Costituzione in giudizio a mezzo posta: è nulla ma il vizio può essere sanato

Con la sentenza n. 12509 del 17 giugno 2015, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito se sia ammessa la costituzione in giudizio a mezzo del servizio postale.

Nel caso di specie, era stata ritenuta non rituale la comparsa di costituzione trasmessa alla cancelleria a mezzo posta, senza che potesse attribuirsi rilievo all’apposizione da parte del cancelliere dell’attestazione “depositato” invece che dell’attestazione, più fedelmente descrittiva della realtà, “pervenuto in cancelleria”. La parte, dichiarata contumace e successivamente condannata sia in primo che in secondo grado, proponeva dunque ricorso in Cassazione.

Invocando il principio di libertà delle forme, la Suprema Corte, in primo luogo, ha evidenziato che tutte le forme degli atti del processo sono previste non per la realizzazione di un fine proprio ed autonomo, ma allo scopo del raggiungimento di un certo risultato, con la conseguenza che l’eventuale inosservanza della prescrizione formale sarebbe irrilevante se l’atto viziato raggiunge ugualmente lo scopo cui era destinato.

Secondo la Corte di legittimità, il deposito degli atti sarebbe inoltre privo di qualsiasi contenuto volitivo: in mancanza di specifiche esigenze dovrebbe dunque essere irrilevante il soggetto che materialmente proceda alla consegna. Peraltro non sarebbe richiesto il contatto interpersonale tra depositante e cancelliere e del resto il ricorso al mezzo postale non pregiudicherebbe le esigenze di controllo, rispondendo semmai “a ragioni di maggiore certezza, tanto da essere utilizzato per le notificazioni“.

In conclusione, La Cassazione ha confermato che l’invio a mezzo posta dell’atto processuale destinato alla cancelleria – al di fuori delle ipotesi speciali relative al giudizio di cassazione, al giudizio tributario ed a quello di opposizione ad ordinanza ingiunzione – realizza un deposito dell’atto irrituale, in quanto non previsto dalla legge. Tuttavia, riguardando un’attività materiale priva di requisito volitivo autonomo, che non deve perciò essere necessariamente compiuta dal difensore, può essere idoneo a raggiungere lo scopo, con conseguente sanatoria del vizio ex art. 156 c.p.c., comma 3.

Sanatoria che, come espressamente specificato, decorre dalla data di ricezione dell’atto da parte del cancelliere ai fini processuali, ed in nessun caso da quella di spedizione

Dato rilievo all’intervenuto raggiungimento dello scopo, avendo il cancelliere ricevuto il fascicolo e avendo valutato regolare il suo contenuto e il suo deposito, la Corte ha pertanto ritenuto fondato il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa, anche per le spese, al Tribunale in diversa composizione.

(Corte di Cassazione, I Sez. civile, sentenza n. 12509 del 17 giugno 2015)

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