Il contratto a favore di terzo si inserisce nel contesto degli effetti del contratto prodotti nei confronti dei terzi.
Il dettato dell’art. 1411 c.c. prevede, infatti, la possibilità per le parti di concludere un contratto, introducendo una clausola (c.d. stipulazione) in virtù della quale gli effetti si producono in via diretta ed immediata nel patrimonio di un terzo.
Per tale motivo, non costituisce un contratto tipico, ma un modo di essere del contratto di volta in volta stipulato.[1]
Le parti contraenti sono da individuare nel promittente, ossia colui che si obbliga ad adempiere in favore del terzo, e nello stipulante, il soggetto che designa il soggetto terzo. Non è sufficiente che il terzo riceva un vantaggio economico, ma è necessario che la prestazione a suo favore sia prevista dai contraenti come elemento sinallagmatico del contratto.
Una delle caratteristiche essenziali è da rinvenire nell’interesse dello stipulante.[2] Ratio è da ravvisare nel fatto che, con il contratto a favore di terzo, lo stipulante potrebbe estinguere una preesistente obbligazione nei confronti del terzo; eseguire una controprestazione a fronte di una prestazione che il terzo compie nei suoi confronti, sulla scorta di un altro rapporto obbligatorio oppure compiere una liberalità. In tale ultimo caso, si tratta di liberalità indiretta.[3]
In giurisprudenza[4], si ritiene che tale interesse non debba necessariamente avere natura patrimoniale, ma potrebbe essere di carattere morale o affettivo.
Gli effetti nei confronti del terzo
Il contratto a favore di terzo produce i suoi effetti, in via immediata, nei confronti del terzo, senza che sia necessario che quest’ultimo manifesti la sua accettazione; salvo il caso in cui, le parti pattuiscano che il contratto sia subordinato all’accettazione del terzo.[5]
L’adesione del terzo non configura condicio iuris sospensiva dell’acquisto del diritto: l’effetto acquisitivo è, infatti, immediato, anche se può venire meno ex tunc in caso di revoca o di rifiuto (condizione risolutiva).
Il terzo può dichiarare di voler profittare della stipulazione in proprio favore, ma tale dichiarazione non costituisce accettazione in senso tecnico. Assume, invece, l’esclusiva funzione da un lato, di impedire la modifica o la revoca della stipulazione da parte dello stipulante; dall’altro, di consumare l’esercizio del potere di rifiuto.
Tale principio costituisce una deroga rispetto a quanto previsto all’art. 1372, comma 2 c.c., ai sensi del quale il contratto produce effetti solo nei confronti delle parti e non dei terzi.
L’acquisto del diritto, da parte del terzo, può essere condizionato da tre distinti fattori:
- a) rifiuto (volontà del terzo);
- b) revoca (volontà dello stipulante);
- c) vicende contrattuali.
Il contratto per conto di chi spetta
Tale tipologia contrattuale si inserisce nell’ambito del cosiddetta rappresentanza in incertam personam. Nel contratto per conto di chi spetta, infatti, un soggetto conclude un contratto nell’interesse di un altro, che al momento risulta ignoto.
Una delle principali ipotesi è il contratto di assicurazione: lo stipulante deve adempiere gli obblighi derivanti dal contratto, con la sola eccezione di quelli che, per loro natura, non possono essere altrimenti adempiuti dall’assicurato.[6]
La funzione della clausola “per conto di chi spetta”, inserita nell’art. 1891 c.c., è di carattere circolare, consiste, infatti, nella possibilità di un automatico ed incondizionato passaggio della garanzia assicurativa da un soggetto ad un altro, per effetto del semplice trasferimento del bene oggetto di assicurazione e, con esso, della titolarità dell’interesse al risarcimento del danno. In tal modo, si realizza la cosiddetta “ambulatorietà del diritto all’indennizzo”. [7]
Rispetto all’assicurazione per conto altrui, istituto anch’esso previsto all’art. 1891 comma 1 c.c., l’assicurazione per conto di chi spetta si caratterizza per il fatto che non presuppone una diversità soggettiva tra contraente ed assicurato. [8]
Di conseguenza, l’assicurazione per conto di chi spetta può trovare applicazione sia come assicurazione nell’interesse proprio, sia per conto altrui. Discrimine è da ravvisarsi nella titolarità dell’interesse assicurato nel corso dell’intera durata dal contratto.
