Con la sentenza n. 16303 del 20/06/2018, le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto definitivamente la vexata quaestio della rilevanza (o meno) della commissione di massimo scoperto nel calcolo TEG.
Una sentenza che farà certamente discutere e che, a poche ore dalla sua pubblicazione, ha già diviso i giuristi impegnati nel settore del diritto bancario.
La nozione di Commissione di Massimo Scoperto
In primo luogo, prima di procedere con l’analisi del contrasto giurisprudenziale, la Cassazione ha nuovamente chiarito quale sia la nozione della commissione di massimo scoperto, riportandosi a quanto indicato dalla Banca Italia nelle Istruzioni per la rilevazione del TEGM ai fini della legge sull’usura.
Tale commissione nella tecnica bancaria viene definita come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto del conto.
Tale compenso – che di norma viene applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni – viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento.
Il contrasto giurisprudenziale
Ciò chiarito, la Corte ha pertanto illustrato il noto contrasto giurisprudenziale in materia, insorto in sede di legittimità particolarmente tra la Seconda Sezione penale e la Prima Sezione Civile (sul quale ci siamo già particolarmente soffermati offrendo un’ampia rassegna della più recente giurisprudenza di merito e di legittimità sul punto).
Brevemente, secondo un primo orientamento, sostenuto dalla Seconda Sezione penale, il chiaro tenore letterale dell’art. 644, comma IV, c.p. impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito.
Tra essi rientrerebbe indubbiamente la commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo collegato all’erogazione del credito dal momento che ricorre ogni volta che il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente e funge da corrispettivo per l’onere, a cui l’intermediario si sottopone di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente.
Ne consegue che, secondo tale interpretazione (che considera l’art. 2 bis d.l. n. 185/2008 norma di intepretazione autentica dell’art. 644, comma IV, c.p.) nella determinazione del TEG praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito, dovrà tenersi conto anche della CMS, nel caso in cui sia praticata (v. tra le tante Cass., sez. II pen., sent. n. 12028 del 19/02/2010).
In via diametralmente opposta ed in consapevole contrasto con la seconda sezione penale, la Prima sezione civile della Cassazione ha invece smentito l’applicazione retroattiva dell’art. 2 bis d.l. cit. escludendo che, per il periodo precedente l’entrata in vigore di tale norma, possa tenersi conto delle CMS ai fini della verifica del superamento in concreto del tasso soglia dell’usura presunta (Cass., sez. I civ., 12965 del 22/06/2016 e 22270 del 3/11/2016).
E ciò anche in considerazione di un’esigenza di simmetria e omogeneità tra i criteri di determinazione, da un lato del TEG applicato in concreto nel rapporto controverso ai sensi dell’art. 644 c.p. e dall’altro del tasso effettivo globale medio (TEGM), rilevante ai fini della definizione in astratto del tasso soglia, cui confrontare il tasso applicato in concreto.
Ebbene, con la sentenza in esame le Sezioni Unite hanno ritenuto di dare seguito proprio a tale ultimo orientamento.
La decisione delle Sezioni Unite: l’esclusione del carattere retroattivo dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008
In primo luogo, le Sezioni Unite hanno evidenziato come, alla luce delle recenti evoluzioni normative intervenute in materia anche in relazione all’art. 2 bis d.l. n. 185 cit., la CMS come definita nelle Istruzioni della Banca d’Italia è stata definitivamente superata.
Tuttavia, la vera ragione per cui deve essere escluso il carattere interpretativo di tale disposizione è la natura del tutto innovativa di tale norma sia con riferimento al comma 2 che al comma 3 (poi abrogato dal d.l. 1/2012) ai sensi del quale “i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro centocinquanta giorni dalla medesima data“.
E neppure può sostenersi che il carattere interpretativo della norma sia riferito non al comma III ma soltanto al IV (e cioè non anche alla disciplina della determinazione in astratto del TEGM, bensì alla sola disciplina della rilevazione del superamento in concreto del tasso soglia) imponendo il computo delle CMS nel calcolo del TEG applicato in concreto pur non essendone previsto il computo ai fini della determinazione del TEGM (e dunque del tasso soglia), giacché secondo la Suprema Corte non risulta alcuna espressa indicazione in tal senso.
