
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 102 dell’8 luglio 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), è stata chiamata a valutare la conformità dell’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89/2001 (legge Pinto) agli artt. 3, 24 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU. La questione verteva sulla previsione legislativa che fissa in sei anni la durata ragionevole delle procedure concorsuali con conseguente riconoscimento, in caso di superamento del termine, dell’indennizzo per eccessiva durata del processo. La Consulta doveva decidere se questo limite temporale, così rigidamente fissato, indipendentemente dalla complessità del caso, violasse il principio di ragionevolezza. Per un approfondimento su questi temi, segnaliamo il volume “Composizione negoziata della crisi”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon,
Composizione negoziata della crisi
Quali sono le condizioni di accesso alla composizione negoziata? Che cos’è il test della crisi per il risanamento? Cosa si fa in presenza della richiesta di misure protettive o cautelari? Il presente fascicolo nasce dall’esperienza maturata sul campo come esperti indipendenti, advisor, attestatori e difensori delle imprese, con l’obiettivo di fornire una bussola operativa a imprenditori, avvocati, commercialisti e gestori della crisi, ma anche a coloro che si avvicinano per la prima volta a questo percorso. Il testo accompagna il lettore in tutte le fasi della composizione negoziata, dalla valutazione preliminare di risanabilità all’attuazione delle strategie di ristrutturazione, fino alla gestione delle trattative con i creditori. Una guida concreta e aggiornata attraverso casistica giurisprudenziale, modelli, check list ed “errori da evitare”, e la lettura ragionata del Codice della crisi d’impresa a confronto con la prassi professionale e le decisioni giurisprudenziali più recenti.
Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovraindebitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.
Pasquale Capaldo
Avvocato, specializzato in diritto civile, contrattualistica, crisi d’impresa e diritto bancario. Componente della Commissione COA Napoli “Sovraindebitamento ed esdebitazione”.
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Monica Mandico, Pasquale Capaldo, 2025, Maggioli Editore
21.00 €
19.95 €

Composizione negoziata della crisi
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Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovraindebitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.
Pasquale Capaldo
Avvocato, specializzato in diritto civile, contrattualistica, crisi d’impresa e diritto bancario. Componente della Commissione COA Napoli “Sovraindebitamento ed esdebitazione”.
Il caso
La Corte d’Appello di Venezia, con un’ordinanza del 18 settembre 2024, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89/2001, per presunto contrasto con gli artt. 3, 24 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU.
I giudici veneziani hanno contestato il carattere rigido della norma, che fissa in sei anni la durata ragionevole delle procedure concorsuali ai fini dell’equo indennizzo, senza consentire al giudice di valutare la complessità del singolo procedimento e di considerare non irragionevole una durata superiore a tale termine.
Secondo il giudice rimettente, la procedura esaminata non avrebbe potuto concludersi entro il limite dei sei anni. Da un lato, la curatela aveva dovuto avviare numerosi giudizi recuperatori; dall’altro, la presenza di stabilimenti contaminati imponeva interventi di bonifica e messa in sicurezza, attività che richiedevano tempi inevitabilmente lunghi e dipendevano da amministrazioni pubbliche sulle quali gli organi fallimentari non avevano potere d’imposizione.
Il parametro normativo e i profili di illegittimità prospettati
La Corte d’Appello ha censurato l’automatismo della disposizione, che considera sempre irragionevole la durata della procedura una volta superato il termine legale, senza lasciare spazio a valutazioni caso per caso.
Tale rigidità, ad avviso dei giudici, creerebbe più criticità:
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Violazione del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.): il termine di sei anni si applica indistintamente a procedure semplici e complesse, incluse quelle in cui l’esito dipende dalla durata di azioni giudiziali necessarie a ricostituire l’attivo, a cui seguono ulteriori fasi di liquidazione, riparto e possibili esecuzioni.
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Lesione del diritto di difesa dei creditori (art. 24 Cost.): la norma potrebbe dissuadere gli organi della procedura dall’intraprendere azioni recuperatorie per timore di superare il limite di durata e incorrere in responsabilità, riducendo così le possibilità di soddisfare le pretese creditorie.
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Contrasto con l’art. 117 Cost. e l’art. 6 CEDU: la giurisprudenza della Corte di Strasburgo richiede una valutazione della ragionevolezza della durata fondata sulle circostanze concrete di ciascun caso, non su un termine fisso e inderogabile.
In sintesi, per la Corte d’appello la previsione del comma 2-bis non consente di bilanciare la complessità delle procedure concorsuali con l’esigenza di una durata ragionevole, trasformando il limite temporale in un automatismo privo di flessibilità e potenzialmente pregiudizievole per i creditori.
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La decisione della Corte: temperamento interpretativo e assenza di automatismi
La Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sottolineando che il diritto vivente non interpreta il comma 2-bis in modo rigido. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ammette un “temperamento” per le procedure di particolare complessità, tollerando una durata fino a sette anni, in linea con gli standard elaborati dalla Corte EDU.
Non si configura dunque alcun automatismo: il superamento del termine legale non comporta di per sé il diritto all’indennizzo, né la sua assenza può giustificare la compressione dei diritti dei creditori. L’accertamento del pregiudizio resta affidato al giudice dell’equa riparazione, che deve valutare la condotta delle parti e le cause del ritardo, potendo anche escludere l’indennizzo quando il comportamento del creditore abbia contribuito alla durata eccessiva.
La Corte ha ricordato che la normativa interna recepisce i parametri convenzionali elaborati a Strasburgo: la previsione di termini legali risponde all’esigenza di uniformità e certezza, ma non esclude una modulazione in relazione al caso concreto, sebbene entro i limiti fissati dal legislatore e dalla giurisprudenza consolidata.
Conclusioni
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 102/2025, conferma la legittimità della disciplina nazionale sull’equa riparazione nelle procedure concorsuali, valorizzando l’interpretazione giurisprudenziale che evita automatismi rigidi.