Convalida delle dimissioni nel periodo di prova: tutela della genitorialità e interpretazione ministeriale

La tutela della genitorialità rappresenta uno dei principi fondanti del diritto del lavoro italiano, disciplinato principalmente dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, noto come Testo unico sulla maternità e paternità. In particolare, l’articolo 55, comma 4, prevede che le dimissioni rassegnate da una lavoratrice in gravidanza o da un genitore nei primi tre anni di vita del figlio debbano essere convalidate presso l’Ispettorato territoriale del lavoro, al fine di garantire che la decisione sia frutto di una volontà libera e consapevole. Con la nota n. 14744 del 13 ottobre 2025 (clicca qui per scaricare il PDF integrale), il Ministero del Lavoro ha chiarito che tale obbligo si estende anche alle dimissioni presentate durante il periodo di prova, risolvendo un nodo interpretativo che aveva generato incertezza nella prassi applicativa e nella dottrina.

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Premessa

La protezione della genitorialità nel contesto lavorativo non si limita alla salvaguardia della posizione contrattuale, ma si estende alla tutela della libertà decisionale e della dignità della persona in un momento particolarmente delicato della vita familiare. Il d.lgs. . 151/2001 raccoglie le principali disposizioni normative volte a garantire che la maternità e la paternità non diventino fattori di discriminazione o svantaggio nel rapporto di lavoro. Tra queste misure, si colloca l’obbligo di convalida delle dimissioni, che rappresenta un presidio di legalità e trasparenza. La nota ministeriale n. 14744 del 13 ottobre 2025 ha chiarito che tale obbligo si applica anche nel periodo di prova, superando interpretazioni restrittive e confermando l’orientamento giurisprudenziale consolidato.

Quadro normativo

L’articolo 55, comma 4, del d.lgs. 51/2001 stabilisce che le dimissioni rassegnate da una lavoratrice durante la gravidanza o da un genitore nei primi tre anni di vita del figlio devono essere convalidate presso l’Ispettorato territoriale del lavoro. La norma attribuisce all’Ispettorato un ruolo attivo di garanzia, volto a verificare che la decisione di dimettersi sia espressione di una volontà libera, consapevole e non indotta da pressioni o condizionamenti. In assenza di convalida, le dimissioni non producono effetti giuridici.

Questa disposizione si coordina con l’articolo 54 dello stesso decreto, che sancisce il divieto di licenziamento della lavoratrice dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, nonché del lavoratore padre nei periodi di congedo. Mentre l’art. 54 protegge il rapporto da un recesso unilaterale del datore di lavoro, l’art. 55 tutela la genuinità di un recesso volontario del lavoratore, assicurando che la decisione non sia imposta o suggerita in modo surrettizio. Le due norme operano su piani distinti ma complementari, contribuendo alla costruzione di un sistema di protezione integrato.

Evoluzione legislativa: la riforma Fornero

In origine, la disciplina prevedeva l’obbligo di convalida solo per le dimissioni rassegnate entro il primo anno di vita del bambino. Con la Legge n. 92/2012, nota come riforma Fornero, l’obbligo è stato esteso fino al compimento del terzo anno. Tale estensione ha rafforzato il sistema di protezione, separando la funzione della convalida da quella del divieto di licenziamento.

La convalida è così divenuta uno strumento autonomo e permanente di tutela, finalizzato a garantire la libertà di autodeterminazione del lavoratore-genitore anche nelle fasi successive al rientro dalla maternità o paternità. Da questa evoluzione normativa discende la logica estensione dell’obbligo di convalida anche al periodo di prova, che, pur essendo una fase iniziale del rapporto, non può considerarsi estranea al campo di applicazione della norma.

Natura giuridica e ratio della convalida

La convalida delle dimissioni costituisce un atto amministrativo di controllo, finalizzato a verificare la volontà effettiva del lavoratore e a prevenire qualsiasi forma di coercizione o influenza indebita da parte del datore di lavoro. Non si tratta di una mera formalità, ma di un presidio sostanziale di tutela della dignità e della libertà negoziale del lavoratore-genitore.

La ratio legis è quella di impedire che la genitorialità diventi causa di discriminazione, diretta o indiretta, nel rapporto di lavoro. Sul piano interpretativo, la norma deve essere letta secondo i criteri dell’art. 12 delle Preleggi, che impongono di considerare sia il significato letterale sia la finalità della disposizione. Poiché l’art. 55, comma 4, non contiene alcuna esclusione per il periodo di prova, e la finalità è quella di proteggere il genitore lavoratore in qualunque momento del rapporto, la tutela deve applicarsi anche durante la prova.