La problematica della qualificazione: il rapporto con il contratto a favore di terzo.
Una delle questioni, che ha interessato dottrina e giurisprudenza, è l’inquadramento di tale tipologia contrattuale rispetto alle categorie generali.
Sul punto, è possibile distinguere due tesi.
Da un lato, la dottrina ritiene che debba rientrare nello schema del contratto a favore di terzo, seppur con disciplina parzialmente diversa.[9]
Dall’altro, altra parte della dottrina ritiene inapplicabile quanto previsto dall’art 1411 c.c., individuando nell’assicurazione per conto altrui, ovvero per conto di chi spetta, un’ipotesi di interposizione gestoria non rappresentativa.[10]
Anche la giurisprudenza si divide sul punto.
Taluni escludono la configurabilità quale contratto a favore di terzo, individuando una diversità strutturale delle discipline: nel contratto per conto di chi spetta risulterebbe mancante l’interesse dello stipulante e, senza il consenso dell’assicurato, la prestazione non potrebbe rimanere a beneficio del contraente.
Altri, invece, ritengono ascrivibile l’art. 1891 c.c. ad un contratto a favore di terzi.[11]
Il rifiuto del terzo di profittare della stipulazione
Nel contratto a favore di terzo, l’art. 1411 comma 3 c.c. specifica che l’acquisto del diritto in capo al terzo può essere impedito dal rifiuto di quest’ultimo oppure dalla revoca della stipulazione.[12]
Conseguenza è il permanere della prestazione a carico dello stipulante, salvo che non risulti diversamente dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto.
Il rifiuto del terzo viene comunicato, come l’adesione, ai contraenti. Si tratta, dunque, di un atto unilaterale recettizio. Non opera sul piano del perfezionamento del contratto, ma è qualificabile come rinuncia ad un diritto già acquisito per effetto della stipulazione.
È possibile compiere un raffronto rispetto all’art. 1333 c.c.[13]
Nell’articolo predetto, il mancato rifiuto dell’oblato, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, sarebbe da intendersi quale accettazione tacita della proposta contrattuale. Di conseguenza, costituisce elemento essenziale dell’accordo contrattuale. Il rifiuto, invece, impedisce la formazione del contratto.
Diversamente, nel contratto a favore di terzo, il contratto di perfeziona con l’accordo tra stipulante e promittente. Il mancato rifiuto del terzo si qualifica come mancata rinuncia al diritto, già acquisito al momento della stipulazione. Il rifiuto, invece, risulta essere posteriore rispetto alla stipulazione e non incidente in alcun modo sulla formazione del contratto. Qualora non fosse così, il terzo diverrebbe parte di un contratto trilaterale.
Nel contratto per conto di chi spetta, non risulta applicabile la disciplina prevista all’art. 1411 comma 3 c.c.
Sul punto, è intervenuta la Corte di Cassazione con una pronuncia a Sezioni Unite del 2002.[14] Orientamento confermato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione del 2018.[15]
Il contrasto giurisprudenziale, che ha portato alla pronuncia delle Sezioni Unite, ha ad oggetto la possibilità di applicare al contratto di assicurazione per conto di chi spetta, stipulato dal vettore su merci da lui trasportate, la disciplina del contratto a favore di terzi. Nello specifico, la problematica ha riguardo l’applicabilità a tale assicurazione della regola posta dall’art. 1411 comma 3 c.c., ai sensi del quale, in caso di rifiuto del terzo di profittare della stipulazione, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante.
