1. La Centrale dei rischi.
La Centrale dei rischi è il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi gestito dalla Banca d’Italia [1], frutto della cooperazione tra quest’ultima e le banche[2]. La Centrale dei rischi è un sistema informativo concernente i rapporti di credito e di garanzia dei clienti del sistema finanziario, segnalati dagli intermediari in Banca d’Italia. Gli enti partecipanti alla rilevazione sono società finanziarie, società di cartolarizzazione dei crediti, organismi di investimento collettivo del risparmio che investono crediti e la Cassa Depositi e Prestiti. La Centrale dei rischi, garantento alle banche e agli istituti finanziari un flusso informativo sulla storia creditizia dei loro clienti al fine di valutarne correttamente il merito creditizio, contribuisce ad accrescere la stabilità del sistema finanziario e a regolare il funzionamento del mercato del credito.
In Italia figurano anche sistemi informativi privati di rilevazione centralizzata dei rischi, i Sistemi di informazione creditizia (SIC), i quali sono gestiti da CRIF, Expedian e CTC.
1.1.1 (Segue): Fonti normative
Nel mare magnum delle fonti normative previste in materia di Centrale dei rischi rileva anzitutto il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, “T.U.B.”). Il legislatore delegato ha attribuito alla Banca d’Italia il potere di dettare, sia alla capogruppo sia agli intermediari finanziari, disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, nonché di effettuare ispezioni presso le banche, i soggetti inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata e gli intermediari finanziari. Nel presente Testo Unico si dispone che le banche e gli intermediari finanziari inviino alla Banca d’Italia le segnalazioni periodiche e ogni altro dato e documento richiesto. Si prevede inoltre che la Banca d’Italia collabori, anche mediante lo scambio di informazioni, con le autorità e i comitati che compongono il Sistema europeo di vigilanza finanziaria e con le autorità di risoluzione degli Stati comunitari. Ai sensi degli artt. 124bis e 125 si prevede che la valutazione del merito creditizio del consumatore avvenga anche sulla base di informazioni ottenute consultando una banca dati pertinente; che i gestori delle banche dati contenenti informazioni nominative sul credito consentano l’accesso dei finanziatori degli Stati membri dell’Unione europea alle proprie banche dati a condizioni non discriminatorie rispetto a quelle previste per gli altri finanziatori abilitati nel territorio della Repubblica; che gli intermediari diano l’informativa al consumatore nel caso in cui il rifiuto della domanda di credito si basi sulle informazioni presenti in una banca dati e nel caso in cui il consumatore venga segnalato la prima volta “negativamente”.
Il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di seguito denominato “T.U.F.”) estende la partecipazione alla Centrale dei rischi agli OICR che investono in crediti.
Sul piano comunitario, per quanto attiene al trattamento dei dati personale è bene citare il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e il decreto legislativo del 30 giugno 2003 n. 196, “Codice in materia di protezione dei dati personali” o “Codice privacy”), come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018 n. 101 recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 (Regolamento generale sulla protezione dei dati).
1.1.2 (Segue): Funzionamento della Centrale dei rischi.
Nella Centrale dei rischi confluiscono le informazioni sulla clientela segnalate mensilmente dagli operatori del sistema finanziario. Tali segnalazioni vertono sui finanziamenti e sulle garanzie il cui importo superi la soglia di censimento prevista dalla Banca d’Italia. Ricevute le segnalazioni, la Banca d’Italia procede alla classificazione delle tipologie di finanziamenti e di garanzie per caratteristiche comuni nelle categorie di censimento. I soggetti segnalati sono coloro i quali ottengano un finanziamento, nonché i beneficiari di un credito di firma e i fideiussori qualora l’importo della garanzia prestata superi la soglia di censimento prevista dalla Banca d’Italia.
Gli intermediari partecipanti alla Centrale dei rischi sono coloro i quali concedono finanziamenti e garanzie o ricevono garanzie, sui quali incombe l’obbligo di inviare le informazioni sulla loro clientela. La segnalazione concernente l’esposizione verso la loro clientela da parte degli intermediari partecipanti avviene mensilmente. Per contro, gli intermediari ricevono dalla Banca d’Italia due servizi quali il flusso di ritorno e il servizio di prima informazione.
