Circolazione delle azioni nominative e principio consensualistico: la giurisprudenza recente

in Giuricivile, 2019, 9 (ISSN 2532-201X)

La Suprema Corte, con sentenza n. 2041, resa il 28 settembre 2017 e depositata il 26 gennaio 2018, è tornata ad occuparsi della problematica inerente l’applicazione del principio consensualistico nel trasferimento delle azioni nominative.

Le azioni nominative costituiscono i titoli azionari più diffusi, a discapito di quelle cd. al portatore, quali sono ad esempio le azioni di risparmio.

Si è mostrata infatti particolarmente resistente la disciplina pre-codicistica del R.D.L. 1148/1941, che aveva introdotto la nominatività obbligatoria dei titoli azionari[1].

I titoli azionari in parola sono ormai largamente considerati titoli di credito causali, pur non essendovi alcuna norma che li classifichi espressamente come tali.

Pertanto non è un caso che l’art. 2355 c.c., rubricato “Circolazione delle azioni” faccia rimando alle modalità di trasferimento previste per i titoli di credito nominativi, il transfert e la girata, rispettivamente disciplinati dagli articoli 2022 e 2023 c.c.

È bene, dapprima, spiegare brevemente la differenza tra i due modi di circolazione delle azioni, per comprendere al meglio quanto deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza che ci si accinge a commentare.

Il transfert

Trattasi di un tipo di trasferimento piuttosto articolato e, pertanto, meno diffuso della girata.

Può essere effettuato con il mutamento dell’intestazione sul medesimo titolo ceduto ovvero, in alcuni casi, con l’emissione di un nuovo titolo.

La duplice annotazione del nome dell’acquirente va effettuata tanto sul titolo quanto nel registro dell’emittente, cioè sul libro soci, adibito per legge[2]  alla registrazione dei dati identificativi dei titolari delle azioni nominative, oltre che dei trasferimenti e dei vincoli alle stesse relativi.

Il mutamento dell’intestazione del titolo può essere richiesto tanto dall’alienante quanto dall’acquirente, ex co. 2° dell’art. 2022 c.c.

L’alienante deve dimostrare la propria identità nonché la propria capacità di agire, mediante certificazione di un notaio, di un agente di cambio ovvero di una banca a ciò autorizzata, secondo quanto disposto dell’art. 11 del R.D. 239 del 1942[3].

Ove invece sia l’acquirente a richiedere il transfert, quest’ultimo dovrà esibire il titolo acquistato e dimostrare l’acquisto stesso a mezzo di atto autentico (atto pubblico o scrittura privata autenticata).

Compiuti tali controlli formali, sulla società sorgerà l’obbligo di modificare la duplice annotazione del titolo ovvero di emetterne uno nuovo.

L’obbligo andrà adempiuto entro il termine di un mese dalla richiesta, come stabilito dall’art. 9 del citato R.D. 239 del 1942. Nel frattempo la società emittente avrà facoltà di rilasciare al nuovo titolare un certificato nominativo provvisorio.

La girata

Il trasferimento mediante girata è disciplinato dall’articolo 2023 c.c.

La modifica dell’intestazione è operata direttamente sul titolo da parte dello stesso alienante in favore dell’acquirente.

Allo stesso modo, quest’ultimo potrà girare a popria volta l’azione acquistata in favore di un terzo e così via.

Non essendo necessaria anche l’annotazione contestuale sul libro soci, la snellezza del procedimento è evidente. Fin quando il nuovo titolare non deciderà di esercitare i diritti sociali connessi alle azioni acquisite, il mutamento dell’intestazione sul registro dell’emittente non si renderà necessario. In ogni caso, la girata non avrà effetto nei confronti della società, fino a che non ne sia fatta annotazione anche sul libro soci (comma 3°, art. 2023 c.c.).

La forma della girata è imposta dall’art. 2023 c.c. e dall’art. 12 del R.D. 239/1942.

Per essere valida è richiesta l’apposizione sul titolo della data, della sottoscrizione del girante e delle generalità del giratario.

La sottoscrizione di quest’ultimo non è invece necessaria, tranne nel caso in cui il titolo non sia stato ancora interamente liberato.

Anche la girata dovrà essere autenticata da un notaio, da un agente di cambio ovvero da una banca a ciò autorizzata, come disposto dall’articolo 12 del citato R.D. 239/1942, al fine di garantire la capacità di disporre del girante o del giratario, qualora occorra la sua firma.

In materia di azioni nominative, l’art. 2355 c.c. prevede il medesimo impianto normativo del 2023 c.c., con un elemento innovativo previsto all’interno del 3°comma[4], come introdotto dall’importante riforma del diritto societario intervenuta con D.lgs. 6/2003.

Tale novità consiste nell’aver conferito un valore meramente informativo  alla preventiva iscrizione nel libro soci[5].

La nuova norma dispone, infatti, che per conferire al nuovo titolare la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali (ad es. diritto di voto in assemblea), non è più necessario procedere alla previa annotazione del trasferimento dei titoli sul libro soci.

