La Suprema Corte, dopo gli ultimi arresti in materia, prosegue sul filone giurisprudenziale a tutela del contraddittorio endo-procedimentale del contribuente. Questa volta il principio è stato affermato in tema di controllo formale della dichiarazione ex art. 36-ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Ai sensi del quarto comma della predetta norma, come ben noto, “l’esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarate, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione”.
Orbene, con la sentenza del 4 novembre 2015, n. 22489, la sezione Tributaria della Cassazione, dando continuità ad un orientamento giurisprudenziale di recente formulazione (Cass., sez. V, sent. 4 luglio 2014, n. 15311), ha ribadito che è nulla la cartella di pagamento se non preceduta dalla comunicazione dell’esito del controllo. In sede di controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti, l’Ufficio non può, dunque, legittimamente escludere detrazioni o deduzioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti, anche laddove la loro insussistenza emerga ictu oculi dallo stesso controllo formale.
Poiché, infatti, il controllo di cui all’art. 36-ter cit. si connota per l’effettuazione di controlli su dati e documenti esterni rispetto al mero contenuto cartolare della dichiarazione, la previa comunicazione dell’esito dei controlli al contribuente si rivela indispensabile ed irrinunciabile.
Ciò in quanto essa, in ossequio al principio dell’obbligatorietà del contraddittorio endo-procedimentale, “assolve ad una funzione di garanzia e realizza la necessaria interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente prima dell’iscrizione al ruolo”.
(Corte di Cassazione, sez. V civile, sentenza del 4 novembre 2015, n. 22489)