Quanto al primo, la Banca d’Italia provvede a comunicare a cadenza mensile e a titolo gratuito informazioni relative all’indebitamento dei soggetti segnalati verso l’intero sistema, integrato da dati statistici circa la distribuzione dei rischi per categoria di censimento, per attività economica dei segnalati e per localizzazione territoriale.
Quanto al secondo servizio, si consente agli intermediari partecipanti alla rilevazione di richiedere a titolo oneroso alla Banca d’Italia informazioni sull’esposizione complessiva verso il sistema finanziario di nuovi clienti, diversi da quelli segnalati, altrimenti sconosciuti. Le richieste devono vertere sull’assunzione e gestione del rischio di credito ovvero per finalità connesse alla gestione di fondi pubblici. Il servizio di prima informazione è uno strumento utile al fine di assicurare una prudente valutazione del merito creditizio della clientela e gestione del rischio di credito. Le informazioni ricevute dalla Centrale dei rischi non sono vincolanti per l’intermediario partecipante ma concorrono assieme ad altri dati oggettivi e soggettivi alla formazione del giudizio sulla potenzialità economica della clientela. I benefici che ne derivano sono molteplici, sia rispetto ai soggetti segnalati, sia rispetto al sistema bancario e finanziario. La Centrale dei rischi consente alla clientela meritevole di avere accesso al credito non solo nell’interesse dei soggetti segnalati ma anche nell’interesse dell’intero sistema finanziario in quanto i dati segnalati e aggregati concorrono allo svolgimento dei compiti di vigilanza della Banca d’Italia nel sistema bancario e finanziario.
1.1.3 (Segue): Le informazioni sul cliente nella Centrale dei rischi
Le informazioni raccolte in Centrale dei rischi sono coperte dal segreto d’ufficio, ai sensi dell’art.7 TUB, anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni con eccezione del Ministero dell’Economia e delle Finanze. I dipendenti della Banca d’Italia nell’esercizio delle funzioni di vigilanza sono pubblici ufficiali e sono vincolati dal segreto d’ufficio. I dati possono essere impiegati e trasferiti tra intermediari dello stesso gruppo bancario, ancorché transnazionale, solo per finalità connesse alla gestione del rischio di credito o alla valutazione del merito creditizio della clientela.
Sul trattamento dei dati, sia in capo agli intermediari, sia in capo alla Banca d’Italia, si applicano le disposizioni previste dal Codice privacy. Ai sensi dell’art.2ter, la comunicazione dei dati sulla clientela alla Centrale rischi rientra tra i compiti di interesse pubblico. Ne consegue che sugli intermediari partecipanti non graverà l’onere di acquisizione del consenso dell’interessato al trattamento dei suoi dati, in quanto il trattamento, ai sensi dell’art.6 lett.c) del GDPR, è necessario per adempiere un obbligo legale cui è soggetto l’intermediario. Gli intermediari dovranno fornire al cliente solo un’informativa in cui si rende noto che i dati saranno comunicati alla Centrale dei Rischi.
Per quanto concernerne il trattamento dei dati in capo alla Banca d’Italia, la Banca d’Italia è esonerata dalla richiesta del consenso dell’interessato sul trattamento dei propri dati in quanto, ai sensi dell’art.6 lett.e), tale trattamento dei dati è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico. Il trattamento dei dati è consentito anche per altre finalità istituzionali purché compatibili con gli scopi della Centrale dei rischi, come disciplinato dall’art.7 TUB. Ai sensi del comma 5, nell’ambito dei rapporti di collaborazione, Banca d’Italia, CONSOB, COVIP e IVASS possono scambiarsi di informazioni, e non è consentito loro opporsi il segreto d’ufficio. La Banca d’Italia può scambiare informazioni nell’ambito di rapporti di collaborazione anche con le autorità e i comitati che compongono il SEVIF e il MVU, nonché con le autorità di risoluzione degli Stati comunitari e con le autorità italiane competenti, salvo il diniego dell’autorità che ha fornito le informazioni.
