Con la sentenza n. 21083 del 19 ottobre 2015, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito che – ex art. 92, co. 2, c.p.c. come modificato dalla l. 69/2009 – il Giudice può compensare le spese solo se le “ragioni gravi ed eccezionali” riguardano aspetti specifici della controversia.
Nel caso di specie, il Tribunale pur sostenendo la non ricorrenza dei presupposti per la compensazione, “essendo stati i due motivi di gravame totalmente accolti e non sussistendo gravi ed eccezionali ragioni che giustifichino la compensazione in parola“, compensava ugualmente le spese del giudizio di appello. Avverso tale pronuncia, la parte vittoriosa ricorreva in Cassazione, contestando le motivazioni indicate sul punto dal predetto Giudice, ed eccependo la contraddittorietà dell’esito del giudizio.
Facendo riferimento a quanto previsto dall’art. 92, co. 2, c.p.c. – nella formulazione introdotta con l. 69/2009, applicabile al caso in questione – ai sensi del quale può essere disposta la compensazione totale o parziale delle spese, in assenza di reciproca soccombenza, soltanto in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, la Corte di Cassazione ha chiarito in primo luogo quali siano le circostanze in cui possano considerarsi integrate tali condizioni.
Per la configurabilità di siffatte ragioni non è infatti sufficiente la mancata opposizione alla domanda da parte del convenuto o, come nel caso all’esame, la contumacia dello stesso né la mera riduzione della domanda operata dal giudice in sede decisoria, “permanendo comunque la sostanziale soccombenza della controparte che deve essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese“.
Tali ragioni non possono neanche essere tratte dalla natura della controversia o della pronuncia o dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato o dalle disposizioni processuali che lo regolano o, come nella fattispecie pure ritenuto dal Giudice del merito, dalla “natura dell’impugnazione“.
Invero, esse devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa che il Giudice è tenuto ad indicare esplicitamente e specificamente nella motivazione della sentenza. Ebbene, nel caso di specie, contrariamente a quanto affermato nella sentenza di secondo grado, il gravame è stato accolto in toto, alla luce delle conclusioni dell’atto di appello richiamate espressamente in sede di precisazione delle conclusioni, come si evince dalla stessa sentenza impugnata.
Conseguentemente, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviando la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale, in persona di diverso magistrato.
(Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 21083 del 19 ottobre 2015)