La non rilevanza della CMS e i decreti ministeriali
A seguito di tali precisazioni, le Sezioni Unite sono entrate nel vivo del discorso offrendo una soluzione definitiva alla controversa questione, soprattutto quanto ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore alla data dell’entrata in vigore dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008.
Ebbene, secondo la Cassazione la commissione di massimo scoperto non può non rientrare tra le “commissioni” o “remunerazioni” del credito menzionate sia dall’art. 644, comma IV, c.p. che dall’art. 2, comma I, l. 108/1996, attesa la sua natura corrispettiva alla prestazione creditizia della banca.
E a nulla varrebbe la circostanza che i decreti ministeriali (di cui all’art. 2 comma I cit.) di rilevazione del TEGM non includano nel calcolo di esso anche tale commissione: non solo codesta mancata inclusione non sarebbe infatti idonea ad escludere che la legge imponga di tenere conto delle stesse nel calcolo del tasso praticato in concreto e del TEGM (e, quindi, del tasso soglia con il quale confrontare il primo), ma neppure è vero che le CMS non siano incluse nei decreti ministeriali emanati nel periodo anteriore all’entrata in vigore dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008 dal momento che dell’ammontare medio delle CMS essi danno in realtà atto.
Le Istruzioni della Banca d’Italia, sino al 2006, chiariscono infatti che “la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG ma viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali” ed “il calcolo della percentuale della CMS va effettuato, per ogni singola posizione, rapportando l’importo della commissione effettivamente percepita all’ammontare del massimo scoperto sul quale è stata applicata”.
Ebbene, anche la rilevazione dell’entità delle CMS è contenuta nei decreti emanati nel periodo precedente all’entrata in vigore dell’art. 2 bis cit. E la circostanza che tale entità sia riportata a parte, senza essere inclusa nel TEGM, è una dato formale non incidente sulla sostanza e sulla completezza della rilevazione prevista dalla legge.
In ogni caso, sarebbe comunque esclusa la difformità degli stessi rispetto alle previsioni di legge perché la loro funzione è essenzialmente di rilevazione dei dati necessari ai fini della determinazione del tasso soglia, in vista della comparazione, con questo, delle condizioni praticate in concreto dagli operatori.
Il richiamo alle indicazioni della Banca d’Italia
Le CMS, essendo rilevate separatamente secondo grandezze non omogenee rispetto al tasso degli interessi, devono dunque essere oggetto di separata comparazione rispetto a quella riguardante i restanti elementi rilevanti ai fini del tasso effettivo globale di interesse, espressi nella misura del TEGM.
A supporto di quanto sostenuto, le Sezioni Unite hanno richiamato le indicazioni rese dalla Banca d’Italia nel 2005 sulle modalità di comparazione che tengano conto dell’esigenza di non trascurare, nel confronto, l’incidenza delle CMS.
Secondo tali indicazioni, la verifica del rispetto delle soglie di legge richiede, accanto al calcolo del tasso in concreto praticato e al raffronto di esso con il tasso soglia, “il confronto tra l’ammontare percentuale della CMS praticata e l’entità massima della CMS applicabile (cd. CMS soglia), desunta aumentando del 50% l’entità della CMS media pubblicata nelle tabelle“.
Precisa ulteriormente la Banca d’Italia che “l’applicazione di commissioni che superano l’entità della “CMS soglia” non determina di per sé l’usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate.
A tal fine, per ciascun semestre, l’importo della CMS percepita in eccesso va confrontato con l’ammontare degli interessi (ulteriori rispetto a quelli in concreto praticati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti (“margine”). Qualora l’eccedenza della commissione rispetto al CMS soglia sia inferiore a tale margine è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge“.
Ebbene, la Suprema Corte ha dunque evidenziato che tali modalità appaiono rispettose del dettato normativo, in quanto rispondono all’esigenza di realizzare una comparazione piena delle condizioni in concreto praticate con quelle previste quale soglia dell’usura e permettono di rilevare il superamento di tale soglia ogni volta che la banca abbia effettivamente preteso dal cliente corrispettivi eccedenti la stessa.
Principio di diritto
Alla luce di quanto rilevato, le Sezioni Unite hanno dunque espresso il seguente principio di diritto:
“Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 2 bis d.l. n. 185/2008, inserito nella legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della legge n.108/1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissioni di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta legge n. 108, compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati”