Ormai è parte del linguaggio comune il PNRR, per la sua grande portata innovativa ed economica che vede anche il fisco come protagonista. Strumento che è stato da subito considerato un’ottima risposta per la crisi pandemica di Covid-19, ove l’impulso è pervenuto dall’Unione europea attraverso il Next Generetion Eu, NGEU, del 20 maggio 2020. Oramai abbiamo assistito alle iniziative governative rispetto gli interventi per la sua attuazione, guardando alle sei missioni del piano dalla digitalizzazione alla salute, nonché degli assi strategici condivisi a livello unionale rispetto alla transazione digitale e innovazione, la transazione ecologica, inclusione sociale e riequilibrio territoriale. Ma nel concreto è possibile porre un focus rispetto alla portata del ruolo del fisco con attenzione particolare al federalismo fiscale.
Il federalismo fiscale: sic et simpliciter
Il Piano prevede tra i vari punti anche quello dell’attuazione del federalismo fiscale, oppure potremmo, per meglio dire, una sua messa in opera entro il 31 marzo del 2026. Ricordiamo in primis che attraverso il federalismo fiscale vengono attribuite agli enti più vicini al cittadino, come i comuni, maggiori funzioni e competenze di entrata e di spesa, in concreto una maggiore autonomia finanziaria rispetto alla quale si riconosce una particolare possibilità di stabilire entrate proprie. Il tutto comporta l’attuazione di un decentramento di funzioni dal centro alle regioni, alle province, alle città metropolitane e ai comuni. Tale autonomia finanziaria era vigente in Costituzione prima della riforma del Titolo V attraverso la l. cost. n. 3/2001, l’originario art. 119 Cost. riconosceva già all’ente regione autonomia finanziaria “nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Provincie e dei Comuni”, con un carattere prevalentemente derivato, la cui autonomia finanziaria, strettamente tributaria, appariva monca; il percorso continua con una serie di interventi legislativi che si susseguiranno prima della riforma costituzionale del 2001, tra i quali la legge Bassanini rivolta al decentramento amministrativo, col fine latamente finanziario, nel porre avvio al federalismo fiscale anche col d. lgs. N. 56/2000.
Nel 2001 viene riformato il titolo V della costituzione, il legislatore costituzionale modifica l’art.119 riconoscendo che “Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”, la cui concreta attuazione fu delegata al governo attraverso la l.d. n.42/2009 che costituisce il corpo di principi del federalismo fiscale tra i quali al fondo sperimentale di riequilibrio comunale poi sostituito col fondo di solidarietà comunale per attuare la perequazione prevista con la riforma. Giacché, lo Stato con legge istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, a favore dei territori con minor capacità fiscale per abitante trasferendo risorse aggiuntive (art. 119, comma 3, Cost.). La legge del 2009 non è stata completamente attuata, in quanto legge delega le sue stesse disposizioni non hanno natura attuativa, ma delegano al governo interventi con decreti ad hoc, infatti dopo tale data sono stati emanati circa 11 decreti legislativi, tra questi rileva il d.lgs. n. 68/2011 che prevede il finanziamento delle funzione connesse ai LEP e i costi standard, quale costo di ciascun servizio, prendendo di riferimento la regione più virtuosa, rendendo in modo efficiente con la compartecipazione di tributi propri e le quote del fondo perequativo, ma il legislatore ha limitato la manovrabilità dei tributi regionali, così i LEP sono finanziati secondo i modelli di finanza derivata o solo residualmente compartecipata.
Cosa prevede il PNRR
Si guarda al completamento del federalismo fiscale, infatti esso rientrava tra le riforme abilitanti del PNRR, il cui perfezionamento va fatto entro il primo semestre del 2026. La sua attuazione si lega fortemente alla riforma fiscale, rispetto all’attesa realizzazione del sistema di autonomia tributaria delle regioni. Il suo realizzo è essenziale al fine di raggiungere tre principali obiettivi: miglioramento della trasparenza delle relazioni fiscali tra i diversi livelli di governo; utilizzare carichi oggettivi per l’assegnazione delle risorse alle amministrazioni territoriali; incentivare a usare in modo efficiente le stesse. Inoltre, devono essere definiti i parametri da applicare e procedere al raggiungimento degli obiettivi di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario previste nel, citato paragrafo precedente, d.lgs. n. 68/2011. Il tutto per una fiscalizzazione dei trasferimenti statali, e attribuire una quota del gettito fiscale riferibile al concorso di ogni regione nelle attività di recupero fiscale dell’IVA; sicché la ripartizione avvenga secondo la differenziazione tra fabbisogni e capacità fiscali.
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