Deducibilità totale IMU sugli immobili strumentali: il chiarimento della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 21 del 2024 ha chiarito in che termini debba essere interpretata la questione sulla deducibilità totale dell’IMU dagli immobili strumentali.
La sentenza ha confermato che, sebbene l’IMU sugli immobili strumentali possa essere dedotta ai fini IRES, tale deduzione non può essere estesa all’IRAP.  Questa conclusione si fonda sulla diversa natura e di presupposti tra le due imposte.
In particolare, la Corte ha evidenziato la mancanza di indici normativi che nella sentenza della stessa Corte nel 2020 hanno portato a riconoscere la deduzione dell’IMU sugli immobili strumentali come una parte strutturale dell’IRES. Pertanto, la decisione di estendere tale deducibilità all’IRAP è stata considerata infondata.

Corte Costituzionale- sent. n. 21 del 20-02-2024

La questione

La Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Genova, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale: la fattispecie ruota attorno all’articolo 14, comma 1, del d. lgs. n. 23 del 14 marzo 2011, che disciplina la deducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali per la determinazione del reddito d’impresa e del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni, stabilendo una detrazione del 20%.
Tale questione è emersa da una causa promossa dalla Coop Liguria in seguito al rifiuto dell’Agenzia delle Entrate riguardo alla richiesta di rimborso presentata per l’anno 2016, per ottenere una parziale indeducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali.
La società sosteneva che l’IMU fosse un costo inerente e un onere fiscale deducibile e ha impugnato così la decisione per ottenere il diritto al rimborso.
Il rimettente ha argomentato che l’articolo 14, comma 1, del d. lgs. n. 23 del 14 marzo costituisca una violazione gli articoli 3, 41 e 53 Cost., sostenendo che la limitazione della deducibilità dell’IMU contrasti con il principio della capacità contributiva, che richiede, invece, che la tassazione sulle società sia commisurata al reddito netto effettivo.
Inoltre, viene sollevata la questione della violazione del divieto di doppia imposizione, dal momento che la società potrebbe essere obbligata a pagare due volte un’imposta sullo stesso presupposto.
Sotto il profilo della ragionevolezza, si è argomentato che il regime contestato non è coerente con il principio di base imponibile stabilito dal legislatore, poiché la sua rigidità nella deducibilità degli oneri non tiene conto delle variazioni realistiche nella produzione del reddito delle imprese.
Un altro aspetto considerato è l’articolo 3 Cost., che sottolinea il rispetto del principio di uguaglianza formale e della libertà di iniziativa economica privata.
La non deducibilità dell’IMU potrebbe influire sulla portata della cd. “equità orizzontale”, creando un trattamento discriminatorio per le imprese che possiedono immobili strumentali rispetto a quelle che li utilizzano senza possederli. Inoltre, la società Coop Liguria ha sostenuto che la decisione della Corte Costituzionale del 2020, che ha dichiarato l’IMU totalmente indeducibile, dovrebbe essere estesa anche ai periodi successivi in cui è stata introdotta una deducibilità parziale dell’IMU.
Nel frattempo, anche la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Torino e di Como hanno sollevato le stesse questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’articolo 14, comma 1, del d. lgs. n. 23 del 2011, come modificato dalla l. n. 147 del 2013, in relazione alla parziale deducibilità dell’IMU dall’IRES e alla sua totale indeducibilità dall’IRAP.

