Dublino III e principio di fiducia reciproca: limiti al sindacato giudiziale nei trasferimenti dei richiedenti asilo

Tramite l’ordinanza n. 14393 depositata il 29 maggio 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), la I Sezione Civile della Corte di Cassazione è intervenuta, ulteriormente, sul delicato equilibrio tra protezione dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo e rispetto del principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri dell’Unione europea, cardine del Sistema Comune Europeo d’Asilo (CEAS).

Consiglio: il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, rappresenta un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione.

Immigrazione, asilo e cittadinanza

Immigrazione, asilo e cittadinanza

Obiettivo degli autori è quello di cogliere l’articolato e spesso contraddittorio tessuto normativo del diritto dell’immigrazione.

Il volume, nel commento della disciplina, dà conto degli orientamenti giurisprudenziali e delle prassi amministrative, segnalando altresì la dottrina “utile”, perché propositiva di soluzioni interpretative utilizzabili dall’operatore (giudici, avvocati, amministratori, operatori nei diversi servizi).

Il quadro normativo di riferimento di questa nuova edizione è aggiornato da ultimo alla Legge n. 176/2023, di conversione del decreto immigrazione (D.L. n. 133/2023) e al D.lgs n. 152/2023, che attua la Direttiva UE/2021/1883, gli ultimi atti legislativi (ad ora) di una stagione breve ma normativamente convulsa del diritto dell’immigrazione.

Paolo Morozzo della Rocca
Direttore del Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali presso l’Università per stranieri di Perugia.

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Il Regolamento Dublino III: criteri e finalità

Il Regolamento (UE) n. 604/2013, noto come “Dublino III”, disciplina i criteri e le procedure per determinare quale Stato membro sia competente a esaminare una domanda di protezione internazionale. Il suo obiettivo è duplice: assicurare una gestione ordinata, rapida e giusta delle domande di asilo e garantire una tutela adeguata ai richiedenti sin dalle prime fasi del procedimento.

Attraverso la centralizzazione della competenza in un unico Stato, il regolamento punta a evitare che un richiedente presenti domande multiple in diversi Paesi dell’Unione e, al contempo, cerca di prevenire le crisi legate a malfunzionamenti nei sistemi nazionali di asilo.

I criteri per determinare lo Stato competente

Il regolamento stabilisce una gerarchia di criteri per individuare lo Stato responsabile dell’esame della domanda. In ordine di rilevanza, essi comprendono:

  • Circostanze familiari, in particolare la presenza di familiari già residenti legalmente in uno Stato membro;

  • Titolarità recente di un visto o di un permesso di soggiorno rilasciato da uno Stato dell’UE;

  • Modalità di ingresso nel territorio dell’Unione, con particolare attenzione al passaggio regolare o irregolare delle frontiere esterne.

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Le garanzie per i richiedenti asilo

Dublino III amplia in modo significativo le garanzie procedurali per i richiedenti, con l’intento di uniformare gli standard di tutela e rendere il sistema più conforme ai principi dello Stato di diritto. Tra queste:

  • Diritto all’informazione sul procedimento e sui diritti riconosciuti;

  • Colloqui personali, da svolgersi in condizioni di riservatezza e con assistenza linguistica adeguata;

  • Tutela rafforzata per i minori, con priorità all’interesse superiore del minore e garanzie procedurali su misura;

  • Protezione per familiari e persone a carico, con meccanismi di ricongiungimento;

  • Assistenza legale gratuita, su richiesta;

  • Diritto a impugnare i trasferimenti con possibilità di ottenere effetti sospensivi.

Il trattenimento del richiedente

Il principio generale stabilisce che la richiesta di asilo non costituisce di per sé motivo sufficiente per disporre il trattenimento. Tuttavia, Dublino III consente il trattenimento in presenza di rischio concreto di fuga, ad esempio nel caso in cui il richiedente abbia già ricevuto un ordine di trasferimento verso un altro Stato membro.