Tutto ciò potrà avvenire però, solo ove il giratario dimostri di essere possessore del titolo in base ad una serie continua di girate, come previsto espressamente dal citato comma 3° dell’art. 2355 c.c.

Il mutamento dell’intestazione sul libro soci resta comunque un obbligo inderogabile per la società, in risposta ad esigenze di trasparenza e pubblicità verso terzi. Il termine di aggiornamento del registro da parte dell’emittente è di novanta giorni decorrenti dal momento dell’esibizione o del deposito dei titoli con girata da parte dei nuovi titolari, ai sensi dell’art. 5 della L. 1745/1962.

È importante precisare che la disciplina appena esposta vale esclusivamente per la girata di azioni di S.p.a., mentre, ad esempio, non può applicarsi al trasferimento di quote di S.r.l.

In tutti gli altri casi, infatti, continua a valere la norma generale contenuta nell’articolo 2021 c.c., che in tema di legittimazione così dispone: “Il possessore di un titolo nominativo è legittimato all’esercizio del diritto in esso menzionato per effetto dell’intestazione a suo favore contenuta nel titolo e nel registro dell’emittente”.

L’orientamento della Cassazione del 2018

Ci si può adesso soffermare sull’analisi della sentenza 2041/2018.

In essa la Suprema Corte, richiamando la differenza tra i due modi di circolazione dei titoli azionari, ha fissato l’applicabilità del principio consensualistico anche ai trasferimenti di partecipazioni societarie.

La controversia oggetto di decisione verteva, infatti, sugli effetti giuridici prodotti da una scrittura privata con cui cinque fratelli attuavano, in favore di un sesto fratello, il trasferimento di alcuni titoli azionari e di alcune quote di S.r.l.

Le parti avevano precisato che il transfert dei titoli sarebbe stato formalizzato solo dopo che l’acquirente avesse adempiuto a determinati obblighi dedotti in contratto.

A seguito dell’inadempimento dell’acquirente, gli alienanti convenivano in giudizio il proprio fratello dinanzi al Tribunale di Salerno, chiedendone la condanna al risarcimento del danno.

Il Tribunale e, successivamente, la Corte di Appello di Salerno, accoglievano l’exceptio inadimpleti contractu del convenuto, il quale si era reso inadempiente in risposta al mancato perfezionamento del transfert in suo favore. La Corte di Appello così motivava: “la circolazione dei titoli azionari avviene secondo le norme prescritte per i titoli di credito nel senso che il trasferimento si attua con la consegna del titolo e lo stesso, per avere piena efficacia, richiede la duplice formalità dell’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e sul libro soci ovvero pure, e in alternativa, una girata autenticata da un notaio o da un agente di cambio. Nel caso di specie[…] le condizioni richiamate non si sono verificate”[6].

La teoria consensualistica adottata dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ribalta la decisione assunta nei primi due gradi di giudizio, circa la clausola di differimento degli effetti del trasferimento delle azioni e delle quote di S.r.l.

Il percorso interpretativo degli Ermellini muove le fila proprio dal disposto dell’art. 1376 c.c., baluardo del principio consensualistico. Quanto alla fattispecie oggetto di giudizio, la Corte riafferma l’assunto secondo cui anche la compravendita avente ad oggetto titoli si perfeziona col consenso delle parti legittimamente manifestato. Non risulta difatti applicabile l’art. 1378 c.c., in materia di alienazione di beni determinati solo nel genere, applicato di contro dalla Corte territoriale salernitana.

In forza della citata norma, nei contratti aventi ad oggetto cose determinate solo nel genere, la proprietà si trasmetterebbe con l’individuazione dei beni da trasferire. Di conseguenza, nel caso di specie, la Corte di Appello aveva attribuito rilevanza essenziale alla consegna materiale dei titoli, ai fini dell’efficacia del trasferimento degli stessi.

L’orientamento della Suprema Corte era già stato espresso in precedenza nella decisione presa con sentenza n. 17088/2008, richiamata dalla stessa Cassazione dieci anni più tardi, nella sentenza in commento.

Per la Suprema Corte del 2008, quanto prescritto dagli articoli 2022 e 2023 c.c. costituisce una mera “fase esecutiva, certificativa e pubblicitaria del trasferimento” [7], senza possibilità di incidere sugli effetti traslativi del contratto di vendita dei titoli, già perfezionatosi in forza del consenso espresso dalle parti[8] e senza che possa rilevare in alcun modo la consegna materiale dei documenti.

D’altronde, a conferma di quanto detto, vi è il fatto che le azioni e i titoli di credito in generale, sono ormai considerati a tutti gli effetti idonei a rappresentare “materiale negoziale[9]. Un’azione è, infatti, un bene in cui il valore commerciale assurge a qualità sostanziale, tanto che un errore su quest’ultimo è considerato essenziale ai sensi dell’ art. 1429 c.c.[10], per l’annullamento del contratto.

