Con l’ordinanza n. 106 del 4 gennaio 2017, è stato invocato l’intervento delle Sezioni Unite affinché sia chiarito definitivamente quale sia lo strumento utilizzabile per realizzare una donazione indiretta e quale il meccanismo di funzionamento.
La definizione di “donazione indiretta”
L’art. 809 c.c. prevede, al suo primo comma che «le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’art. 769, sono soggette» a revocazione e a riduzione.
Tali liberalità sono comunemente definite donazioni indirette e ad esse non si applica la forma solenne, prevista dall’art. 782 c.c.
La dottrina ha fornito molteplici definizioni di tale istituto: secondo alcuni è uno “strumento negoziale avente scopo tipico diverso dalla c.d. causa donandi e tuttavia in grado di produrre, insieme con l’effetto diretto che gli è proprio, l’effetto mediato di un arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito di liberalità da una parte (beneficiante) a favore dell’altra (che ne beneficia)”.
Secondo altri per donazione indiretta si intende più semplicemente qualsiasi vantaggio patrimoniale, pecuniariamente apprezzabile, non causato da un contratto di donazione ma prodotto dall’attuazione di un atto materiale o di un negozio giuridico unilaterale o bilaterale, che pur avendo in ogni caso un proprio scopo tipico diverso dalla donazione diretta, raggiunga identico risultato per lo spirito di liberalità che lo ebbe a determinare e per le conseguenze cui dà luogo.
Infine, si ritiene ormai in dottrina ed in giurisprudenza che il fenomeno vada spiegato come la risultante della combinazione di due negozi (il negozio-mezzo ed il negozio-fine, accessorio e integrativo).
Da tali sforzi di sintesi, come rilevato dalla seconda sezione civile della Corte di Cassazione, emerge un contrasto, dottrinale e giurisprudenziale, riguardo allo strumento utilizzabile per realizzare una donazione indiretta e al meccanismo di funzionamento.
Casistica giurisprudenziale sulla donazione indiretta
Il contrasto in questione è ancora più evidente se si esamina la casistica giurisprudenziale in materia di donazione indiretta.
Secondo alcune pronunce è sufficiente un solo negozio, purché capace di procurare l’effetto indiretto della liberalità.
Si è affermata la donazione indiretta nel caso di dazione di una somma di denaro, ove, accertato lo specifico fine di permettere al beneficiario con la detta di procurarsi l’acquisto di un bene. Ma non sono mancate le sentenze di contrario avviso, le quali hanno ritenuto che la consegna gratuita del denaro costituisce donazione diretta.
In presenza di negotium mixtum cum donatione (negozio oneroso con previsione di un corrispettivo a prezzo vile) e per il contratto in favore di terzo, non si è dubitato della ricorrenza della donazione indiretta.
Per contro in talune occasioni, la Cassazione ha escluso ricorrere l’ipotesi della donazione indiretta per l’assenza di autonomia dell’effetto della gratuità (ad esempio, per l’accollo interno, atteso che in tale circostanza la liberalità non sarebbe un effetto indiretto, ma la causa propria dell’accollo stesso).
Infine, la donazione indiretta, concepita come mezzo per conseguire, attraverso l’utilizzazione di un negozio con causa tipica, un risultato pratico da questa divergente, non è stata ritenuta configurabile rispetto ai titoli di credito, per loro natura astratti, suscettibili di realizzare in modo diretto qualsiasi scopo voluto dalle parti.
Necessario l’intervento delle Sezioni Unite
A parere della Corte, emerge dunque la necessità di ricomporre il quadro frammentato con l’intervento delle Sezioni Unite, in quanto oltre alla mancanza di un’uniforme interpretazione in merito, la questione si carica di particolare rilievo se si considera che le operazioni in discorso assumono spesso funzione trans o post mortem, e quindi, il significato di regolamento ultimo, non più emendabile.
Peraltro, in virtù della prescrizione della forma solenne imposta dal legislatore in materia di donazione diretta, la cautela sull’argomento è d’obbligo trattandosi di determinazioni con le quali un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo di uno, più o di tutti i suoi beni.