Nuove modalità di accesso agli atti: si possono fotografare documenti?

in Giuricivile, 2018, 9 (ISSN 2532-201X)

È ammissibile fotografare documenti con il proprio cellulare presso archivi o uffici pubblici per estrarne copia? La riproduzione fotografica ha un costo come la consueta estrazione di copie cartacee? Ecco una riflessione sulle nuove modalità di accesso agli atti, non ancora compiutamente disciplinate dalla norma.

In tempi recenti, con sempre maggiore frequenza, gli uffici pubblici sono destinatari di istanze di accesso agli atti, detenuti o depositati presso i propri archivi, e di correlate richieste di consultazione e di estrazione di copie, oltre che in formato cartaceo o su supporto magnetico, mediante riproduzione fotografica dei documenti, a cura degli interessati, a mezzo cellulare con fotocamera.

Tale modalità di riproduzione, non espressamente contemplata dalla legge, pone agli operatori dubbi e incertezze in ordine all’ammissibilità della richiesta e, indubbiamente, presenta alcune problematicità che di seguito si riassumono.

Ammissibilità della riproduzione fotografica dei documenti

In primo luogo, nel richiamare le modalità di accesso previste dalla L. n. 241/1990 (artt.25,co.1 e 22,co. 1 lett.a) e dal D.P.R. n. 184/2006 (art.7, commi 5 e 6), si evidenzia come le menzionate disposizioni fanno espresso richiamo all’”…esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi…”, nei modi e nei limiti indicati dalla legge medesima, con l’ulteriore precisazione che l’esame (la visione) dei documenti è gratuito, mentre è dovuto il costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e visura.

In particolare, per quanto concerne l’esame dei documenti, qui di interesse, l’art. 7 in argomento precisa che l’interessato può prendere appunti e trascrivere in tutto in parte i documenti presi in visione (co. 5).

La formulazione testuale delle norme richiamate, che non prevede espressamente quale modalità di accesso la riproduzione fotografica di documenti o parti di esse, pone, da un canto, la questione dell’ammissibilità di tale “nuova procedura” di presa visione e, al contempo, laddove si concluda per l’ammissibilità della stessa, la necessità di chiarire se essa sia esente oppure no da eventuali costi .

La questione, di grande attualità ed interesse, sia al fine di una corretta interpretazione delle vigenti disposizioni, sia per gli evidenti risvolti, anche di carattere amministrativo-contabile, correlati alla esatta determinazione e riscossione  dei diritti di visura ed estrazione copie, è stata posta all’attenzione della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed ha trovato un primo approdo nel parere dalla stessa espresso a fronte di specifica istanza proposta da un cittadino[1] .

Al riguardo la Commissione, richiamando le modalità di accesso previste dalla L.241/90, conclude ritenendo che rispetto alle tradizionali “visione” ed “estrazione di copie”, altre modalità di accesso, ad esempio mediante fotografie del documento richiesto ”potrebbero essere consentite solo ove previste da disposizioni regolamentari dell’amministrazione interessata”.

Sembrerebbe, quindi, alla luce di detto parere, rimessa alla facoltà dell’Ente la disciplina di dettaglio delle modalità di esercizio dell’accesso attraverso proprie disposizioni regolamentari, con la previsione eventuale della possibilità di fotografare i documenti d’interesse o parte di essi, con l’impiego dei mezzi che lo consentono, ivi compreso il cellulare munito di fotocamera.

Sono dovuti costi per l’estrazione di documenti con riproduzione fotografica?

Resta nodale la questione se la riproduzione fotografica debba essere gravata da costi a carico del richiedente, specie laddove correlata a ricerche di archivio dei documenti di cui si chiede l’ostensione. Si tratta di questione non di poco momento che, se rimessa alla disponibilità di ciascun ente, potrebbe comportare – non si può sottacerlo- l’adozione di procedure difformi nell’ambito dell’apparato pubblico, determinando disparità di trattamento tra cittadini, aggravio del procedimento con addebito di spese in alcuni casi, ovvero mancati introiti per l’erario in altri, laddove si addivenga alla conclusione dell’assoluta gratuità della riproduzione fotografica, anche in presenza di laboriose ricerche di archivio.

In disparte, poi, la considerazione che, a fronte del diritto garantito ai cittadini di prendere  visione o acquisire copia di documenti amministrativi, gli uffici pubblici, spesso in situazione emergenziale per carenza di organico, sono chiamati a svolgere con il proprio ridotto personale attività, talora gravose, di ricerca, selezione e messa a disposizione della richiesta documentazione, con sottrazione di tempo e energie lavorative allo svolgimento delle attività di competenza.

La questione se la riproduzione fotografica di documenti integri l’esame gratuito previsto dall’art. 25, c. 1, L. n. 241/1990, in materia di accesso documentale, è stata recentemente oggetto di specifico quesito da parte di un Comune, al quale la competente struttura Regionale del Friuli Venezia Giulia ha dato riscontro [2] riportandosi alle conclusioni del citato pronunciamento della Commissione per l’accesso.

L’organo di consulenza del Friuli argomenta richiamando l’ordinanza del Consiglio di Stato- IV Sez. Giurisdizionale-14 aprile 2015 n. 1900, che confermando precedente orientamento[3] ha ribadito come, attesa l’assoluta gratuità, prevista per legge, dell’accesso nella forma della visione, la richiesta di cd. diritti di ricerca e visura anche per il solo esame della documentazione, finirebbe per “comprimere in modo del tutto irragionevole e senza alcuna base normativa il diritto di accesso” e, in definitiva, lo stesso esercizio di difesa giurisdizionale cui l’accesso sia eventualmente finalizzato. Pertanto, sulla base di una interpretazione letterale della norma, il C.d.S. giunge a ritenere i diritti di ricerca e visura dovuti “…soltanto per i documenti per i quali sia richiesta, dopo il loro esame, l’estrazione di copia[4].

