Fabbricato abusivo per violazione altezza massima: la tutela riconosciuta ai vicini

Con la sentenza n. 10264 del 18 maggio 2016, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito se, nel caso in cui venga costruito un fabbricato in violazione delle norme sull’altezza massima, il vicino possa azionare nei confronti del proprietario solamente una pretesa risarcitoria o possa anche richiedere l’abbattimento della porzione abusiva.

Sul punto, l’art. 872 c.c. dispone al 2° comma che colui che per effetto della violazione delle norme di edilizia abbia subito un danno “deve esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione in pristino quando si tratta della violazione delle norme contenute nella sezione seguente o da questa richiamate“, e cioè le norme sulla distanza tra fabbricati.

A tal riguardo, la Suprema Corte ha precisato che devono ritenersi integrative delle norme del codice civile solo le disposizioni relative alla determinazione della distanza fra i fabbricati in rapporto all’altezza e che regolino con qualsiasi criterio o modalità, la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni: in tal caso le distanze legali sono calcolate con riferimento all’altezza dei fabbricati.

Al contrario, le norme che disciplinano solo l’altezza in sé degli edifici, senza imporla in rapporto alla distanza intercorrente tra gli stessi, tutelano, oltre che l’interesse pubblico di ordine igienico ed estetico, esclusivamente il valore economico della proprietà dei vicini: in altre parole, in caso di loro violazione, esse comportano il solo risarcimento dei danni.

Pertanto, nell’ambito delle norme dei regolamenti locali edilizi, hanno carattere integrativo delle disposizioni dettate nelle materie disciplinate dagli artt. 873 c.c. e segg. quelle dirette a completare, rafforzare, armonizzare con il pubblico interesse di un ordinato assetto urbanistico la disciplina dei rapporti intersoggettivi di vicinato.

Non rivestono invece tale carattere le norme che hanno come scopo principale la tutela di interessi generali urbanistici, quali la limitazione del volume, dell’altezza e della densità degli edifici, le esigenze dell’igiene, della viabilità, la conservazione dell’ambiente ed altro. In questa seconda ipotesi, la tutela accordata al privato nel caso di violazione della norma rimane limitata al risarcimento del danno eventualmente subito.

Sulla scorta di quanto affermato, con riferimento al caso di specie, la Corte di legittimità ha quindi chiarito che, qualora il proprietario costruisca un fabbricato in violazione delle norme locali sull’altezza massima, i vicini potranno azionare la tutela risarcitoria ai sensi dell’art. 872 c.c., ma non potranno chiedere nè ottenere la riduzione in pristino mediante la demolizione dei due piani del fabbricato oltre il limite consentito.

(Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza n. 10264 del 18 maggio 2016)

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