Sommario: 1. I diritti e i doveri di cui all’art. 143 c.c., la loro violazione e la responsabilità coniugale. – 2. Tra le prove atipiche e le prove presuntive nei giudizi di responsabilità coniugale. – 3. L’art. 143 c.c.: il contenuto del dovere di assistenza morale e materiale. – 3.1. La violazione del dovere di assistenza morale e materiale come danno da coartazione della personalità del coniuge.
Quando le parti contraggono matrimonio si trovano ad assumere e a dover rispettare diversi diritti e doveri che da siffatta promessa derivino; differenti però possono essere le situazioni e i momenti di crisi tra i coniugi tali, da far addiviene a separazione.
Molte volte essa può scaturire da comportamenti tali da arrecare danni fisici e/o morali all’uno o all’altro coniuge, conseguentemente comportando in capo alla parte che lo ha cagionato un addebito di responsabilità.
1. I diritti e i doveri di cui all’art. 143 c.c, la loro violazione e la responsabilità coniugale.
L’art. 143 c.c., così come previsto dal R.D. 16 Marzo 1942, n. 262 e successive modificazioni – rubricato “Diritti e doveri reciproci dei coniugi” – stabilisce come con il matrimonio le parti acquistano reciproci diritti e doveri, annoverando tra gli stessi l’obbligo di fedeltà, dell’assistenza morale e materiale, della collaborazione nell’interesse della famiglia e della coabitazione.
È oramai noto come tali doveri assumano natura giuridicamente rilevante, anche considerando la loro inderogabilità prevista ex art. 160 c.c., e tanto più che la loro violazione[1], in quanto abbia cagionato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, può essere sanzionata con l’addebito della separazione.[2] Sul punto, pare doveroso precisare come la loro violazione non sia però requisito sufficiente affinché si possa configurare una responsabilità civile del coniuge inosservante. In merito è necessario che la condotta illecita tenuta dalla parte inadempiente, abbia cagionato un danno ingiusto, rappresentato dalla lesione di un diritto inviolabile costituzionalmente garantito (diritto alla salute, diritto alla dignità personale ecc.).
Tale pregiudizio non può considerarsi in re ipsa per il solo fatto che si ipotizzi un danno pertinente alla lesione di un diritto costituzionalmente garantito, né può consistere in una mera sofferenza psichica dovuta alla condotta del trasgressore, salvo che questa –come affermato dalla giurisprudenza – non implica la lesione di un bene protetto[3].
Affinché si possa perfezionare una responsabilità coniugale – anche sulla base dei più recenti orientamenti della Corte di Cassazione – risulta necessario sia allegare e provare la violazione dei “doveri nascenti dal matrimonio”, che la prova di un danno da lesione dei diritti inviolabili costituzionalmente protetti.[4]
2. Tra le prove atipiche e le prove presuntive nei giudizi di responsabilità coniugale
Nei giudizi finalizzati ad accertare l’esistenza di una responsabilità coniugale, menzione risulta doverosa in merito all’onere di allegazione. Sul punto, bisogna segnalare l’importanza assunta dalle prove atipiche e dalle prove presuntive.
In merito alle prove atipiche – nei giudizi di separazione – qualora si ravvisino circostanze di fatto tali da far indurre una responsabilità coniugale, è fatta possibilità per il giudice di trarne la relativa prova, fondandone il suo convincimento al fine del decidere, nel rispetto delle regole circa l’ammissibilità delle prove atipiche nel processo civile. Sul punto la Cassazione Civile, con sentenza n. 12763 del 26 settembre del 2000, confermando quanto ora detto, ha affermato come “il giudice può legittimamente porre alla base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purché idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico con le altre risultanze del processo”.[5]
Per le prove presuntive, la questione risulta più complessa. Sul tema, vige il criterio secondo cui “le circostanze sulle quali la presunzione si fonda devono essere tali da lasciare apparire l’esistenza del fatto ignoto come conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, dovendosi ravvisare una connessione fra i fatti accertati e quelli ignoti secondo regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità”. [6]
Le stesse non necessariamente devono fondarsi su molteplici fatti provati; risulta sufficiente un unico elemento idoneo a fondare il convincimento del giudice sulla base di una adeguata interferenza probabilistica, non essendo rilevante la connessione tra fatto noto e fatto ignoto.[7]
Dal punto di vista probatorio, il loro onere di allegazione, finalizzato a fondare la decisione del giudice è essenziale.