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Approfondimento giurisprudenziale

La giurisprudenza ha consolidato il principio secondo cui le tutele di maternità e paternità operano in ogni fase del rapporto di lavoro. In particolare, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 23061 del 2007, ha affermato che:

“Il divieto di licenziamento e le garanzie in materia di tutela della maternità e della paternità operano anche durante il periodo di prova, poiché si tratta di diritti fondamentali della persona lavoratrice, insuscettibili di deroghe per effetto della natura del rapporto o della fase contrattuale”.

La Corte ha quindi ritenuto nullo un licenziamento indiretto verificatosi in periodo di prova, riconoscendo la piena applicazione delle tutele antidiscriminatorie anche in quella fase. Sentenze successive, tra cui Cass. civ., sez. lav., n. 5986/2021, hanno ribadito il carattere imperativo della tutela della genitorialità, confermando che nessuna clausola contrattuale o patto individuale può limitare l’efficacia delle misure previste dagli articoli 54 e 55 del d.lgs. 151/2001.

Caso pratico

Per comprendere concretamente l’applicazione dell’obbligo di convalida delle dimissioni nel periodo di prova, si può ipotizzare il caso di una lavoratrice assunta con contratto a tempo indeterminato, soggetto a un periodo di prova di sei mesi. Dopo aver partorito, la lavoratrice, nel secondo mese di prova, decide di interrompere il rapporto di lavoro per dedicarsi alla cura del figlio. Presenta quindi una lettera di dimissioni direttamente al datore di lavoro.

In base all’articolo 55, comma 4, del d.lgs. . 151/2001, tale atto non è sufficiente a determinare la cessazione del rapporto: le dimissioni devono essere convalidate presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente. La procedura di convalida prevede che la lavoratrice prenda appuntamento, si presenti personalmente all’Ispettorato e venga ricevuta da un funzionario ispettivo, il quale ha il compito di verificare l’identità della persona, la consapevolezza della decisione e l’assenza di condizionamenti o pressioni esterne. Solo al termine di questo colloquio, se la volontà di dimettersi risulta libera e genuina, viene rilasciato un verbale di convalida che attesta l’efficacia dell’atto.

È importante sottolineare che, in assenza di tale convalida, le dimissioni non producono effetti giuridici e il rapporto di lavoro deve considerarsi ancora in essere. Questo meccanismo di verifica si applica anche nel periodo di prova, proprio per evitare che la fase iniziale del rapporto, spesso caratterizzata da maggiore vulnerabilità, diventi terreno fertile per pressioni indebite o dimissioni indotte.

Implicazioni per i datori di lavoro

L’estensione dell’obbligo di convalida delle dimissioni anche al periodo di prova comporta conseguenze significative per i datori di lavoro, sia sul piano operativo che su quello giuridico. In primo luogo, il datore ha il dovere di informare correttamente i lavoratori e le lavoratrici in gravidanza o con figli nei primi tre anni di vita circa la necessità di procedere alla convalida delle dimissioni presso l’Ispettorato territoriale. Tale informazione dovrebbe essere fornita già in fase di assunzione, soprattutto nei casi in cui il contratto preveda un periodo di prova.

In secondo luogo, il datore di lavoro deve astenersi da qualsiasi comportamento che possa configurare una pressione, un invito esplicito o implicito a dimettersi, o una strategia volta a indurre il lavoratore a lasciare volontariamente il posto. Qualsiasi condotta che possa essere interpretata come coercitiva o discriminatoria, soprattutto se rivolta a genitori lavoratori in fase protetta, può integrare gli estremi di un licenziamento indiretto, con tutte le conseguenze previste dalla normativa vigente.

Infatti, in caso di dimissioni non convalidate, il rapporto di lavoro non si estingue e il datore potrebbe trovarsi esposto a contestazioni, ispezioni e potenziali sanzioni. Qualora emergano elementi che dimostrino un comportamento discriminatorio o una violazione delle tutele previste per la maternità e la paternità, l’azienda potrebbe essere chiamata a rispondere anche in sede giudiziaria, con il rischio di dover reintegrare il lavoratore, risarcire il danno subito e subire un danno reputazionale.

In definitiva, il rispetto dell’obbligo di convalida non è solo un adempimento formale, ma rappresenta una garanzia sostanziale di legalità e correttezza nei rapporti di lavoro. Per questo motivo, le imprese sono chiamate a sviluppare una cultura organizzativa fondata sul rispetto dei diritti della persona e sulla promozione di ambienti di lavoro inclusivi e non discriminatori.

