Compensi professionali e abusivo frazionamento del credito: serve una valutazione concreta dell’interesse ad agire

Tramite l’ordinanza n. 30761 del 22 novembre 2025, la II Sezione Civile della Corte di cassazione esamina la tematica del frazionamento abusivo dei crediti professionali. La Corte, pur ribadendo il principio generale sul divieto di frazionamento (come enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 7299/2025), ha accolto gran parte del ricorso dell’avvocato e cassato con rinvio l’ordinanza della Corte d’Appello che aveva dichiarato la domanda improponibile. La Cassazione ha censurato la Corte territoriale per aver dichiarato l’improponibilità con una valutazione “apodittica ed astratta”, chiarendo che l’applicazione del divieto esige sempre una motivazione specifica basata sulla concreta valutazione dell’oggettivo interesse del creditore alla tutela separata.

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Vicenda

Origina da una controversia tra un avvocato e i suoi ex assistiti, relativa alla liquidazione dei compensi professionali maturati in plurimi giudizi. In dettaglio, il legale aveva adito il Tribunale ex art. 702 bis c.p.c. e art. 14 del D.lgs. n. 150/2011, chiedendo la liquidazione di oltre 30.000 euro per attività difensiva realizzata in un giudizio di revocatoria ordinaria. Il Tribunale si era dichiarato incompetente, individuando come giudice competente la Corte d’Appello. Riassunto il giudizio, i resistenti eccepivano l’abusivo frazionamento del credito, evidenziando la pendenza di numerosi procedimenti analoghi promossi dal medesimo legale. La Corte d’Appello, con ordinanza, aveva dichiarato improponibile la domanda, ritenendo insussistente un interesse concreto del creditore ad agire separatamente.

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Ricorso in Cassazione

L’avvocato proponeva quindi ricorso per cassazione, articolando ben quattordici motivi di censura. Tra le doglianze principali si annoverano:

  • la violazione del diritto di difesa per mancata concessione di un termine volto a giustificare la trattazione separata;
  • la compressione delle garanzie processuali in un rito a cognizione sommaria;
  • la mancata considerazione di precedenti giudicati favorevoli;
  • l’omessa pronuncia sulla competenza e sul foro del consumatore;
  • la violazione dei principi costituzionali e convenzionali in tema di equo processo.

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Ragioni della decisione

La Cassazione ha rigettato l’istanza di riunione dei procedimenti pendenti, rilevando che non ricorrevano i presupposti dell’art. 335 c.p.c. Ha quindi esaminato i motivi di ricorso relativi all’abusivo frazionamento del credito e, in particolare, ha accolto le censure (motivi 3, 4, 9, 10, 11 e 12) per la mancanza di una motivazione concreta nella pronuncia di improponibilità.

La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha errato nel dichiarare improponibile la domanda con una valutazione “apodittica ed astratta”. La Suprema Corte, pur confermando il principio generale sul divieto di frazionamento (come enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 7299/2025), ha ribadito che la sua applicazione richiede un accertamento specifico: il giudice di merito deve verificare se i crediti fossero effettivamente inscrivibili nell’ambito oggettivo di uno stesso giudicato o se si fondassero su fatti costitutivi analoghi che avrebbero comportato un inutile dispendio processuale se trattati separatamente.

Inoltre, è essenziale una concreta valutazione dell’oggettivo interesse del creditore a una tutela giudiziale separata, basata sulle specificità delle singole cause patrocinate. In assenza di tale motivazione specifica, l’ordinanza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione, affinché proceda a una valutazione più puntuale dei presupposti di abusività del frazionamento.

Foro del consumatore

Peculiare attenzione è stata dedicata alla questione della competenza. L’avvocato aveva invocato l’applicazione del foro del consumatore, sostenendo che i suoi ex assistiti dovevano beneficiare di garanzia siffatta. La Cassazione ha chiarito che, in materia di compensi professionali, prevale la competenza funzionale dell’ultimo giudice di merito che ha trattato la causa, escludendo l’applicabilità del foro del consumatore.

Spese processuali

In merito alle spese, la Cassazione ha confermato la compensazione parziale disposta dalla Corte d’Appello, giustificata dalla sopravvenienza di un trend giurisprudenziale (ordinanza n. 14143/2021) che aveva esteso il divieto di frazionamento ai rapporti professionali. La compensazione integrale, richiesta dal ricorrente, è stata ritenuta non dovuta.

Impatti

L’ordinanza in disamina chiarisce che l’applicazione del divieto di frazionamento abusivo del credito, pur essendo un principio consolidato, richiede un’analisi specifica e non meramente assertiva da parte del giudice di merito. Per gli avvocati, il messaggio è che l’improponibilità della domanda non può essere dichiarata in astratto, ma richiede che il giudice motivi sull’assenza di un interesse concreto e dimostrabile alla separazione, tenendo conto dell’eterogeneità delle cause patrocinate e della diversità di giudici competenti (che precluderebbero la trattazione congiunta). Sul piano sistemico, la decisione, accogliendo gran parte del ricorso, contribuisce a definire in modo più rigoroso i limiti di applicazione della nozione di “abusivo frazionamento”, riaffermando la necessità di un’istruttoria accurata e specifica del caso concreto.

Principio di diritto

In tema di abusivo frazionamento del credito professionale dell’avvocato, i crediti derivanti da un medesimo rapporto di durata tra professionista e cliente:

  • non possono essere azionati separatamente in distinti giudizi quando: sono iscritti nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato, oppure si fondano sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi, il cui accertamento separato comporti un inutile e ingiustificato dispendio di attività processuale;
  • salvo che il creditore dimostri la titolarità di un apprezzabile interesse concreto alla tutela processuale frazionata, nel qual caso la domanda può essere proposta separatamente;
  • in mancanza di tale interesse, la domanda deve essere dichiarata improponibile, impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria;
  • qualora invece sia già intervenuto un giudicato di merito su una delle frazioni di credito, il giudice deve comunque decidere nel merito sulle altre domande, tenendo conto del comportamento del creditore nella liquidazione delle spese di lite (artt. 88 e 92 c.p.c.), potendo escludere la condanna in suo favore o porre le spese a suo carico.

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