3. L’art. 143 c.c.: il contenuto del dovere di assistenza morale e materiale.
Come detto ut supra (§ 1) l’art. 143 c.c., tra i doveri acquisiti dalle parti con l’unione coniugale annovera il c.d. dovere di assistenza morale e materiale.
Ciò detto, la dottrina, ormai unanime sul punto, identifica l’oggetto di tale obbligo “nell’aiuto, nei bisogni di vita quotidiana nonché nell’ausilio nella cura della casa e delle persone, ma anche, nel dovere di assistenza in caso di malattia o di reclusione […]”[8].
Difficoltosa risulta l’individuazione del contenuto di tale dovere-obbligo: da più parti si è sottolineato come “i suoi contorni giuridici” non siano “di agevole definizione, restando l’attuazione nella maggior parte affidata alla capacità di conforto nelle incertezze e nelle difficoltà quotidiane” ovvero “nell’impegno reciproco nella sfera affettiva, psicologica e spirituale”, ovvero “nell’impegno reciproco di comprendersi, sostenersi, rispettarsi, sia sul piano dei sentimenti che su quello più generale della concezione di vita”.[9]
Sono stati ritenuti lesivi della personalità del coniuge e, conseguentemente contrari al dovere di assistenza morale e materiale tutti quei comportamenti caratterizzati dalla noncuranza per la personalità del coniuge[10] (ricomprendendo, in senso più ampio, l’aggressione gratuita sulla personalità del coniuge con lo scopo di ostacolarla).
3.1. La violazione del dovere di assistenza morale e materiale come danno da coartazione della personalità del coniuge
La violazione del dovere di assistenza morale e materiale si può manifestare sia in maniera episodica che in maniera protratta nel tempo. Ciò detto, qualora la condotta diviene concretamente aggressiva al punto tale da “soggiogare” la personalità del coniuge, può cagionare un danno c.d. da coartazione della personalità del coniuge.
Una situazione che, per i suoi caratteri può essere assoggettata a quell’istituto che nel diritto del lavoro prende il nome di “mobbing”, inteso quale condotta caratterizzata da comportamenti persecutori, illeciti, di natura psicofisica posti in essere in modo sistematico e prolungato nel tempo, esercitati da un gruppo di soggetti nei confronti di una o più persone allo scopo di ingenerare solitudine, emarginazione, abbandono, timore, conseguentemente portandolo ad uno stato di isolamento, con intento fortemente vessatorio.[11]
Di conseguenza, si può presumere fondata non solo la presunzione che quest’ultima avesse potuto esplicarsi nel rapporto coniugale, ma, che ne sia stata ostacolata e limitata nel proprio sviluppo. Ciò concretizza una violazione al libero sviluppo della personalità, diritto costituzionalmente garantito e protetto (così come previsto dall’art. 2 Cost.) con susseguente responsabilità civile del coniuge, autore delle condotte persecutorie e/o vessatorie e responsabile del risarcimento del danno da coartazione della personalità del coniuge.
Si perfeziona una vera e propria violenza psicologica e morale tramite la quale il coniuge, costruendo intorno alla personalità dell’altro un vero e proprio stato di costrizione, impedisce a quest’ultimo di agire e relazionarsi liberamente, precludendogli una molteplicità di attività quali espressive della sua personalità, deviandola dal suo sviluppo.
La coartazione della personalità è il fulcro del problema: il comportamento vessatorio, a prescindere dalla forma che viene assunta dall’autore, porta in capo al danneggiato, al medesimo risultato. “Non si tratta di un pregiudizio <<transeunte>>, ma di un danno (almeno di regola) permanente”[12].
Emblematica sul punto è stata la Sentenza del Tribunale di Belluno, sez. civile del 19 Dicembre 2012 con la quale si è affermato come condotte umilianti e vessatorie del coniuge, protratte nel tempo, avevano finito per imporre, nei confronti dell’altra parte una limitazione delle relazioni sociali, coartandone la personalità, provocando il c.d. illecito coniugale.