Due sono i principali orientamenti.
La giurisprudenza, nettamente prevalente, è incline a ritenere che il terzo comma dell’art. 1411 non possa trovare applicazione nell’assicurazione per conto di chi spetta. La persona dell’assicurato, avente diritto all’indennità in caso di danno, va individuata in colui che, al momento del verificarsi dell’evento dannoso, risulti proprietario del bene (o titolare di un diritto reale o di garanzia). È da escludere, quindi, in assenza di apposita pattuizione, che lo stipulante (nel caso di specie, il vettore o, in genere, il soggetto che ha un rapporto di custodia con il bene) possa profittare dell’assicurazione, nel caso in cui l’assicurato non ne abbia profittato e abbia agito in termini di responsabilità civile nei confronti dello stipulante. [16]
Nel caso, dunque, in cui il contratto di assicurazione sia stato stipulato dal vettore in favore del proprietario delle cose trasportate, il vettore, se l’assicurato non abbia profittato dell’assicurazione, preferendo richiedere il risarcimento del danno, non potrà agire nei confronti dell’assicuratore senza il consenso dell’assicurato, neppure invocando l’art. 1411 comma 3 c.c.
Quest’ultima norma, infatti, avente carattere generale, fa salva l’ipotesi in cui diversamente risulti dalla natura del contratto. L’art. 1891 c.c. espressamente esclude, per i contratti di assicurazione per conto di chi spetta, che i diritti derivanti dal contratto possano essere fatti valere dal contraente se non vi sia l’espresso consenso dell’assicurato.
Di conseguenza, la copertura assicurativa del vettore, in ordine al pregiudizio derivante al proprio patrimonio dalla responsabilità per la perdita od il deterioramento della cosa trasportata, non potrà scaturire, in caso di mancata pattuizione, dalla polizza assicurativa contro i danni subiti dalla stessa per conto di chi spetta.
In senso contrario, parte della giurisprudenza ritiene che l’assicurazione contro i danni, per conto di chi spetta, tuteli l’interesse non solo del proprietario o di chi ha un diritto reale sulle cose assicurate, ma anche di colui che ha temporaneamente il possesso o la detenzione della cosa (il vettore), coprendo anche la responsabilità per la perdita o il danneggiamento incombente su quest’ultimo.
Secondo la Corte di Cassazione, gli articoli 1890, 1891 e 1894 c.c. contemplano delle ipotesi in cui il soggetto che contrae con l’assicuratore non coincide con la persona dell’assicuratore, perchè stipula quale rappresentante o in nome proprio oppure per conto altrui o per conto di chi spetta, nell’ipotesi in cui l’interessato non sia determinato.
Tali regole risultano essere nettamente distinte rispetto a quelle previste dagli art. 1705 c.c. e seguenti, che hanno indotto taluni interpreti ad inquadrare l’assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta nella figura del contratto a favore di terzo.
Ciò ha diviso tra gli interpreti tra coloro che configurano il contratto ex art. 1891 c.c. quale contratto a favore di terzi e altri che, invece, ravvisano un atto di sostituzione non rappresentativa.[17]
Le principali differenze tra contratto per conto di chi spetta e contratto a favore di terzo, secondo la Corte, sono da individuare nelle seguenti. Nella prima tipologia contrattuale: non è richiesto l’interesse dello stipulante (art.1411 comma 1 c.c.); risulta mancante la possibilità di revoca della stipulazione a favore del terzo (art. 1411 comma 2 c.c.); è previsto il rimborso a favore del contraente dei premi da lui pagati all’assicurato e delle spese del contratto, con il privilegio del contraente sull’indennità pagata dall’assicuratore all’assicurato (art. 1891 comma 4 c.c.).