Fondamento costituzionale ed europeo

La disciplina relativa alla convalida delle dimissioni dei genitori lavoratori trova un solido fondamento non solo nella normativa nazionale, ma anche nei principi costituzionali e nelle fonti sovranazionali che regolano il diritto del lavoro e la tutela della famiglia.

Fondamento costituzionale

A livello costituzionale, l’articolo 31 della Costituzione italiana stabilisce che la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e la tutela della maternità, dell’infanzia e della gioventù. Questo principio impone al legislatore e agli organi amministrativi di adottare strumenti che proteggano la genitorialità in tutte le sue manifestazioni, comprese quelle che si realizzano nel contesto lavorativo. L’articolo 37, inoltre, garantisce alle madri lavoratrici condizioni di lavoro che consentano l’adempimento della loro funzione familiare, affermando il diritto alla parità sostanziale tra uomo e donna nel mondo del lavoro.

Fondamento europeo

Sul piano europeo, l’articolo 33 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea riconosce il diritto alla protezione contro il licenziamento per motivi legati alla maternità, nonché il diritto a congedi parentali dopo la nascita o l’adozione di un figlio. Questi diritti, che hanno valore vincolante per gli Stati membri, impongono l’adozione di misure concrete per garantire che la genitorialità non diventi causa di esclusione o penalizzazione nel mercato del lavoro.

Fondamento internazionale

A livello internazionale, la Convenzione n. 183 del 2000 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), ratificata dall’Italia, stabilisce che le lavoratrici devono essere protette contro il licenziamento durante la gravidanza, il congedo di maternità e il periodo successivo al rientro al lavoro. La Convenzione impone agli Stati di adottare misure per prevenire la cessazione discriminatoria o indotta del rapporto di lavoro delle madri, rafforzando il principio di non discriminazione e di tutela della maternità.

La convalida come strumento di attuazione

La convalida delle dimissioni, in questo contesto, si configura come uno strumento interno di attuazione di tali principi, volto a garantire che la decisione di interrompere il rapporto di lavoro sia libera, consapevole e non condizionata da fattori esterni. Essa rappresenta una misura di garanzia che rafforza la coerenza tra il diritto interno e gli obblighi costituzionali ed europei, contribuendo alla realizzazione di un mercato del lavoro più equo e rispettoso della dignità della persona.

Conclusione

La nota ministeriale n. 14744 del 13 ottobre 2025 ha avuto il merito di chiarire un aspetto fondamentale della disciplina sulla tutela della genitorialità: l’obbligo di convalida delle dimissioni si applica anche durante il periodo di prova. Tale interpretazione, fondata su una lettura sistematica, letterale e teleologica dell’art. 55, comma 4, del d.lgs. . 151/2001, conferma che la protezione del genitore lavoratore non può subire sospensioni né eccezioni, nemmeno nelle fasi iniziali del rapporto di lavoro.

La convalida delle dimissioni si configura come uno strumento imprescindibile di tutela, volto a garantire che la scelta di interrompere il rapporto sia frutto di una volontà libera e non condizionata. Essa si affianca al divieto di licenziamento previsto dall’art. 54, ma ne rappresenta un presidio autonomo, esteso fino al terzo anno di vita del figlio, e applicabile anche nel periodo di prova.

In coerenza con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, con i principi costituzionali e con le fonti europee e internazionali, la convalida rafforza il sistema di protezione della genitorialità, contribuendo a rendere il mercato del lavoro più inclusivo, rispettoso delle esigenze familiari e fondato sulla centralità della persona. In definitiva, essa non è una semplice procedura amministrativa, ma un presidio di civiltà giuridica, che riafferma il valore della libertà, della dignità e della parità nel lavoro.

Domande frequenti sulla convalida delle dimissioni dei genitori lavoratori

Che cos’è la convalida delle dimissioni e perché è necessaria?

La convalida delle dimissioni è un atto amministrativo di controllo effettuato dall’Ispettorato territoriale del lavoro per verificare che la decisione del lavoratore-genitore di interrompere il rapporto di lavoro sia libera, consapevole e non condizionata da pressioni esterne. È necessaria per tutelare la dignità e la libertà decisionale del genitore in un momento particolarmente delicato della vita familiare.

Chi è tenuto a convalidare le proprie dimissioni?