I soggetti segnalati possono richiedere di accedere alle informazioni su di loro registrate e comunicate agli intermediari tramite i servizi di Centrale dei rischi secondo quanto disposto dal Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze dell’11 luglio 2012, n. 663. I soggetti segnalati possono chiedere agli intermediari la rettifica delle informazioni erronee o inesatte nelle segnalazioni. Il soggetto segnalato vanta della tutela dei dati contenuta nel GDPR. In particolare, qualora ricevano pregiudizio effettivo e concreto dall’attività svolta, i soggetti segnalati possono esercitare i loro diritti a tutela dei dati personali nei confronti della Banca d’Italia. Gli intermediari, su richiesta, devono rendere nota ai clienti la relativa posizione di rischio, la quale risulta dai flussi normativi ricevuti dalla Baca d’Italia. Ai sensi dell’art.125, comma 2, TUB tale informativa deve essere sempre fornita al cliente qualora la domanda di credito sia rifiutata sulla base delle informazioni presenti in Centrale dei rischi. L’informativa deve essere trasmessa al cliente e agli eventuali coobbligati per iscritto in occasione della prima segnalazione a sofferenza cioè quando il cliente viene classificato per la prima volta “negativamente”, a seguito dell’evidenziazione di un inadempimento persistente o di una sofferenza. L’informativa deve essere preventiva cioè deve essere trasmessa al cliente prima dell’invio della prima segnalazione negativa. L’intermediario può preavvertire il cliente debitore anche tramite l’uso di mezzi telematici quali mail o sms per un tempestivo e sicuro recapito dell’informazione. La ratio della comunicazione preventiva dell’informativa al cliente risiede nella garanzia di trasparenza nel rapporto col cliente. Sull’intermediario grava non solo l’onere di preavviso ma dovrebbe anche fornire la prova della ricezione o comunque della conoscenza, da parte del soggetto segnalato, del preventivo avviso di segnalazione[3]. Il cliente, una volta richiesto l’accesso ai propri dati registrati in Centrale dei rischi, riceve un prospetto contenente le informazioni relative ai finanziamenti e alle garanzie concesse e l’intermediario che ha proceduto alla segnalazione. I dati personali presenti in Centrale dei rischi sono acquisiti dalla Banca d’Italia senza il consenso della clientela. I dati personali della clientela sono consultati dalle banche o da altri istituti finanziari al fine di valutare il merito creditizio del cliente, e sulla scorta di queste informazioni può decidere se accordare o meno il finanziamento richiesto ovvero offrire condizioni migliori per il nuovo finanziamento. Il cliente è segnalato in Centrale dei rischi anche quando il pagamento del debito è stato regolare e quando il cliente ha proceduto a restituire in toto il finanziamento.
Il cliente è classificato come debitore in sofferenza quando l’intermediario, a seguito di una valutazione della situazione finanziaria complessiva del cliente, ritenga che questi abbia gravi difficoltà a restituire il suo debito. Quando l’intermediario segnala per la prima volta il debito “a sofferenza” di un cliente, è tenuto a segnalarlo dapprima al cliente e di seguito in Centrale dei rischi. Il cliente ha infatti diritto di ricevere preavviso per la prima segnalazione di sofferenza o altra informazione negativa cioè qualsiasi altra informazione relativa agli inadempimenti persistenti e alla classificazione a sofferenza del cliente.
I dati presenti in Centrale dei rischi sono coperti dal segreto d’ufficio e non possono essere comunicati ad altri o divulgati. Possono accedere alle informazioni solo talune categorie di soggetti. Possono avere accesso ai dati i soggetti interessati, a nome dei quali le informazioni sono registrate e ai soggetti cui è riconosciuto il diritto di accesso ossia le persone fisiche cui i dati si riferiscono ovvero il loro tutore, amministratore di sostegno, erede o soggetto munito di delega e, nel caso in cui i dati siano registrati a nome di una persona giuridica quale ente o società, il legale rappresentante della stessa ovvero il liquidatore, i soci illimitatamente responsabili o di s.r.l. ovvero i membri del collegio sindacale. Hanno accesso ai dati anche terzi, quali gli intermediari al fine di valutare il merito creditizio dei clienti, e ai sensi dell’art.7 TUB le altre Autorità di vigilanza e l’Autorità giudiziaria nell’ambito di procedimenti penali.