Il meccanismo di allerta rapida e gestione delle crisi

Una delle novità più rilevanti del regolamento è l’introduzione di un meccanismo di allerta rapida. Tale sistema consente di:

  • Monitorare i segnali di malfunzionamento nei sistemi nazionali di asilo;

  • Supportare tempestivamente gli Stati membri che affrontano un afflusso eccezionale di richiedenti;

  • Prevenire l’inasprimento delle tensioni e contenere le crisi prima che si aggravino.

L’articolo 17 del Regolamento Dublino III

Le clausole discrezionali del Regolamento Dublino attribuiscono agli Stati membri una facoltà eccezionale: possono decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale anche quando, secondo i criteri generali del regolamento, non sarebbero formalmente competenti.

La cosiddetta “clausola di sovranità” (par. 1) consente a ciascuno Stato membro di assumersi volontariamente la competenza su una domanda di asilo, pur non essendo responsabile in base alle regole ordinarie. Quando esercita questa facoltà, lo Stato diventa automaticamente competente e ne assume tutte le relative responsabilità. Deve inoltre informare tempestivamente gli altri Stati coinvolti e aggiornare i dati nel sistema Eurodac.

In base alla “clausola umanitaria” (par. 2), uno Stato membro può chiedere a un altro Stato di farsi carico del richiedente prima che venga presa una decisione sul merito della domanda. Lo fa per motivi umanitari, come il ricongiungimento familiare o la presenza di legami affettivi e culturali. Tale richiesta richiede il consenso scritto delle persone interessate.

Lo Stato richiesto ha l’obbligo di valutare la situazione entro due mesi e, se accetta, diventa competente per l’esame della domanda. Queste due clausole introducono una flessibilità mirata nell’applicazione del Regolamento Dublino, offrendo agli Stati membri strumenti per affrontare situazioni eccezionali con maggiore sensibilità umana e margine decisionale.

La vicenda

Il procedimento trae origine dal ricorso proposto da un cittadino pakistano contro il decreto del Tribunale di Roma, emesso nel 2022 dalla sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea. Con tale provvedimento, il giudice aveva rigettato l’opposizione al trasferimento in Francia disposto ai sensi del Regolamento (UE) n. 604/2013 (cd. Dublino III), avendo individuato in tale Stato il responsabile dell’esame dell’istanza di protezione internazionale.

Nel ricorso, il richiedente aveva chiesto alle autorità italiane di attivare la clausola discrezionale prevista dall’art. 17 del Regolamento Dublino III, sostenendo che il trasferimento in Francia lo avrebbe esposto al rischio concreto di refoulement verso il Pakistan, suo Paese d’origine, connotato da instabilità e da gravi violazioni sistemiche dei diritti umani.

A sostegno della propria posizione, il ricorrente aveva anche segnalato la totale assenza di un alloggio governativo in Francia. Tale carenza – si argomentava – avrebbe compromesso la possibilità di ricevere un accompagnamento educativo e sociale adeguato, necessario per esercitare in modo pieno e consapevole il diritto alla protezione internazionale.

Infine, il ricorso sottolineava che, in caso di rientro in Francia, il richiedente non avrebbe potuto beneficiare di un sistema di accoglienza adeguato, né riattivare agevolmente la propria domanda di asilo, trovandosi costretto a produrre nuovamente documentazione già presentata in Italia.

Il principio della fiducia reciproca

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso del pakistano qualificandolo come inammissibile, ha ribadito l’operatività del principio della fiducia reciproca tra Stati membri dell’Unione Europea, già affermato in diverse pronunce della CGUE e recepito anche di recente dalle Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. U., sent. 15/01/2025, n. 935, alla quale abbiamo dedicato un commento approfondito).

In linea con tale principio, ogni Stato membro è tenuto a presumere che gli altri garantiscano un livello adeguato di tutela dei diritti fondamentali. Per l’effetto, il trasferimento del richiedente asilo verso uno Stato competente, secondo i criteri del Regolamento Dublino, non può essere impedito, salvo la dimostrazione rigorosa dell’esistenza di carenze sistemiche nel sistema di accoglienza o procedurale di quello Stato.