Ciò perché i titoli azionari sono suscettibili di un’immediata valutazione economica, partendo dal fatto che le stesse azioni si identificano a mezzo di un valore nominale, che rimane tendenzialmente invariato ed è uguale per tutte le azioni di una certa categoria. Il prezzo di scambio delle azioni è invece stabilito dalle parti in contratto e viene influenzato dal valore reale che alle stesse è attribuito in quel determinato momento storico, in relazione ad esempio all’andamento della società o al prezzo di emissione. Com’è facile intuire, nella determinazione del valore di scambio risulta essenziale per la parte acquirente conoscere il tipo di azioni da comprare ed il loro valore reale al tempo dell’acquisto.

Ciò comporta notevoli difficoltà nell’applicare l’art. 1378 c.c., proposto dalla Corte d’Appello, poiché già con la fissazione del corrispettivo per il trasferimento della partecipazione, si richiama di fatto una caratteristica essenziale del bene, dovendosi individuare sin da subito l’oggetto del contratto senza poter attendere il momento della consegna.

La teoria consensualistica distingue pertanto tra titolarità del titolo e legittimazione. Se da un lato, la volontà negoziale è di per sé idonea a trasferire la titolarità, dall’altro invece, le formalità attinenti all’iscrizione dei dati del nuovo titolare nel libro soci potrebbero servire esclusivamente per la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali, considerato peraltro il mutamento della disciplina dopo il 2003, come visto sopra.

Il Tribunale e la Corte di Appello di Salerno, si erano fatti, di contro, portavoce della meno diffusa teoria realista, secondo la quale il contratto traslativo di titoli azionari costituisce un contratto reale. Secondo tale teoria, come già accennato, la proprietà delle azioni verrebbe trasferita solo con la consegna materiale del documento, unitamente al potere di esercitare i diritti connessi ai titoli medesimi e, dunque, alla qualità di socio[11].

Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinari riportati, l’orientamento da ultimo esposto pare poco convincente, tanto da non essere accolto dalla Corte di Cassazione. La stessa ha infatti ribaltato la decisione della Corte territoriale salernitana, accogliendo i motivi presentati sul tema dai cinque fratelli ricorrenti.

Conseguentemente è stata rigettata l’exceptio inadimpleti contractu dell’acquirente, in quanto non giustificabile dall’inadempimento dell’altra parte, secondo quanto richiesto dall’art. 1460 c.c.

Il convenuto aveva infatti già acquistato la proprietà dei titoli trasferiti sin dal momento della manifestazione del consenso a mezzo di scrittura privata, non essendo necessario a tal fine il perfezionamento del transfert, in applicazione del principio consensualistico.


[1] R.D.L. 25 ottobre 1941, n. 1148, art. 1: Le azioni delle società aventi sede nel Regno devono essere nominative. Le azioni al portatore già emesse devono essere presentate alla conversione in nominative entro il 30 giugno 1942”.

[2] n.1, co. 1°, art. 2421 c.c.

[3] Norme interpretative, integrative e complementari del Regio Decreto Legge 25 ottobre 1941, n. 1148, convertito nella legge 9 febbraio 1942, n. 96.

[4] Art. 2355, co.3°: “[…] Il trasferimento delle azioni nominative si opera mediante girata autenticata da un notaio o da altro soggetto, secondo quanto previsto dalle leggi speciali. Il giratario che si dimostra possessore in base a una serie continua di girate ha diritto di ottenere l’annotazione del trasferimento nel libro dei soci, ed è comunque legittimato ad esercitare i diritti sociali; resta salvo l’obbligo della società, previsto dalle leggi speciali, di aggiornare il libro dei soci

[5] Diritto Commerciale, Volume II – Diritto delle società, G.F. Campobasso, 9° edizione a cura di M. Campobasso, pg.226, Milano, 2018.

[6] Corte Suprema di Cassazione, Sezione Prima Civile, sentenza 28 settembre 2017, depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2018, n. 2041, pag. 3 citando la sentenza n. 825/2012 della Corte di Appello di Salerno, depositata il 23/10/2012.

[7] Cass. sent. n. 17088/2008, citata in Cass. sent. 2041/2018, pag. 5.

[8] Diritto Commerciale, Volume II – Diritto delle società, G.F. Campobasso, 9° edizione a cura di M. Campobasso, nt. 72, pg.224, Milano, 2018.

[9] La compravendita di azioni non quotate, F. De Maria, Padova 1994.

[10] Studio C.N.N. n. 5689-C/2005.

[11] Dei singoli contratti, volume primo, C. Cillo, A. D’Amato, G. Tavani, 2° edizione, Milano, 2014.

Praticante notaio, ha effettuato anche la pratica forense. Laureata in giurisprudenza all'Università degli Studi di Palermo, ha conseguito il diploma di specializzazione nelle professioni legali con tesi dal titolo "La responsabilità dell'intermediario e le prerogative del cliente nella formalizzazione degli investimenti finanziari". È abilitata all'iscrizione all'Albo Unico dei Consulenti Finanziari."

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