L’accesso ai dati è gratuito. Per accedere è necessario inviare alla Banca d’Italia una richiesta di accesso, allegando un documento di attestazione della propria identità e il proprio diritto di accesso al fine di tutelare il diritto alla riservatezza dei soggetti segnalati. I dati sono consegnati in un prospetto assieme ad una guida alla lettura, entro alcuni giorni. Il cliente nonché soggetto segnalato è titolare del diritto di accesso ai dati presenti in Centrale dei rischi, al diritto di riservatezza delle proprie informazioni, alla correttezza dei dati e ad essere informato della prima segnalazione a sofferenza e alla limitazione delle finalità per cui gli intermediari possono utilizzare le informazioni presenti in CR sui propri clienti soltanto per verificarne il merito di credito nel corso della vita del finanziamento o per difendersi in un processo, sempre che quest’ultimo riguardi il finanziamento stesso.
1.2. Sistemi di informazione creditizia (SIC).
I Sistemi di informazione creditizia sono banche dati private, consultabile da enti bancari e finanziari, contenenti informazioni per il credito[4] della clientela in merito all’apertura e all’andamento del rapporto di credito. Le informazioni creditizie attengono a rapporti di credito e sono classificabili in informazioni di tipo negativo e informazioni di tipo positivo e negativo. Le prime vertono solo sui rapporti di credito per i quali si sono verificati inadempimenti, registrati nel sistema al momento del loro verificarsi; le seconde, pur attenendo ai rapporti di credito, prescindono dalla sussistenza di inadempimento. La consultazione delle suddette informazioni consente di valutare l’affidabilità del cliente e sono funzionali alla concessione al cliente segnalato di credito al consumo, prestiti o finanziamenti.
I Sistemi di Informazione Creditizia sono disciplinati dal decreto legislativo del 23 dicembre 2004, n.300, (“Codice di deontologia”).
I Sistemi di informazione creditizia sono gestiti in modo centralizzato da un gestore, un soggetto titolare del trattamento dei dati personali registrati nel sistema e che ne stabilisce le modalità di funzionamento e di utilizzazione. Il gestore può essere una persona giuridica, un ente, un’associazione o un altro organismo. La partecipazione al sistema informativo privato avviene su base volontaria da parte di banche, intermediari finanziari o altri soggetti privati che concedono una dilazione di pagamento del corrispettivo per la fornitura di beni o servizi nell’esercizio di un’attività commerciale o professionale. I partecipanti, in forza di un contratto con il gestore del sistema informativo creditizio privato, si obbligano a fornire, in modo sistematico, i dati personali della clientela, concernenti le richieste e i rapporti di credito. Di contro, i partecipanti possono consultare e utilizzare i dati presenti nel sistema informativo comunicati al gestore da altri partecipanti.
Il trattamento dei dati personali contenuti nei Sistemi di Informazione Creditizia è limitato alle sole finalità correlate alla tutela del credito e al contenimento dei relativi rischi e per valutare la situazione finanziaria e il merito creditizio degli interessati o la loro affidabilità e puntualità nei pagamenti. È escluso, expressis verbis, l’impiego delle informazioni creditizie per finalità relative a ricerche di mercato e promozione, pubblicità o vendita diretta di prodotti o servizi.
Le informazioni contenute nei Sistemi informativi creditizi non possono vertere su dati sensibili e giudiziari ma possono concernere esclusivamente dati di tipo obiettivo, come dati anagrafici, dati relativi alla richiesta e al rapporto di credito, dati di tipo contabile, dati relativi ad attività di recupero del credito o contenziose, alla cessione del credito o ad altre vicende eccezionali, comunque funzionali all’espletamento delle finalità perseguite.
I dati trattati dal gestore provengono esclusivamente dalle informazioni comunicate dai partecipanti al sistema informativo. Le informazioni devono essere previamente verificate dall’intermediario partecipante per garantirne la lecita utilizzabilità nel sistema, nonché la correttezza e l’esattezza. Il gestore del sistema informativo verifica la loro congruità e può disporre al partecipante che ha comunicato i dati, eventuali operazioni di eliminazione, integrazione o modificazione degli stessi. Accertata la congruità delle informazioni, il gestore procede alla loro registrazione nel sistema di informazioni creditizie.
