Fondi immobiliari e soglia del 5% alle Sezioni Unite


La Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la problematica inerente la tassazione delle partecipazioni qualificate nei fondi comuni di investimento immobiliare. Al centro del dibattito interpretativo c’è la corretta applicazione dell’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 32 del Decreto-Legge n. 78/2010 e, in particolare, la rilevanza del vincolo familiare ai fini del superamento della soglia del 5%.

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Corte di Cassazione – Sez. Trib.-ord. int. – n. 32384 del 13-12-2024


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Imposta sostitutiva e familiari


Con il DL 78/2010, convertito nella legge 122/2010, il legislatore ha introdotto una misura straordinaria per tassare le plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate nei fondi comuni di investimento immobiliare. La norma, applicata in regime transitorio, ha previsto un prelievo del 5% sul valore medio delle quote detenute al 31 dicembre 2010. Per individuare i soggetti obbligati al pagamento, il comma 3-bis dello stesso articolo impone di considerare non solo le quote intestate direttamente al contribuente ma anche quelle riconducibili ai “familiari”, individuati dall’articolo 5, co. 5, del TUIR: coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado.  
Quello che la norma non dice espressamente, e che ha generato interpretazioni contrastanti, è se il concetto di “familiare” debba necessariamente presupporre anche la convivenza tra i soggetti interessati.  


La vicenda giuridica

Il caso esaminato in Cassazione ha origine dalla richiesta di rimborso dell’imposta sostitutiva versata da contribuenti che, pur legati da vincoli familiari, risiedevano in luoghi diversi. L’Agenzia delle Entrate aveva negato il rimborso, sostenendo che le quote detenute individualmente dovessero essere sommate ai fini del calcolo della soglia del 5%, come previsto dalla normativa vigente.  I giudici di primo grado avevano accolto le ragioni dei contribuenti, evidenziando che la diversa residenza impediva di qualificare i soggetti come un nucleo familiare unico. La decisione è stata successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale, che ha ribadito come l’assenza di convivenza escludesse la possibilità di sommare le partecipazioni detenute dai singoli.  La posizione dei giudici di merito, tuttavia, si è scontrata con quella dell’AdE, che ha impugnato la sentenza in Cassazione, lamentando una errata interpretazione della normativa e una violazione dei principi applicabili al regime fiscale delle partecipazioni qualificate.  

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La terza parte approfondisce i primi arresti giurisprudenziali, sia di merito, che di legittimità, con uno sguardo alla recente Sentenza dell’11 gennaio 2024 della CGUE in tema di onere della prova e di primato del diritto europeo.

Flavio Carlino
Avvocato, Dottore Commercialista, Revisore Legale e Giornalista Pubblicista. Founder dello Studio legale-tributario Carlino dal 1991, ha un’esperienza ultratrentennale nel campo della consulenza nel settore tributario. Nel 2022 ha fondato l’Associazione Italiana Avvocati Commercialisti (A.I.A.C.), di cui è attualmente Presidente, ed ha creato una rete di professionisti con 20 sedi su tutto il territorio nazionale. CTU e perito presso il Tribunale di Lecce, è difensore tributario di enti pubblici e privati.

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I motivi di ricorso

L’Agenzia delle Entrate ha articolato due motivi di ricorso. Il primo si concentra sulla nozione di “familiari” ai fini dell’articolo 32 del DL 78/2010. Secondo l’Amministrazione finanziaria, la norma richiama chiaramente l’art. 5 TUIR, che individua i familiari senza alcun riferimento alla convivenza. La somma delle partecipazioni tra soggetti legati da vincoli di parentela, quindi, dovrebbe avvenire in maniera automatica, indipendentemente dalla loro residenza o dalla composizione effettiva del nucleo familiare.  Il secondo motivo riguarda l’asserita irretroattività della norma fiscale. I giudici di merito avevano ritenuto illegittima l’imposizione dell’imposta sostitutiva poiché riferita a una situazione antecedente all’entrata in vigore della norma. L’Agenzia ha contestato questa interpretazione, sostenendo che l’imposta, pur riferendosi a una data pregressa, è stata introdotta nel rispetto dei principi legislativi vigenti e doveva essere considerata pienamente legittima.  

Il ragionamento della Sez. Tributaria

La Suprema Corte, nell’analizzare i motivi del ricorso, ha evidenziato un contrasto giurisprudenziale sulla corretta interpretazione della normativa. Il punto focale è capire se, ai fini dell’imposta sostitutiva, la nozione di “familiari” richieda necessariamente la convivenza o se sia sufficiente il solo vincolo parentale previsto dal TUIR.  

Un orientamento della Cassazione (sentenza n. 19739/2022) aveva affermato che la sommatoria delle partecipazioni familiari si giustifica solo in presenza di una finalità elusiva, che andrebbe dimostrata caso per caso. Secondo questa tesi, la presunzione di elusività posta dalla normativa avrebbe natura relativa e potrebbe essere superata dalla prova che le partecipazioni siano realmente detenute in modo autonomo dai singoli familiari. Tuttavia, questa interpretazione ha sollevato ulteriori questioni di legittimità costituzionale, soprattutto in relazione ai principi di capacità contributiva e di ragionevolezza sanciti dall’art. 53 Cost. La Sez. Tributaria ha quindi ritenuto necessario un chiarimento definitivo, rimettendo la questione alle Sezioni Unite. La decisione servirà a stabilire se la convivenza sia un requisito imprescindibile per l’applicazione della norma e quali siano i confini della presunzione di elusività nella detenzione delle partecipazioni qualificate.  

Remissione alle Sezioni Unite Civili


La remissione alle Sezioni Unite è volta a dirimere un contrasto interpretativo che ha generato incertezze applicative e decisioni discordanti nei giudizi di merito. La questione non è di poco conto: la corretta applicazione dell’imposta sostitutiva incide direttamente sull’obbligo fiscale dei contribuenti e, al contempo, solleva interrogativi sul bilanciamento tra la lotta all’elusione e il rispetto dei principi costituzionali di equità e capacità contributiva.  

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