Sulla scorta di ciò, la ratio, a fondamento della non applicabilità dell’art. 1411 comma 3 c.c., all’assicurazione contro i danni per conto di chi spetta, è da rinvenire nel principio indennitario proprio dell’assicurazione contro i danni, previsto dall’art. 1905 c.c.. Quest’ultimo, infatti, esclude che la prestazione dell’indennità possa essere effettuata a favore del contraente che non sia il titolare dell’interesse esposto al rischio, essendo diverso dall’assicurato.
Bibliografia
Massimo Dogliotti, Donatella Morello di Giovanni, Contratto a favore di terzo, in Giur. merito, fasc.2, 2001, pag. 513
Francesco Gazzoni, Manuale di Diritto Privato, Napoli ed. 2017 p. 958
Annamaria Guidetti, L’assicurazione per conto di chi spetta, in Resp. civ. e prev., fasc. 6, 2001, pag. 1134
Giovanna Volpe Putzolu, L’assicurazione per conto di chi spetta. L’equivoco della giurisprudenza, in Riv. Assicurazioni, fasc. 2, 2019
[1] É possibile annoverare distinguere tre differenti tipologie di contratto a favore di terzo: a) i contratti strutturalmente a favore di terzo, quali l’accollo; b) il contratto che costituisce una variante tipica, contemplata dalla legge, del contratto tipico: il trasporto di cose (art 1685 c.1 c.c.), il deposito (art 1773 c.c.), la rendita vitalizia (art 1875 c.c.), l’assicurazione sulla vita (art 1920 c.c.); c) il contratto che costituisce una variante atipica, non contemplata dalla legge.
[2] L’art. 1411, comma 1 c.c. dispone che “E’ valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse.”
[3] Si definiscono liberalità indirette gli atti di liberalità risultanti diversi dalla donazione, ai sensi dell’art. 1809 c.c.. Nell’ipotesi di cui all’art. 1411 c.c., il vantaggio patrimoniale si produce nei confronti di un soggetto terzo rispetto al rapporto contrattuale. A titolo esemplificativo, il padre che provvede all’acquisto di un immobile, corrispondendo per il intero il prezzo, ma trasferendo la proprietà dello stesso al minore.
[4] Cassazione civile sez. II, 11 maggio 2000, n. 6030: “Il titolo costitutivo di una servitù prediale può rinvenirsi in un contratto cui abbia partecipato soltanto il proprietario del fondo servente, rispetto al quale il proprietario del fondo dominante abbia assunto la posizione di terzo favorito, non sussistendo nel contratto a favore di terzo limiti in ordine alla qualità ed al contenuto della prestazione a favore del terzo, la quale può consistere in un “dare, in un “facere” o in un “non facere” presente o futuro ed anche nella costituzione di un diritto reale, purchè tale costituzione corrisponda ad un interesse anche non patrimoniale dello stipulante”.
[5] Il secondo comma dell’art. 1411 c.c., infatti, prescrive che “Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, ficnhè il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente di volerne profittare.”
[6] L’art. 1891 c.c. precisa che “Se l’assicurazione è stipulata per conto altrui o per conto di chi spetta, il contraente deve adempiere gli obblighi derivanti dal contratto, salvo quelli che per loro natura non possono essere adempiuti.”
[7] Il passaggio del diritto alla prestazione assicurativa risulta automatico e svincolato dal compimento di formalità, alle quali normalmente è subordinato nell’ipotesi di mutamento del titolare dell’interesse garantito.
[8] È possibile, dunque, il configurarsi di una coincidenza tra contraente ed assicurato, laddove il contraente sia o diventi, anche successivamente alla stipulazione, proprietario o titolare di un diritto reale sul bene assicurato. Allo stesso modo, la qualità di assicurato può essere acquisita o persa nel corso dello svolgimento del rapporto contrattuale, in relazione alla titolarità dell’interesse.
[9] I sostenitori della prima tesi ritengono che non possa ravvisarsi interposizione gestoria, in ordine all’impossibilità di ricondurre l’assicurazione per conto di chi spetta nella previsione generale dell’art. 1705 c.c., ma soprattutto perchè il contraente potrebbe essere l’assicurato e ciò escluderebbe la riconducibilità del suo operato nell’ambito della sostituzione gestoria.