Il contenuto delle ordinanze di rimessione

Le ordinanze di rimessione emesse dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Como, Genova e Torino hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’art. 14, comma 1, del d. lgs. n. 23 del 2011. Questa disposizione, che stabilisce la deducibilità parziale dell’imposta municipale propria relativa agli immobili strumentali ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni nella misura del 20%, è stata contestata dai ricorrenti a seguito del rifiuto dell’Agenzia delle entrate di accogliere le loro istanze di rimborso relative a maggiori versamenti di IRES dovuti al regime di deducibilità parziale dell’IMU sui beni strumentali. Secondo i rimettenti, tale regime sarebbe in contrasto con gli articoli 3, 41 e 53 della Costituzione italiana.
Le ordinanze poi hanno affrontato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011, per contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, in relazione alle istanze di rimborso della maggiore IRAP versata a causa della totale indeducibilità dell’IMU sui beni strumentali.
Le ordinanze di rimessione, inoltre, hanno riferimento ai principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 262 del 2020 per sostenere che la piena deducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali dovrebbe essere garantita per coerenza con il presupposto del tributo, individuato dal legislatore nel possesso di un reddito complessivo netto. In particolare, esse evidenziano che, poiché l’IRES è basata sul reddito netto effettivo, tutti i costi inerenti e oggettivamente indeterminabili dovrebbero essere dedotti. Inoltre, i rimettenti hanno precisato che l’intervento normativo che ha introdotto la deducibilità parziale non modificherebbe la questione di illegittimità costituzionale, poiché limitare la deducibilità a una percentuale fissa dell’IMU sarebbe in contrasto con il presupposto fiscale e per l’effetto sarebbe arbitrario.

Le argomentazioni della Corte

Il giudice delle Leggi ha osservato che le ordinanze di rimessione convergono nell’evidenziare presunte violazioni di principi costituzionali attribuibili all’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2011. Principalmente, si sottolinea una presunta violazione dell’articolo 53 Cost., sia in relazione alla capacità contributiva, considerando la spesa per l’IMU sugli immobili strumentali come un costo inerente alla produzione del reddito, sia per il divieto di doppia imposizione derivante dalla sovrapposizione dell’imposta sullo stesso presupposto. Inoltre, la Corte Costituzionale ha argomentato che la norma sarebbe in contrasto con gli articoli 3 e 53 Cost. in termini di ragionevolezza, data la mancanza di coerenza con il presupposto dell’IRES, e che ci sarebbe un impatto sull’equità orizzontale, violando così l’articolo 3 della Cost. Infine, si è evidenziata una presunta violazione dell’articolo 41Cost., poiché la norma censurata sembrerebbe penalizzare la scelta delle imprese di investire gli utili nell’acquisto degli immobili strumentali. La Corte Costituzionale ha precisato che nel giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato un’eccezione di inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale, basata sull’insufficiente motivazione sulla rilevanza. Secondo il Presidente del Consiglio, il giudice rimettente avrebbe omesso di compiere l’accertamento necessario sull’effettiva natura strumentale degli immobili, rendendo quindi inammissibile la questione anche per quanto riguarda l’indeducibilità dell’IMU dall’IRAP. Tuttavia, la Corte Costituzionale richiama gli estremi dell’ordinanza n. 156 del 2022 ritenendo necessario un ulteriore accertamento sulla natura degli immobili per valutare l’applicabilità della normativa censurata.
È essenziale esaminare attentamente la questione dell’inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni sollevate nel giudizio.  In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato ha sollevato un’eccezione di inammissibilità per motivazione insufficiente sulla non manifesta infondatezza, facendo riferimento alla questione della parziale deducibilità dell’IMU dai beni strumentali. Tale eccezione è stata fondata sulla premessa che il giudice rimettente, pur richiamando le argomentazioni della sentenza n. 262 del 2020, ha omesso di confrontarsi con il passaggio finale della motivazione, in cui la Corte non ha esteso in via consequenziale alle annualità successive le determinazioni di illegittimità costituzionale riscontrate per il periodo di imposta 2012. La sentenza n. 262 del 2020 ha specificato che non vi erano i presupposti per estendere in via consequenziale la dichiarazione di illegittimità costituzionale alle annualità successive al 2012. Si è pertanto concluso che le disposizioni che hanno istituito il regime di deducibilità parziale dell’IMU, dal 2013 al 2018, differivano da quella che dichiarava costituzionalmente illegittima la totale indeducibilità.
Le ordinanze in esame sembravano aver motivato i dubbi di legittimità costituzionale presumendo che le questioni fossero identiche o differissero solo in via marginale da quelle già decise. Piuttosto che affrontare autonomamente i dubbi con una motivazione adeguata, si sono limitate a enunciare concetti senza approfondire il passaggio finale della sentenza n. 262 del 2020, che avrebbe dovuto essere considerato un punto di riferimento imprescindibile.

