Decorrenza del termine per impugnare: sufficiente l’estrazione di copia autentica della sentenza?

La Cassazione Seconda Sezione Civile, con ordinanza n. 8296 del 27.03.2024, ha affrontato la problematica relativa alla decorrenza del termine breve per impugnare di cui all’art. 325 c.p.c., e, segnatamente, se tale termine decorra solo dalla data della notificazione della sentenza oppure possa decorrere anche dalla data in cui l’impugnante abbia ottenuto il rilascio della sentenza stessa in copia autentica.

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Corte di Cassazione-sez.II civ.-ord. n. 8296 del 27-03-2024

La questione

Il ricorrente aveva impugnato dinanzi al Tribunale, in qualità di Giudice di appello, la sentenza del Giudice di Pace.
Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto l’appello in quanto proposto fuori termine, motivando tale decisione come segue: l’avvenuta richiesta di rilascio della sentenza di primo grado in copia autentica e la successiva consegna di quest’ultima ad opera del cancelliere, sono da considerarsi equivalenti alla comunicazione di cancelleria, e quindi, determinando esse la conoscenza formale del provvedimento da impugnare, non può applicarsi il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. ma deve applicarsi il più breve termine di 30 gg. previsto dall’art. 325 c.p.c. .
Il ricorrente ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione ex art. 360 n. 4 c.p.c. (ossia “nullità della sentenza o del procedimento”), affermando che il termine breve di 30 gg. di cui all’art. 325 c.p.c. decorre soltanto dalla notificazione della sentenza, e non dall’estrazione di copia di quest’ultima.
La Suprema Corte ha dichiarato fondato il ricorso.
L’art. 326 c.p.c. stabilisce che i termini previsti dall’art. 325 c.p.c. “decorrono dalla notificazione della sentenza”. L’unica eccezione è quella che riguarda i casi di ricorso per revocazione ex art. 395 c.p.c., per i quali il termine per impugnare decorre dal momento in cui è stato scoperto il fatto che costituisce il presupposto del ricorso.
L’art. 327 c.p.c. stabilisce che “indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell’articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”. La norma prevede che i 6 mesi entro i quali proporre il ricorso in appello decorrono da quando la sentenza sia stata pubblicata, e ciò anche nel caso in cui la stessa sia già stata notificata a colui che intende impugnarla. Pertanto, non è la notifica a determinare la “conoscenza” della sentenza, bensì la pubblicazione.
La tesi del Giudice d’Appello si basa su questo: siccome l’Avvocato ha avuto conoscenza del provvedimento in via autonoma, e cioè mediante il rilascio di copia autentica, e quindi né con la notifica né con la pubblicazione, il termine per impugnare deve decorrere da quando questi abbia acquisito tale conoscenza; come se il fatto di aver ottenuto questa conoscenza al di fuori dei canali ordinari, dovesse comportare, quale contrappeso, quello di dover impugnare entro un termine più breve, in tal caso appunto i 30 gg. stabiliti dall’art. 325 c.p.c.

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Infondatezza della tesi secondo cui il termine per impugnare decorre dall’estrazione di copia del provvedimento, anziché dalla notifica di quest’ultimo

La tesi del Giudice d’Appello non convince per i seguenti motivi:

  • l’art. 327 c.p.c., stabilendo che l’appello non può comunque essere proposto dopo 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, e ciò anche nel caso in cui la notifica sia avvenuta prima (ossia “indipendentemente” da quest’ultima), rappresenta una norma di chiusura, perché essa, nonostante la perentorietà del termine di 30 gg. dalla notifica prevista dall’art. 325 c.p.c., fissa comunque, ai fini dell’impugnazione, un termine più ampio (6 mesi). Quindi, anche se l’Avvocato, anziché farsi rilasciare la copia autentica della sentenza, avesse atteso la notifica, in ogni caso l’appello, se proposto entro i 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, avrebbe dovuto essere considerato come proposto entro i termini, e, di conseguenza, non avrebbe dovuto essere respinto.
  • Ai sensi dell’art. 133 c.p.c. la sentenza viene resa pubblica mediante il deposito presso la cancelleria del Giudice che l’ha pronunciata, dopo di che il cancelliere appone in calce alla sentenza la data del deposito ed entro 5 gg. ne dà comunicazione alle parti.

Ebbene, il comma 2 dell’art. 133 c.p.c. prevede che la suddetta comunicazione “non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’ art. 325”. Ciò vuol dire che, affinchè tale termine possa decorrere, occorre comunque attendere la notifica di cui all’art. 325 c.p.c.; sarà solo quest’ultima a determinare il momento a partire dal quale impugnare, anche se il ricorrente abbia comunque già avuto – tramite appunto la “comunicazione” fornita dal cancelliere, comunicazione che, lo si ricordi, deve riportare il testo integrale della sentenza – conoscenza del provvedimento.
Ma, allora, questo principio dovrebbe applicarsi anche al caso di specie: la conoscenza del provvedimento che l’Avvocato abbia avuto mediante il rilascio di copia, e quindi attraverso un canale diverso dalla notifica, non dovrebbe risultare idonea, suo malgrado, a far decorrere il termine per impugnare, in quanto la decorrenza di quest’ultimo è data soltanto dalla notifica. 

  • L’Avvocato vuole ottenere il rilascio della copia della sentenza da impugnare perché ha interesse a verificare in modo tempestivo, ossia prima ancora che la stessa venga notificata dalla cancelleria, se sussistono fondate ragioni per poterla impugnare, e quindi allo scopo di accertare se il diritto di difesa potrà essere utilmente esercitato o meno. Ciò gli permette di avere più tempo a disposizione per eseguire questa verifica e proprio tale maggior tempo gli garantirà di poter elaborare ancor meglio la propria linea di difesa. Invece, se egli attende la notifica dalla cancelleria, questo tempo si restringe, e pertanto la possibilità di articolare una linea difensiva dettagliata ed efficace si riduce. La sacralità ed inviolabilità del diritto di difesa, stabiliti dall’art. 24 della Costituzione, sono la conferma che occorre dare, a colui che ha interesse ad impugnare, la possibilità di esaminare attentamente tutti i risvolti (soprattutto quelli negativi) che un’eventuale causa comporterebbe, e tale esame, per poter essere approfondito, necessita di “tempo”, un fattore quest’ultimo il quale, vista la tutela costituzionale sopra citata, non sembra poter essere compromesso dal fatto che l’Avvocato abbia visionato la sentenza prima ancora della notifica da parte della cancelleria.

Conclusioni

Pertanto, anche se egli abbia avuto conoscenza della sentenza prima ancora della notifica, il termine per impugnare dovrebbe decorrere sempre e soltanto da quest’ultima, fermo comunque restando, come sopra detto, che l’art. 327 c.p.c., nel consentire l’impugnazione semestrale a prescindere dalla notifica, costituisce una norma di chiusura, come tale prevalente sulla perentorietà del più breve termine (30 gg.) fissato dall’art. 325 c.p.c.

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Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

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