[10] Chi sostiene tali tesi obietta che l’assicurazione per conto altrui non può essere immediatamente sussumibile nello schema del contratto a favore di terzo, per i seguenti motivi: a) assenza, ai fini della validità del contratto, di un interesse in capo allo stipulante; b) attribuzione del beneficio solvendi o donandi causa; c) mancata previsione dell’accettazione da parte dell’assicurato.
[11] Cass. civ., 20 marzo 1990, n. 2322: “l’assicurazione contro i danni per conto altrui, o di chi spetta, contemplata dall’art. 1891 c.c., integra un contratto a favore di terzi”.
Cass. civ., 18 marzo 1997, n. 2384: “riguardo alla qualificazione giuridica del rapporto, ne è pacifica tra le parti la riconducibilità al contratto a favore di terzi”.
Cass. civ. 25 maggio 1995 n. 5747: “l’assicurazione per conto di chi spetta integra un contratto a favore del terzo”.
[12] Ratio è da ravvisare nel principio secondo cui “ai soggetti possono essere attribuite posizioni di vantaggio senza la loro volontà, ma non contro la loro volontà.”
[13] Art. 1333 c.c. contratto con obbligazioni del solo proponente: “1. La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata. 2. Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso.”
[14] Sezioni Unite n. 5556 del 2002: “All’assicurazione per conto di chi spetta, disciplinata dall’art. 1891 cod. civ., non è applicabile, attesa la sua natura indennitaria, l’art. 1411, terzo comma, cod. civ., il quale, in tema di contratto a favore di terzi, legittima lo stipulante a beneficiare della prestazione ove il terzo rifiuti di profittarne; ne consegue che, nel caso in cui il contratto di assicurazione sia stato stipulato dal vettore in favore del proprietario delle cose trasportate, è da escludere che il primo possa beneficiare dell’indennità ancorché l’assicurato non abbia profittato dell’assicurazione, avendo preferito chiedere il risarcimento del danno al vettore. Nè da tale comportamento dell’assicurato può trarsi il di lui “espresso consenso” a che il contraente eserciti, secondo quanto prevede il secondo comma del citato art. 1891, i diritti derivanti dalla polizza, atteso che esso palesa soltanto il rifiuto dell’assicurato di avvalersi dell’assicurazione, ma nulla esprime in ordine all’esercizio, da parte dello stipulante, dei diritti derivanti dall’assicurazione medesima.”
[15] Cass. ord. n. 4923 del 2 marzo 2018: “Nel contratto di assicurazione per conto di chi spetta, il consenso a pretendere l’indennizzo in luogo dell’avente diritto non può essere presunto in base alla mera sottoscrizione di una clausola di assicurazione che attribuisce al contraente detta potestà, occorrendo che la stessa sia confermata da un consenso espresso del terzo beneficiario del contratto, titolare della pretesa ex art. 1891, comma 2, c.c, atteso che tale norma configura un’ipotesi di sostituzione processuale, la quale può trovare titolo in uno specifico mandato dell’avente diritto che, quanto all’incasso, può avere ad oggetto sia crediti già sorti che crediti eventuali e futuri, ma non in una rinuncia per la cui validità ed efficacia sarebbero necessarie l’esistenza del diritto e la consapevolezza di tale esistenza.”
[16] Nel caso specifico, è da escludere che il vettore (soggetto che ha una relazione di custodia con il bene), senza apposita pattuizione, possa essere riconosciuto titolare di quell’interesse in conseguenza della responsabilità per la perdita o il deterioramento delle cose in custodia, che può trovare la sua copertura solo nella responsabilità civile.
[17] Questa divaricazione si prodotta in dottrina ed è stata seguita dalla giurisprudenza che, in prevalenza, ha aderito alla prima tesi.