Questione della deducibilità dell’IMU tra IRES e IRAP

Le questioni emerse nelle ordinanze di rimessione relative alla deducibilità dell’IMU sui beni strumentali dall’IRES e dall’IRAP hanno richiesto un’attenta valutazione in relazione alla motivazione della non manifesta infondatezza. Infatti, la questione sulla totale indeducibilità dell’IMU dai beni strumentali nell’ambito dell’IRAP non è stata supportata da una motivazione sufficiente. L’argomentazione fornita è stata generica e mancante di una chiara indicazione dei fattori specifici che hanno determinato la presunta disparità di trattamento tra i contribuenti. Inoltre, non è stato precisato in che misura si verrebbe a determinare un onere impositivo più gravoso. Pertanto, la questione è stata  dichiarata inammissibile per mancanza di una motivazione sulla non manifesta infondatezza.
Poi, la questione relativa alla totale indeducibilità dell’IMU sui beni strumentali dall’IRAP, in riferimento all’art. 53 Cost. è stata dichiarata infondata. Sebbene il rimettente abbia delineato un quadro teorico comprensivo della natura dell’IRAP come un’imposta diretta sull’attività produttiva, l’argomentazione non è stata adeguatamente supportata: mentre l’IMU sui beni strumentali può essere considerata un onere inerente alla produzione, tale affermazione richiede una connessione diretta con i principi costituzionali in questione.
I giudici hanno chiarito che la peculiarità dell’Irap nell’ordinamento italiano risiede nel suo presupposto, che non si limita al reddito o al patrimonio, bensì si basa sul valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate. La giustificazione dell’IRAP risiede nella sua funzione di incrementare l’autonomia finanziaria delle regioni, sostituendo diverse forme di prelievo.
In definitiva, la distinzione fondamentale tra l’IRAP e l’IRES risiede nella struttura dell’imposta e nella determinazione della base imponibile. Mentre nell’IRES l’elemento materiale del presupposto è il reddito netto, consentendo una deduzione dell’IMU sugli immobili strumentali in linea con il principio di inerenza, nell’IRAP il presupposto si identifica con il valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione. Tale distinzione si riflette nella modalità di determinazione della base imponibile dell’IRAP, che varia a seconda dei soggetti passivi. Tale approccio si discosta notevolmente dalla determinazione della base imponibile dell’IRES, dove il principio di inerenza non consentirebbe una simile esclusione.
La metodologia impositiva particolare adottata dall’IRAP mette in luce una distinzione sostanziale nel metodo di calcolo del valore della produzione netta rispetto al reddito netto. Questa differenza si riflette nel trattamento dei costi associati, che sono deducibili nell’IRES ma non necessariamente nell’IRAP. Di conseguenza, il principio della deducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali, affermato dalla Corte in relazione all’IRES, non può essere trasferito in modo automatico all’IRAP. Il giudice rimettente, utilizzando concetti come la “ricchezza non realmente prodotta” e richiamando la nozione di inerenza sviluppata in relazione all’imposta sul reddito, tenta di estendere questo principio senza considerare la diversità della struttura dell’IRAP.
In conclusione, la mancanza di disposizioni normative specifiche relative all’IRAP impedisce l’estensione automatica della conclusione raggiunta dalla stessa Corte con la sentenza n. 262 del 2020 riguardo all’IRES. La diversità tra i due tributi, i loro presupposti e le basi imponibili, unitamente alle differenti normative di riferimento, dimostra che gli argomenti che hanno portato alla deduzione dell’IMU sugli immobili strumentali nell’IRES non possono essere rimessi all’IRAP.

Conclusioni

In conclusione, la Corte ha dichiarato inammissibili le questioni relative all’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2011  in base agli articoli 3, 41 e 53 della Costituzione.
Analogamente, le questioni di legittimità costituzionale riguardanti la parziale deducibilità dell’IRES dell’IMU versata per gli immobili strumentali sono state dichiarate inammissibili, sempre con riferimento agli articoli 3, 41 e 53 della Costituzione.
Infine, la Corte ha esaminato la questione riguardante la totale indeducibilità dell’IRAP dall’IMU versata per gli immobili strumentali e l’ha dichiarata non fondata, facendo riferimento all’articolo 53 e 3 Cost.

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