Clausola discrezionale e limiti del sindacato giudiziale

La Cassazione, nell’ordinanza in disamina, ha evidenziato che l’art. 17 del Regolamento Dublino III (la clausola discrezionale) attribuisce al singolo Stato membro la facoltà, e non l’obbligo, di esaminare una domanda di asilo che non gli compete. Di conseguenza, il giudice nazionale non può imporre allo Stato l’attivazione di detta clausola solo in quanto ritenga sussistente un rischio di refoulement, in assenza di carenze sistemiche accertate nel sistema dello Stato competente.

La Corte, quindi, ha ritenuto infondata la censura del ricorrente, secondo cui il sistema francese non garantirebbe un’adeguata accoglienza, chiarendo che eventuali divergenze ermeneutiche sulle condizioni nel Paese di origine (nella vicenda, il Pakistan) non giustificano un sindacato nel merito da parte del giudice dello Stato di trasferimento.

Implicazioni sistemiche e giurisprudenziali

L’ordinanza in disamina consolida un orientamento rigoroso della Cassazione volto a limitare l’interferenza del giudice nazionale nella valutazione del rischio nei trasferimenti “Dublino”, riaffermando che:

  • la clausola discrezionale espressa dall’articolo 17 risulta inapplicabile in via giudiziale se non esistono carenze sistemiche nello Stato richiesto;
  • il giudice non può sindacare la decisione di trasferimento in base a sue autonome valutazioni sul rischio di refoulement, ove esse divergano da quelle dello Stato membro competente;
  • il sistema europeo di asilo poggia su un presupposto di fiducia giuridica reciproca che assicura uniformità e non consente forum shopping.

Il principio di diritto

“Nel procedimento di impugnazione delle decisioni di trasferimento dei richiedenti asilo, ex art. 27 del Regolamento UE n. 604 del 2013, nonché ex art. 3 del D.Lgs. n. 25 del 2008 ed ex art. 3, lett. e-bis), del D.L. n. 13 del 2017, conv. con modif. dalla L. n. 46 del 2017, il giudice adito non può esaminare se sussista un rischio, nello Stato membro richiesto, di una violazione del principio di non-refoulement al quale il richiedente protezione internazionale sarebbe esposto a seguito del suo trasferimento (o in conseguenza di questo) verso tale Stato membro sulla base di divergenze relative all’interpretazione dei presupposti sostanziali della protezione internazionale, a meno che non constati l’esistenza, nello Stato membro richiesto, di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale”.

L’inammissibilità

Alla luce dell’esposto principio le censure interposte sono state ritenute inammissibili. Invero, il ricorrente aveva invocato la violazione dell’articolo 17 del Regolamento di Dublino sostenendo che la ripresa in carico in Francia lo avrebbe esposto al rischio grave a seguito del rimpatrio forzoso nel Paese di origine, Pakistan, regione del Punjab, caratterizzato dalla violazione sistematica dei diritti umani. Ciò che aveva richiesto si sostanziava in una valutazione della sussistenza dei requisiti per fruire di una forma di protezione internazionale sulla quale si era già pronunciato un altro giudice di uno Stato membro, sicché in assenza di carenze sistemiche non riscontrate, non risulta più consentita, in sede di legittimità, una nuova e diversa verifica alla luce del sopra enunciato principio. Per l’effetto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Un orientamento che si rafforza

Questa decisione della Corte di Cassazione rappresenta una riaffermazione netta dei vincoli strutturali del Regolamento Dublino III e dei principi cardine dell’architettura del CEAS. La sentenza riafferma che, in assenza di prove documentate e attuali di gravi carenze, la protezione internazionale deve essere gestita secondo criteri oggettivi e predeterminati, senza che singoli Stati o giudici possano deviare dal meccanismo normativo per mere valutazioni soggettive. La giurisprudenza italiana, dunque, si allinea all’orientamento, espresso anche in pronunce recenti, della Corte di Giustizia, rafforzando la prevedibilità e l’uniformità del sistema europeo di accoglienza.

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