Divieto di alienazione ex art. 1379 cc: nullo il vincolo perpetuo di destinazione

L’attribuzione patrimoniale gratuita (nella specie, sotto forma di legato) di un bene sottoposto ad un vincolo perpetuo di destinazione, imposto dal disponente con clausola modale, è nulla per violazione dell’art. 1379 c.c.

In tal modo sarebbe infatti compromesso il diritto di proprietà dell’onerato, i cui poteri dispositivi sul bene – destinato a circolare, pena inadempimento, col medesimo vincolo – risultano sostanzialmente sterilizzati “sine die“.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15240 del 20 giugno 2017.

Il caso in esame

A seguito della morte del padre, i figli eredi legittimi ricevevano in eredità una villa e alcuni terreni, a suo tempo legati dalla defunta madre ad una Casa di Riposo, amministrata dall’ente comunale di assistenza.

Gli immobili erano inoltre vincolati ad un divieto perpetuo di alienazione e alla condizione che la villa fosse adibita a casa di riposo per “Signori decaduti e per poveri”.

Gli eredi convenivano pertanto in giudizio il Comune, anche nella qualità di titolare e legale rappresentante della Casa di Riposo, chiedendo la risoluzione dell’attribuzione patrimoniale testamentaria per inadempimento, ai sensi degli artt. 648, 2° comma, e 1453 c.c. e la conseguente retrocessione del bene in loro favore.

Chiedevano inoltre che, ove fosse stata accertata l’illegittima apposizione del vincolo di inalienabilità del bene, fosse dichiarata la nullità del legato ai sensi del combinato disposto degli artt. 626 e 634 c.c.

Il divieto di alienazione ex art. 1379 cc

Come noto l’art. 1379 c.c. sancisce che il c.d. divieto di alienare stabilito per contratto abbia effetto solo tra le parti e non è valido se

  • non sia previsto un limite temporale di durata
  • non risponda ad apprezzabile interesse di una delle parti

Sul punto, la Corte ha rilevato che, le condizioni di validità del divieto convenzionale di alienare ex art. 1379 c.c., appena citate, siano un principio di portata generale.

Come tali, devono dunque applicarsi anche a pattuizioni che come quelle contenenti un vincolo di destinazione, seppur non puntualmente riconducibili al paradigma del divieto di alienazione, comportino comunque limitazioni altrettanto incisive del diritto di proprietà (Cass. nn. 12769/99 e 3082/90).

Nullità del vincolo di destinazione perpetua

Ne consegue che qualsiasi vincolo di inalienabilità deducibile da una destinazione permanente del bene al soddisfacimento di un dato interesse si traduce nell’indiretta violazione della predetta norma.

Una norma che, come specificato dalla Suprema Corte, ha un carattere imperativo “iscritto negli stessi limiti entro cui essa consente il divieto di alienazione“, ammissibile alla duplice condizione che sia “contenuto entro convenienti limiti di tempo” e risponda “a un apprezzabile interesse di una delle parti”.

Ebbene, nel caso in esame, la Corte d’Appello non ha considerato che un vincolo perpetuo di destinazione si traduce in un altrettanto perpetuo limite di circolazione.

Infatti, pena l’inadempimento dell’onerato, è consentita in astratto solo l’alienazione del bene col medesimo vincolo (da riprodurre con apposita e analoga clausola, essendo il divieto in oggetto privo di efficacia reale), con la conseguenza di sottoporre il diritto di proprietà ad un’incisiva compromissione, essendone sostanzialmente sterilizzati sine die i connessi poteri dispositivi.

Deve quindi considerarsi nulla, per violazione dell’art. 1379 c.c., l’attribuzione patrimoniale gratuita di un bene sottoposto senza limiti di tempo ad un vincolo di destinazione imposto dal disponente.

Il principio di diritto

Alla luce di quanto rilevato, la Corte di legittimità ha pertanto enunciato il seguente principio di diritto:

“È nulla, per violazione della norma imperativa dell’art. 1379 c.c. sui limiti del divieto convenzionale di alienazione, l’attribuzione patrimoniale gratuita di un bene sottoposto senza limiti di tempo ad un dato vincolo di destinazione, imposto dal disponente con clausola modale; infatti, essendo consentita in astratto, pena l’inadempimento dell’onerato, solo la circolazione del bene col medesimo vincolo (da riprodurre con apposita clausola, trattandosi di divieto privo di efficacia reale), il diritto di proprietà risulta sottoposto ad un’incisiva compromissione, essendone sostanzialmente sterilizzati sine die i connessi poteri dispositivi”.

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