Devono convalidare le dimissioni le lavoratrici in gravidanza e i genitori (madre o padre) che si dimettono durante i primi tre anni di vita del figlio. La tutela si applica indipendentemente dalla tipologia contrattuale e dalla fase del rapporto di lavoro.

L’obbligo di convalida si applica anche durante il periodo di prova?

Sì. La nota ministeriale n. 14744 del 13 ottobre 2025 ha chiarito definitivamente che l’obbligo di convalida delle dimissioni si applica anche durante il periodo di prova. L’articolo 55, comma 4, del d.lgs. 151/2001 non prevede alcuna esclusione per questa fase del rapporto di lavoro.

Cosa succede se le dimissioni non vengono convalidate?

In assenza di convalida, le dimissioni non producono effetti giuridici e il rapporto di lavoro deve considerarsi ancora in essere. Il datore di lavoro non può considerare cessato il rapporto e potrebbe essere esposto a contestazioni, ispezioni e potenziali sanzioni.

Come si svolge la procedura di convalida?

Il lavoratore o la lavoratrice deve prendere appuntamento presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente, presentarsi personalmente ed essere ricevuto da un funzionario ispettivo. Quest’ultimo verifica l’identità della persona, la consapevolezza della decisione e l’assenza di condizionamenti. Solo al termine del colloquio, se la volontà risulta libera e genuina, viene rilasciato un verbale di convalida che attesta l’efficacia dell’atto.

La convalida è obbligatoria anche per i padri lavoratori?

Sì. La tutela della genitorialità si applica sia alle madri che ai padri lavoratori durante i primi tre anni di vita del figlio, in coerenza con il principio di parità sostanziale tra uomo e donna nel mondo del lavoro sancito dall’articolo 37 della Costituzione.

Quali sono gli obblighi del datore di lavoro?

Il datore di lavoro deve informare correttamente i lavoratori e le lavoratrici in gravidanza o con figli nei primi tre anni circa la necessità di convalidare le dimissioni. Deve inoltre astenersi da qualsiasi comportamento che possa configurare una pressione o un invito a dimettersi, poiché tali condotte possono integrare gli estremi di un licenziamento indiretto con conseguenti responsabilità giuridiche.

La convalida sostituisce il divieto di licenziamento?

No. La convalida delle dimissioni (art. 55) e il divieto di licenziamento (art. 54) operano su piani distinti ma complementari. L’articolo 54 protegge il rapporto da un recesso unilaterale del datore, mentre l’articolo 55 tutela la genuinità di un recesso volontario del lavoratore. Il divieto di licenziamento si applica dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, mentre la convalida è obbligatoria fino al terzo anno.

Quali sono i fondamenti costituzionali ed europei di questa tutela?

A livello costituzionale, la tutela si fonda sugli articoli 31 e 37 della Costituzione italiana. Sul piano europeo, l’articolo 33 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea riconosce il diritto alla protezione contro il licenziamento per motivi legati alla maternità. A livello internazionale, la Convenzione n. 183 del 2000 dell’OIL impone agli Stati di proteggere le lavoratrici contro il licenziamento durante la gravidanza e il periodo successivo.

Cosa rischia il datore di lavoro che non rispetta l’obbligo di convalida?

Il datore di lavoro che accetta dimissioni non convalidate può trovarsi esposto a contestazioni legali, ispezioni dell’Ispettorato del lavoro e sanzioni. Qualora emergano comportamenti discriminatori o violazioni delle tutele previste per la genitorialità, l’azienda potrebbe dover reintegrare il lavoratore, risarcire il danno subito e subire un danno reputazionale, oltre a rispondere in sede giudiziaria.

Abilitato all'esercizio della professione forense, con oltre dieci anni di esperienza nel settore legale delle agenzie per il lavoro. Ha operato con rigore e responsabilità nella gestione della somministrazione, selezione e amministrazione del personale, maturando una competenza profonda e trasversale nel diritto del lavoro. La sua attività professionale si distingue per la capacità di coniugare prassi operativa e riflessione teorica, traducendo l’esperienza sul campo in contributi giuridici di taglio critico e sistematico. E’ autore di articoli che affrontano temi come la discriminazione algoritmica, la contrattualistica del lavoro e le implicazioni penali della gestione HR, con uno stile che unisce chiarezza espositiva e precisione dottrinale. Scrive con l’intento di offrire strumenti interpretativi e modelli operativi utili a giuristi, operatori e studiosi. Il suo approccio editoriale è strategico e consapevole: ogni contributo è pensato per generare impatto, stimolare il dibattito e favorire l’evoluzione del diritto vivente.

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