Con la sentenza n. 12642 del 18 giugno 2015, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha ribadito la nullità della sentenza cd. “a sorpresa”: quella sentenza, cioè, in cui il giudice ha deciso di fondare la propria decisione su una questione rilevata d’ufficio senza garantire il rispetto del contraddittorio.
Sul punto l’art. 101 c.p.c., al secondo comma (introdotto dall’art. 45, comma 13, della Legge n. 69 del 18 giugno 2009), prevede infatti che se il giudice ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, dovrà riservare la decisione “assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”.
Ebbene, ai sensi di tale disposizione, la cd. sentenza a sorpresa, o della terza via, è dunque sanzionata con la nullità. Sanzione che tuttavia, come ha puntualmente ricordato la Suprema Corte, si applica, ai sensi dell’art. 58, primo comma, della medesima legge, soltanto ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.
A tal riguardo, la Corte di legittimità ha infine precisato che l’art. 183 c.p.c., “nel testo ratione temporis vigente, contemplava già la doverosità dell’indicazione, da parte del giudice istruttore, delle questioni rilevabili d’ufficio di cui si ritenesse opportuna la trattazione: ma si trattava, all’epoca, solo di lex imperfecta, priva di sanzione, pur se rispondente al principio generale di collaborazione, immanente al processo civile“.
(Corte di Cassazione, I sez. civile, sentenza n. 12642 del 18 giugno 2015)