Differenza tra opposizione di terzo revocatoria e azione revocatoria

Con la sentenza n. 6378 del 13 marzo 2017, la Corte di Cassazione ha chiarito la differenza tra l’opposizione di terzo revocatoria prevista dall’art. 404, comma II, c.p.c. e l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.

L’opposizione di terzo revocatoria ex art 404 cpc

Ai sensi dell’art. 404 c.p.c. un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone qualora essa pregiudichi i suoi diritti.

Si tratta della cd. opposizione di terzo ordinaria: un mezzo di impugnazione straordinario e facoltativo con cui il terzo può richiedere che sia eliminato il pregiudizio arrecatogli da una sentenza, a causa della connessione del suo diritto con il rapporto dedotto in giudizio.

Il secondo comma disciplina invece la cd. opposizione di terzo revocatoria: gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono cioè fare opposizione alla sentenza, quando è l’effetto di dolo o collusione a loro danno.

La differenza tra opposizione di terzo revocatoria e azione revocatoria

Nell’opposizione di terzo revocatoria, il creditore opponente di terzo non è tenuto a dimostrare la propria legittimazione allegando un accertamento del suo credito con efficacia di giudicato.

In altre parole, non occorre che il credito presenti il requisito della “certezza“, intesa in tal senso.

Tuttavia, per legittimare il medesimo opponente, non basta la mera allegazione del suo credito o la produzione di un titolo giudiziale solo provvisoriamente esecutivo e contestato dal debitore.

In questo sta secondo la Corte la differenza tra l’opposizione di terzo revocatoria e l’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c.

L’opposizione di terzo revocatoria può infatti essere proposta soltanto dai “creditori” (oltre che dagli aventi causa) di una delle parti; al contrario, all’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. sono legittimati anche i titolari di un credito soltanto eventuale o litigioso (Cass. Sez. U. 18/05/2004, n. 9440).

Interpretazione dell’art. 404 cpc: la nozione di creditore

Il carattere di impugnazione straordinaria dell’opposizione di terzo revocatoria induce infatti a ritenere che la nozione di “creditori di una delle parti”, di cui all’art. 404, comma II, c.p.c., vada interpretata in senso più restrittivo dell’analoga nozione richiamata ai fini della legittimazione all’azione revocatoria.

Per creditore, ai fini dell’impugnazione in questione, deve cioè intendersi chi effettivamente rivesta tale qualità, pur se sottoposta a termine o a condizione, al momento della proposizione di essa (v. sul punto Cass. 12144/2006).

In altre parole, è necessario che il credito dell’opponente sia “certo”, non già nel senso che deve basarsi su un precedente giudicato, ma nel senso che deve essere accertato, anche in via incidentale, dal giudice dell’opposizione, sulla base delle prove fornite dall’opponente, gravato del relativo onere.

E non potrebbe essere altrimenti se si considera che, mentre la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria produce la mera inopponibilità dell’atto revocato al creditore-attore – che dunque potrà procedere in executivis nella sede propria, in cui dovrà dimostrare il suo titolo – la sentenza di accoglimento dell’opposizione di terzo revocatoria comporta non soltanto l’inefficacia relativa del giudicato, che ne è oggetto, nei confronti del terzo opponente, ma anche l’eliminazione di esso nei confronti delle stesse parti del processo originario.

Ebbene, il travolgimento assoluto di un giudicato non potrebbe giustificarsi se non in presenza dell’accertamento del danno per chi effettivamente sia creditore di una delle parti, e non semplicemente dichiari di esserlo.

Opposizione di terzo revocatoria in forza di decreto ingiuntivo opposto

Con riferimento al caso in esame, non vi è dunque certezza del credito della opponente, dal momento che essa si è limitata a produrre un decreto ingiuntivo opposto e solo provvisoriamente esecutivo, senza provare altresì che l’opposizione era stata rigettata.

Peraltro, secondo la Corte, a nulla vale la circostanza che il portatore di un siffatto titolo possa agire in executivis nei confronti del proprio debitore.

Ai fini dell’opposizione di terzo revocatoria, ciò che conta è infatti la certezza, non la esecutività, del titolo.

E del resto il potere in questione è riconosciuto, al portatore del titolo, nei confronti del proprio debitore, non già dei terzi, quale la controparte del suo debitore nel giudizio conclusosi con la sentenza oggetto dell’opposizione.

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