Quanto alle modalità di trattamento dei dati relativi al primo ritardo nei pagamenti in un rapporto creditizio, se le informazioni creditizie sono di tipo negativo la comunicazione nel sistema avviene decorsi almeno centoventi giorni dalla scadenza del pagamento di almeno quattro rate mensili non regolarizzate; se le informazioni creditizie sono di tipo positivo e negativo si procede in caso di mancato pagamento di una rata ovvero decorsi trenta giorni dall´aggiornamento mensile di cui all’art. 6, comma 8 del decreto legislativo del 23 dicembre 2004, n.300; nel caso in cui l’interessato sia un consumatore si può procedere in caso di mancato pagamento di almeno due rate mensili consecutive, ovvero quando il ritardo si riferisce ad una delle due ultime scadenze di pagamento, ovvero decorsi sessanta giorni dall’aggiornamento mensile. L’interessato riceve un avviso dall’intermediario al sistema informativo dell’imminente registrazione dei dati in uno o più sistemi informativi creditizi. I dati registrati in un sistema di informazioni creditizie sono aggiornati periodicamente, con cadenza mensile, a cura del partecipante che li ha comunicati.
L’interessato dei dati trattati può esercitare i propri diritti, anche per delega o procura, secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo n.300/2004 sia verso il gestore del sistema informativo sia verso i partecipanti al sistema che hanno comunicato le informazioni.
In Italia i Sistemi di informazione creditizia privati sono gestiti da Experian, Consorzio Tutela Credito, Crif, e Assilea.
1.3. Centrale Rischi d’Intermediazione Finanziaria (CRIF)
La Centrale Rischi d’Intermediazione Finanziaria è la società gestore del sistema di informazione creditizia Eurisc. Eurisc è una banca dati privata ove confluiscono le informazioni sul credito comunicate dagli intermediari partecipanti al sistema.
Alla Centrale Rischi d’Intermediazione opera in Europa, America, Africa e Asia.
2. Responsabilità delle banche per illegittime segnalazioni
2.1. Presupposti della segnalazione e segnalazioni illegittime.
Le segnalazioni presso la Centrale dei rischi e i sistemi informativi creditizi a gestione privata devono avvenire sulla base di presupposti, sostanziali e procedurali, normativamente previsti.
Nell’ambito della segnalazione in Centrale dei rischi, la normativa di riferimento promana dal legislatore, nazionale ed europeo[5], dal Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio[6] nonché dalla Banca d’Italia[7]. Il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 sancisce l’obbligatorietà della segnalazione in Banca d’Italia, nei termini e nelle modalità da questa stabiliti. Nell’ambito delle segnalazioni presso sistemi di informazione creditizia privati, si applicano le diposizioni di cui al decreto legislativo del 23 dicembre 2004, n.300, (“Codice di deontologia”).
La Circolare n.139 dell’11 febbraio 1991 dispone che gli intermediari comunichino a cadenza mensile la posizione di rischio di ciascun cliente allorquando eguagli o superi le soglie di censimento previste[8]. La segnalazione deve essere trasmessa in Banca d’Italia entro il venticinquesimo giorno successivo al mese cui si riferisce il dato segnalato. La segnalazione deve attenere alla posizione di rischio in essere all’ultimo giorno del mese di riferimento nel quale si è verificato l’eguagliamento o il superamento delle soglie. Gli intermediari sono tenuti anche a condurre rilevazioni inframensili concernenti i cambiamenti di “stato” nella situazione debitoria della clientela, le regolarizzazioni dei ritardi di pagamento relativi ai finanziamenti a scadenza prefissata e i “rientri” dagli sconfinamenti persistenti. Le rilevazioni mensili e inframensili devono vertere su informazioni delle quali gli intermediari possano garantirne l’affidabilità. A tal fine gli intermediari sono tenuti a verificare, sulla base della documentazione in loro possesso, le informazioni anagrafiche della clientela, presupposto essenziale per la corretta identificazione dei soggetti segnalati e, conseguentemente, per la corretta imputazione dei rischi. Per garantire la qualità delle informazioni, le segnalazioni tramesse in Centrale dei rischi devono essere previamente verificate. Non è consentita la concessione di proroghe rispetto ai termini previsti. Nel caso in cui si riscontrino difficoltà, determinate dal verificarsi di circostanze eccezionali, l’intermediario è tenuto a darne tempestiva comunicazione in Banca d’Italia.
