Deposito telematico rifiutato: il nuovo deposito è valido se contesta le ragioni della cancelleria

La Prima Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 15801/2025, depositata il 13 giugno (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha affrontato la seguente questione: cosa accade se la cancelleria rifiuta un deposito telematico? Il caso riguarda un’opposizione a stato passivo. La parte aveva trasmesso l’atto via PEC, ma il sistema non aveva generato la ricevuta finale di accettazione. La Suprema Corte ha chiarito se basti contestare le ragioni indicate dalla cancelleria per rendere valido un secondo deposito, oppure se sia necessario provare la regolarità dell’intero primo invio.

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Il caso

La vicenda origina da un giudizio di opposizione a stato passivo presentato da un consorzio nell’ambito della procedura di fallimento di una società. La cancelleria aveva rigettato in data 18 marzo 2016, il primo deposito telematico dell’atto avvenuto il 14 marzo 2016. A fronte di tale rifiuto, il creditore ha proceduto, il 30 marzo 2016, a un nuovo deposito in forma cartacea, chiedendo la rimessione in termini in data 1° aprile 2016.

Il Tribunale di Teramo ha rigettato la richiesta, ritenendo il secondo deposito inammissibile perché tardivo e considerando non dimostrata la tempestività del primo deposito telematico. In particolare, ha valutato insufficienti le quattro ricevute PEC prodotte, in quanto non accompagnate dai file informatici completi né da elementi che consentissero di verificare il contenuto effettivo degli allegati. Avverso tale decisione, il consorzio ha presentato presentato ricorso in Cassazione.

Il meccanismo di deposito di un atto tramite PCT e le quattro PEC

La Corte, nella motivazione, ha ripercorso puntualmente la struttura del deposito telematico, fondato su quattro distinte PEC di ricevuta:

  1. Ricevuta di accettazione (prima PEC): attesta che l’invio è stato accettato dal sistema per l’inoltro all’ufficio destinatario;
  2. Ricevuta di consegna (seconda PEC): attesta che l’invio è intervenuto con consegna nella casella di posta dell’ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito;
  3. Esito dei controlli automatici del deposito (terza PEC): attesta l’esito dei controlli automatici del deposito, sull’indirizzo del mittente, che dev’essere censito in ReGIndE, il formato del messaggio, che dev’essere aderente alle specifiche, e la dimensione del messaggio, che non deve eccedere quella massima consentita (30 MB);
  4. Accettazione manuale della cancelleria (quarta PEC): solo con essa si consolida l’effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC.

L’assenza della quarta PEC impedisce, di per sé, il raggiungimento dello scopo del deposito processuale. Tuttavia, la sua mancanza non determina una decadenza automatica se la parte agisce tempestivamente, formulando un nuovo deposito e circostanziando le contestazioni rispetto al rifiuto ricevuto.

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La decisione della Corte: focus sul rifiuto

La Corte di Cassazione ha riformato la decisione di merito, accogliendo il ricorso e riaffermando un principio di particolare rilievo: quando un deposito telematico non si perfeziona per mancanza della quarta PEC, la parte può procedere a un nuovo deposito purché contesti le ragioni addotte dalla cancelleria nel rifiuto.

L’ordinanza sottolinea che, in presenza di un’apparente regolarità della sequenza comunicativa (ricevute di accettazione, consegna, esito automatico), l’onere di allegazione del depositante non si estende alla dimostrazione dell’intero procedimento. È invece sufficiente concentrare le proprie deduzioni sugli elementi indicati dalla cancelleria come causa del rifiuto, producendo eventuali documenti a sostegno delle contestazioni.

Al contrario, incombe alla controparte l’onere di provare che la dinamica comunicativa fosse viziata in modo diverso da quanto dichiarato dalla cancelleria nella comunicazione di rifiuto, qualora intenda sostenere la nullità o inefficacia del successivo deposito.

Il principio di diritto

La Corte ha fissato un principio chiaro, con rilevanti ricadute pratiche:

“Nell’ipotesi in cui la quarta p.e.c. dia esito non favorevole, la parte ha l’onere di attivarsi con immediatezza per rimediare al mancato perfezionamento del deposito telematico; la reazione immediata si sostanzia, alternativamente e secondo i casi, 

  1. in un nuovo tempestivo deposito, da considerare in continuazione con la precedente attività, previa contestazione delle ragioni del rifiuto; 
  2. in una tempestiva formulazione dell’istanza di rimessione in termini ove la decadenza si assuma in effetti avvenuta ma per fatto non imputabile alla parte.

Nel primo caso, a fronte di un’apparente regolarità della dinamica comunicatoria, la parte assolve l’onere di completezza delle proprie deduzioni allegando le ragioni del rifiuto indicate dalla cancelleria all’interno della quarta p.e.c. e contestando la fondatezza delle stesse, mentre spetta alla controparte promuovere e fornire la prova di eventuali contestazioni diverse da quelle che hanno giustificato il rifiuto”.

Conclusioni

L’ordinanza n. 15801/2025, fornisce delle importanti indicazioni in materia di PCT: quando la quarta PEC non dia esito favorevole, la parte può procedere a un nuovo deposito tempestivo, limitandosi a contestare le ragioni del rifiuto avallate dalla cancelleria. Non serve dimostrare la regolarità dell’intero procedimento: è la controparte, semmai, a dover fornire la prova di eventuali contestazioni diverse da quelle che hanno giustificato il rifiuto.

La decisione tutela l’effettività dell’accesso alla giustizia, senza aggravare l’onere difensivo di chi subisce un diniego tecnico.

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