Non può sottacersi, d’altro canto, come l’evoluzione delle tecnologie e la diffusione degli smartphone abbiano reso ormai ordinaria la richiesta di riproduzione di documenti con fotografie a mezzo cellulare con fotocamera. Nel senso della legittimità di tale procedura, quale modalità di accesso riferita alla visione dei documenti, che deve essere gratuita, si è espresso recentemente anche il TAR Lombardia. Precisamente, per il collegio lombardo, la visura di documenti amministrativi con eventuale riproduzione fotografica in proprio rappresenta una modalità di esercizio dell’accesso che la P.A. può legittimamente proporre a fronte di una richiesta che abbia ad oggetto la sola visione o la previa visione della documentazione d’interesse, costituendo la riproduzione fotografica una possibilità in più offerta all’interessato, esente da costi come precisato dal C.d.S  nella citata ordinanza, mediante l’utilizzo dei moderni mezzi offerti dalla tecnologia e in alternativa alla prevista trascrizione manuale.

Conclusioni: la necessità di una previsione specifica

Sulla scorta degli orientamenti della giurisprudenza amministrativa appena richiamati, sembrerebbe ritenersi generalmente ammissibile, senza costi per il richiedente, la riproduzione fotografica  di atti e documenti per i quali sia richiesto l’accesso in visione (ex art. 25, c. 1, L. n. 241/1990  in materia di accesso documentale), laddove, invece, la richiesta di accesso finalizzata all’estrazione di copie, necessiterebbe della corresponsione dei diritti di ricerca e visura da parte del richiedente .

Tale orientamento, tuttavia, appare non perfettamente in linea con la posizione formalizzata dalla Commissione per l’accesso [5]; essa, infatti, a fronte della possibilità generalmente riconosciuta dalla magistratura amministrativa dell’accesso con acquisizione “fotografica”, ha più restrittivamente richiesto la previsione espressa anche di tale ulteriore modalità di acquisizione, in sede di regolamentazione delle modalità di esercizio dell’accesso documentale, da  parte degli enti interessati.

Al riguardo, una lettura dei vigenti regolamenti regionali adottati in tema di accesso agli atti, evidenzia la generale mancanza di una previsione specifica a disciplina dell’accesso con riproduzione fotografica e, nel contempo, l’attuale sussistenza di un ventaglio amplissimo e variegato di costi, posti dalle diverse amministrazioni a carico dei cittadini richiedenti per la riproduzione di copie in formato cartaceo e su supporto magnetico, per diritti di ricerca e visura, per invio a mezzo fax o email.

Si richiamano, in tema di determinazione delle spese, i numerosi pareri resi dalla Commissione per l’accesso[6], chiamata ad esprimersi in ordine alle doglianze di cittadini circa la eccessiva onerosità dei rimborsi spese richiesti da amministrazioni locali.

La Commissione si è più volte espressa ritenendo che l’importo richiesto da ciascun ente “che non può essere predeterminato a livello generale, ma deve essere oggetto di responsabile valutazione da parte di ogni singola amministrazione, deve essere equo e non esoso, in quanto la richiesta di un importo elevato costituisce limite all’esercizio del diritto di accesso”. Analoghe considerazioni ha svolto anche con riguardo ad eventuali richieste di somme  a titolo di ricerca e visura (talora indicati come diritti di segreteria), ai sensi dell’art.25,co.1 della l. 241/90 .

Tale libera determinazione di oneri a carico dei cittadini, rimessa alla facoltà degli enti nell’esercizio della loro potestà regolamentare, sia pure con il limite della “equità” e “non esosità”, non può non suscitare qualche di perplessità a fronte di applicazioni difformi da parte di articolazioni dello stesso apparato pubblico.

La previsione di un range di costi applicabili, tra un minimo e un massimo, nonché una più puntuale definizione delle ipotesi, delle modalità  e della misura del concorso dei cittadini alle spese correlate all’esercizio  diritto di accesso, parrebbe, ad avviso di chi scrive, misura idonea a ridurre drasticamente il ricorso ai pronunciamenti della Commissione per l’accesso e della magistratura amministrativa, nel rispetto dell’ autonomia degli enti  ma anche  in attuazione dei principi costituzionali di eguaglianza sostanziale dei cittadini, nonché quale espressione concreta di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, complessivamente intesa, nell’esercizio delle funzioni assegnate.


[1] Parere espresso nella seduta del 24 febbraio 2009, su istanza del cittadino, nel Supplemento al volume ”L’accesso ai documenti amministrativi” n. 10, 2010-

[2] Parere pubblicato il 31 gennaio 2018 sul  Portale delle Autonomie Locali – Friuli Venezia Giulia

[3]  Cons. Stato, Sez. V, n 1709/1999

[4] Asserisce il Collegio:..” è evidente che l’amministrazione deve comunque sostenere, quali costi generali, il cui finanziamento ricade sulla fiscalità generale, le spese relative alla predisposizione di uffici e personale dedicati, tra l’altro al riscontro del diritto di accesso … e non può pretendere di ripartirli pro quota, nemmeno in forma forfetizzata, sui soggetti che esercitano l’accesso nella sola forma della visione, potendo, al limite, esigere i diritti di visura e ricerca per i soli documenti di cui sia richiesta l’estrazione di copia”.

[5] Si veda il parere reso in tal senso dalla Commissione  nella seduta del 24 febbraio 2009

[6] Vd. a  titolo esemplificativo  il parere reso nella Seduta del  4 maggio 2010

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