/2012 distinguono tra contratti di consumo semplici e quelli che richiedono che il professionista operi o indirizzi la propria attività verso il Paese del consumatore: questo principio, già affermato nella sentenza n. 6001/2021, è stato ritenuto applicabile anche al caso di specie.
Gli artt. 17 e 18 del Regolamento UE n. 1215/2012 stabiliscono che un consumatore può avviare una controversia nel proprio Paese di domicilio, mentre l’altra parte può farlo solo presso il domicilio del consumatore, principio che trova applicazione anche ai contratti di prestazione d’opera professionale, salvo prova contraria che dimostri che l’attività del professionista sia diretta verso lo Stato del consumatore.

Giurisprudenza europea

Secondo i giudici ermellini, l’interpretazione corretta delle norme europee sulla giurisdizione dei consumatori passa attraverso i riferimenti giurisprudenziali offerti dalla Corte di Giustizia. In particolare, in una sentenza del 2010, la CGUE aveva affermato come il concetto di attività “diretta verso” uno Stato membro debba essere interpretato autonomamente per garantire la protezione del consumatore, considerato parte debole del contratto.
Nel caso di specie, le Sezioni Unite Civili hanno evidenziato che il regolamento non definisce esplicitamente questa nozione, ma che essa deve comprendere una vasta gamma di attività, soprattutto con l’avvento di Internet: indizi come l’uso di servizi di posizionamento online per raggiungere consumatori esteri, l’indicazione di recapiti con prefisso internazionale e l’uso di domini web diversi, costituiscono fattori rilevanti.
Infine, la Corte di cassazione ha concluso che una combinazione di questi e altri fattori può dimostrare che un’attività è effettivamente “diretta verso” lo Stato del consumatore e che
per stabilire la giurisdizione del foro del consumatore, l’attività del professionista deve essere chiaramente orientata verso il mercato estero.

Conclusioni

In definitiva, la Corte ha affermato che, quando un consumatore eccepisce la giurisdizione invocando il proprio domicilio in un altro Stato membro, il giudice deve esaminare attentamente tutte le prove disponibili. Pertanto, la decisione ha sottolineato l’importanza di proteggere i diritti dei consumatori nei contenziosi transfrontalieri in modo da garantire loro una giusta valutazione delle prove e  applicazione della giurisdizione.

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Carlo Edoardo Cazzato
Avvocato, Partner di Orsingher Ortu Avvocati Associati e responsabile della practice di diritto antitrust. Dottore di ricerca in diritto commerciale presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, ha conseguito un Postgraduate Diploma in EU Competition Law e un LL.M. in International Business Law, rispettivamente presso il King’s College London e la De Montfort University of Leicester. È Non Governmental Advisor della DG Competition della Commissione europea, nonché professore a contratto di diritto antitrust presso l’Università Mercatorum. Ha maturato particolare esperienza nei settori regolati, quali tlc, media, energy e farmaceutico, assistendo clienti nazionali e internazionali dinanzi all’AGCM, alla Commissione europea, al Giudice amministrativo e a quello ordinario, nonché alle Corti comunitarie in relazione a ogni genere di criticità antitrust o consumeristica. È presente nelle principali legal directories italiane e internazionali quale esperto di competition law ed è autore e/o curatore di numerose pubblicazioni in materia di diritto della concorrenza e dei consumatori, tra cui un’opera monografica (Le linee guida sulla quantificazione delle sanzioni antitrust, Torino, 2018) e un trattato (Diritto antitrust, Milano, 2021).
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