Con siffatto danno da coartazione, il danneggiato diventa ed assume comportamenti diversi da quelli abituali, addivenendo a costruire (anche) una esistenza diversa rispetto a quella che sarebbe potuta divenire, precludendo o quantomeno, limitando le relazioni sociali.
Come già precedentemente detto, in queste ipotesi, per determinare il danno da coartazione, elemento rilevante risulta essere il prudente apprezzamento del giudice di merito che, sulla base delle circostanze e delle presunzioni dovrà valutare.
[1] Cfr. Cass. civ. 10 maggio 2005, n. 9801, in Giust. Civ., ed. 2006, con nota di Morace Pinelli.
[2] Cfr. Cass. civ. 2 ottobre 2012, n. 16767. Sul punto, la Corte di Cassazione in tema di separazione tra coniugi ha affermato come “la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri di cui all’art. 143 c.c., ma risulta necessario l’accertamento del nesso causale che ha determinato la crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza. Pertanto, nel caso in cui il mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito” (Cass. civ., Sez. VI-1, Ord., 12 Maggio 2017 n. 11929). In dottrina, si è confermato l’orientamento giurisprudenziale oramai consolidato (sul punto, si veda SALITO, Le situazioni familiari, in Trattato della responsabilità civile, Padova, ed. 2012 p. 374).
[3] Cfr. Cass. civ., 15 settembre 2011, n. 18853.
[4] Si veda per approfondimento, G. MIOTTO, Danno da coartazione della responsabilità del coniuge, obblighi di assistenza derivanti dal matrimonio ed onere dalla prova, in Resp. civ. e prev., ed. Giuffré, n. 5/2013, pp. 1650-1651.
[5] Secondo la Cass. civ. Sez. I Ord., 10/10/2018, n. 25067 “Il giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche come quelle raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti, fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione, senza che rilevi la divergenza delle regole, proprie di quel procedimento, relative all’ammissione e all’assunzione della prova”.
Discussa in dottrina e giurisprudenza è l’efficacia delle prove atipiche: se secondo l’orientamento dottrinale, siffatta tipologia di prove sono utilizzabili soltanto nell’ambito dello schema tipico delle presunzioni semplici – e di conseguenza, nei limiti della gravità, della precisione e della concordanza, così come stabiliti ex art. 2729, co. 1 c.p.c. – secondo la giurisprudenza, invece, così come ormai da orientamento consolidatosi, esse hanno valore di meri indizi e come tali, possono essere usati anche al di fuori del limite stabilito ex art. 2729, co. 1 c.p.c., lasciando tutto al mero apprezzamento del giudice. Si veda, TARUFFO, La prova dei fatti giuridici, Nozioni generali in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, ed. 1992, pp. 337-337 e 389 e ss.
[6] Cfr. Cass. civ., 22 maggio 2009, n. 11904; Cass. civ., 12 marzo 2013, n. 6125.
[7] Cfr. Cass. civ., 5 giugno 2007, n. 13082; Cass. civ., 23 febbraio 2010, n. 4306;
[8]Si veda, PARADISO, I rapporti personali tra coniugi, in Codice Civile – Commentario, Milano, ed. 2012, p. 73.
[9] Si veda per approfondimento, DE CICCO – G. MIOTTO, Danno da coartazione della responsabilità del coniuge, obblighi di assistenza derivanti dal matrimonio ed onere dalla prova, in Resp. civ. e prev., ed. Giuffré, n. 5/2013, p. 373; p. 1658.
[10] Cfr. Cass. civ., 30 dicembre 1981, n. 6775; G. MIOTTO, Danno da coartazione della responsabilità del coniuge, obblighi di assistenza derivanti dal matrimonio ed onere dalla prova, in Resp. civ. e prev., ed. Giuffré, n. 5/2013, p. 1650.
[11] Cfr. Cass. civ., 31 maggio 2011, n. 12048 in Riv. it. Dir. lav., Fasc. 1/2012, p. 59; Cass. civ. Sez. lavoro, 27/11/2018, n. 30673; Trib. Velletri Sez. lavoro, Sent., 22/01/2019.
[12] Si veda per approfondimento, G. MIOTTO, Danno da coartazione della responsabilità del coniuge, obblighi di assistenza derivanti dal matrimonio ed onere dalla prova, in Resp. civ. e prev., ed. Giuffré, n. 5/2013, p. 373; p. 1665.