La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30774/2024, affronta la validità delle clausole derivanti dallo “schema ABI”, la possibilità di derogare al termine previsto dall’art. 1957 c.c. e il ruolo del giudice nel rilevare d’ufficio eventuali nullità.
Per approfondire il tema e comprendere meglio le implicazioni delle più recenti pronunce giurisprudenziali, il volume “Fideiussioni bancarie nulle dopo le Sezioni Unite n. 41994/2021” rappresenta una guida preziosa, capace di offrire strumenti utili per chiunque operi nel settore del credito o si trovi a gestire fideiussioni bancarie.
Corte di Cassazione-Sez. III civ. ord. n. 30774 del 30-11-2024
Il caso
La vicenda trae origine da due contratti sottoscritti nel 2005 da un’azienda che aveva stipulato operazioni di factoring e conto corrente con un istituto bancario. A garanzia degli obblighi derivanti da questi contratti, i fideiussori avevano assunto impegni accettando le clausole contrattuali che modificavano alcune disposizioni del codice civile, come il termine perentorio di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c.
Quando l’azienda non è riuscita a onorare i propri obblighi, la banca ha richiesto ai fideiussori il pagamento integrale delle somme dovute, ottenendo un decreto ingiuntivo. Gli obbligati, opponendosi, hanno contestato la validità delle fideiussioni, sostenendo che alcune clausole fossero state predisposte in violazione delle normative antitrust e dovessero quindi essere dichiarate nulle.
Il ruolo dello schema “ABI”
Un elemento centrale della vicenda è caratterizzato dalle clausole standard utilizzate nei contratti fideiussori, ispirate al cd. “schema ABI”. Questo modello è stato a lungo oggetto di interpretazione giurisprudenziale per la sua idoneità a creare divergenze tra le banche e i fideiussori.
Secondo la giurisprudenza, alcune clausole dello schema ABI possono essere considerate nulle in quanto violano le norme sulla concorrenza, come rilevato anche dalla Banca d’Italia. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che tali clausole non possono essere automaticamente invalidate senza una prova concreta del danno o della loro incidenza negativa.
Nel caso in esame, la Corte ha ribadito che l’adozione dello schema ABI, di per sé, non è sufficiente a rendere nullo un contratto di fideiussione, e ha confermato la validità delle clausole impugnate.
La Corte di Cassazione ha riconosciuto che alcune clausole delle fideiussioni contestate erano ricalcate sullo schema ABI, già dichiarato parzialmente nullo per contrasto con la normativa antitrust (art. 2, comma 2, lettera a, della legge n. 287/1990). Tuttavia, la Cassazione ha confermato che la nullità parziale non estende il suo effetto a tutto il contratto di fideiussione, a meno che non sia dimostrato che ciò compromette l’intero rapporto.
Potrebbe interessarti anche:
La questione del termine ex art. 1957 c.c.
Un altro punto dell’ordinanza ha riguardato la corretta applicazione dell’art. 1957 c.c. Tale norma prevede che la fideiussione si estingua se il creditore non agisce contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione. Nel contratto in oggetto, tale termine era stato derogato tramite una specifica clausola, come consentito dalla legge.
I fideiussori avevano contestato questa deroga, sostenendo che violasse i loro diritti e che la mancata azione del creditore nei tempi previsti dovesse comportare l’estinzione delle garanzie. La Corte, tuttavia, ha stabilito che la clausola di deroga era valida, essendo stata accettata al momento della stipula del contratto.
Per approfondire il tema e comprendere meglio le implicazioni delle più recenti pronunce giurisprudenziali, il volume “Fideiussioni bancarie nulle dopo le Sezioni Unite n. 41994/2021” rappresenta una guida preziosa, capace di offrire strumenti utili per chiunque operi nel settore del credito o si trovi a gestire fideiussioni bancarie.
Fideiussioni bancarie nulle dopo le Sezioni Unite n. 41994/2021
In particolare, viene analizzata un’ampia casistica in materia di nullità della fideiussione, ponendo al centro la figura del garante; sono infatti analizzate le diverse modalità di tutela del soggetto “debole”, che si trovi a subire l’invalidità dell’atto fideiussorio.
La trattazione sostanziale di casi pratici viene completata dall’analisi degli aspetti procedurali.
Monica Mandico
Avvocato Patrocinante in Cassazione, Founder di Mandico&Partners. Gestore della Crisi, DPO e advisor di 231/01. Autrice di libri sul diritto bancario e finanziario, sovraindebitamento e GDPR. Presidente del Centro Tutele Consumatori e Imprese. Docente di corsi di formazione accreditati dall’Università e dagli ordini professionali. Componente designato dalla CCIAA di Napoli della Commissione per la Nomina di Esperto Negoziatore.
Il rilievo d’ufficio
Un altrobelemento del ricorso riguardava la possibilità per il giudice di rilevare d’ufficio la nullità delle fideiussioni, sia per la violazione delle normative antitrust sia per il mancato rispetto del termine di sei mesi.
La Cassazione ha però chiarito che:
- La nullità delle clausole, anche se legata a norme antitrust, può essere rilevata d’ufficio solo se ha un impatto decisivo sul contratto. Nel caso in questione, le clausole nulle non compromettevano la validità complessiva delle fideiussioni.
- La decadenza prevista dall’art. 1957 c.c. rappresenta un’eccezione che deve essere sollevata dalla parte interessata, e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Conclusione
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione riafferma l’autonomia negoziale, chiarendo che la nullità parziale delle clausole non implica automaticamente l’invalidità dell’intera fideiussione. Allo stesso tempo, ribadisce che la decadenza delle fideiussioni per mancata azione del creditore entro sei mesi può essere derogata consensualmente.