Con la sentenza n. 8493 del 27 aprile 2015, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di deontologia dei notai, chiarendo a chi spetti l’onere della prova nel procedimento disciplinare relativo ai notai e se sia sanzionabile il notaio che stipuli un numero elevato di atti in sequenza, con tempi molto ravvicinati tra una stipula e l’altra.
Nel caso di specie, una Commissione Regionale di Disciplina aveva inflitto al notaio una sanzione pecuniaria di € 10.000, ritenendolo responsabile della violazione del codice deontologico, per aver svolto ricorrenti prestazioni professionali presso soggetti terzi e per aver stipulato un eccessivo numero di atti a distanza ravvicinata. La Corte territoriale accoglieva tuttavia il reclamo del notaio affermando che la concentrazione di atti nel medesimo giorno, in assenza di altri rilievi sulla regolarità degli atti stessi, non era sufficiente a dimostrare trascuratezza da parte del professionista, dovendosi presumere che il notaio avesse predisposto per tempo l’attività necessaria alla redazione degli atti, anche intrattenendo colloqui con le parti per acquisirne la volontà. La Commissione disciplinare ricorreva, pertanto, in Cassazione.
In primo luogo, la Suprema Corte ha ribadito che non viola il principio di autosufficienza, avuto riguardo alla complessità della controversia, il ricorso per Cassazione confezionato mediante inserimento di copie fotostatiche o scannerizzate di atti relativi al giudizio di merito, qualora la riproduzione integrale di essi sia preceduta da una chiara sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione della questione dedotta (Cass., Sez. Un., ordinanza n. 4324 del 2014).
Quanto alla ripartizione dell’onere della prova, la Corte di legittimità ha inoltre chiarito che “il procedimento disciplinare relativo ai notai si fonda sul principio accusatorio“. Pertanto, “la prova degli addebiti contestati è posta a carico dell’organo che ha promosso il procedimento, salvo che la prova investa una circostanza esimente, nel qual caso l’onere probatorio è posto a carico dell’incolpato“. Nel caso di specie, a fronte della contestazione di un numero elevato di atti in sequenza, con tempi molto ravvicinati tra una stipula e l’altra, l’onere della prova della predisposizione dal lavoro preparatorio e dei preventivi, necessari contatti diretti con le parti, al contrario di quanto sostenuto dalla Corte territoriale, “gravava sul professionista, il quale era comunque l’unico soggetto in grado fornire tale prova, per il principio di prossimità della stessa” (Cass., Sez. U., sentenza n. 582 del 2008).
La Cassazione ha inoltre censurato la sentenza della Corte d’Appello laddove affermava che la regolarità degli atti e la mancanza di doglianze da parte della clientela facevano presumere che il notaio avesse posto in essere diligentemente tutta l’attività preparatoria, anche intrattenendo colloqui con i clienti. Invero, la distinzione tra le sanzioni che colpiscono l’irregolarità dell’attività tecnica del professionista e le sanzioni che colpiscono la violazione delle norme deontologiche, rende di per sé evidente che “la regolarità degli atti non può dimostrare, neppure indirettamente, la conformità del comportamento del professionista ai doveri deontologici, i quali sono elaborati dal Consiglio nazionale del notariato a salvaguardia della dignità e reputazione del notaio, nonchè del decoro e prestigio della classe notarile”.
La Corte accoglieva pertanto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando il giudizio ad altra sezione della Corte d’appello.
(Corte di Cassazione, Seconda sezione civile, Sentenza n. 8493 del 27 aprile 2015)