Le Istruzioni per gli intermediari creditizi della Banca d’Italia prevedono molteplici segnalazioni sulla base di presupposti gradatamente diversi[9], nell’accezione più ampia noti come non performing loans. Caratteristica dei crediti deteriorati è l’incertezza di riscossione dei crediti suddetti da parte delle banche e il conseguente rischio di non essere pienamente rimborsati. I non performing loans si suddividono, per scadenza, difficoltà del debitore e ammontare dell’esposizione, in crediti «scaduti», «incagli», «ristrutturati» e «sofferenze»[10]. Particolare riguardo necessitano tra tutti i crediti «a incaglio» e i crediti «a sofferenza», in quanto, segnalazioni inesatte o erronee vertenti sui di essi, possono causare maggiori ripercussioni negative per il segnalato[11]. I crediti «a incaglio» conseguono ad un inadempimento che prefigura obiettiva difficoltà economica temporanea; i crediti «a sofferenza» implicano che il soggetto versi in uno stato d’insolvenza[12], anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili[13], tale per cui ad esso si riconosce il livello più alto di deterioramento del credito.
Quanto ai profili di illegittimità della segnalazione, la giurisprudenza dell’ABF[14] riconosce due requisiti di legittimità della iscrizione di un nominativo in Centrale dei rischi. L’uno attiene alla veridicità sostanziale dei fatti di inadempimento segnalati; l’altro al rispetto dell’obbligo di preavviso al segnalante della prossima sua iscrizione in un sistema informativo.
Per quanto attiene al primo profilo di legittimità, la segnalazione deve essere legittima proceduralmente e corretta nel contenuto. L’informazione deve essere correttamente imputata al soggetto segnalato, una sola volta, e deve contenere dati sempre veritieri, tale per cui, alla modificazione dello status del soggetto segnalato, consegue l’obbligo in capo all’intermediario di darne comunicazione tempestiva al gestore del sistema informativo. Qualora un intermediario comunichi il nominativo di un soggetto segnalato erroneamente, questi deve provvedere tempestivamente alla cancellazione del nominativo nella banca dati ed è tenuto al risarcimento del danno, così come disposto dall’art.15 del decreto legislativo n. 196 del 2003. La segnalazione della posizione contrattuale-debitoria non deve essere registrata duplicata per errore. Al fine di garantire la continua correttezza delle informazioni contenute in Centrale dei rischi, l’intermediario può proporre la rettifica della posizione di rischio erroneamente segnalata o non correttamente imputata. Acquisita la rettifica, la Centrale dei rischi provvede a comunicarla a tutti gli interessati. L’intermediario è tenuto a comunicare alla Centrale dei rischi anche eventuali modificazioni in melius o in peius della situazione debitoria del cliente segnalato. La segnalazione risulta inoltre errata nell’ipotesi di errore nella segnalazione di categoria del credito e di errore di quantificazione della presunta esposizione. Circa la correttezza della valutazione della posizione debitoria del cliente, è pacifico, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, che l’appostazione a sofferenza deve risultare da una valutazione complessiva della situazione finanziaria del cliente[15].
Quanto al secondo profilo, è pacifica in giurisprudenza[16] l’illegittimità della segnalazione avvenuta in violazione dell’obbligo di preavviso sia presso la Centrale dei rischi sia presso i sistemi di informazione creditizia privati. L’intermediario infatti è tenuto ad informare preventivamente il cliente in occasione prima segnalazione. Il cliente deve essere reso edotto, prima dell’invio della segnalazione, della classificazione negativa che evidenzia un inadempimento persistente o una sofferenza del cliente. Al fine di garantire il rispetto dei termini previsti, l’intermediario può procedere al preavviso del cliente anche tramite l’utilizzo di mezzi elettronici o telematici, quali e-mail o sms, affinché la comunicazione sia tempestiva. L’obbligo di preavviso della prima segnalazione che incombe sull’intermediario garantisce la trasparenza del rapporto tra intermediario e cliente e, expressis verbis[17], non può essere utilizzata quale strumento di sollecitazione del debitore ad adempiere.
2.2. Il problema della natura della responsabilità per illegittime segnalazioni
L’illegittima segnalazione presso la Centrale dei rischi e gli altri sistemi di informazione creditizia determina conseguenze negative per il cliente, sia esso consumatore sia esso professionista, nonché determina la responsabilità in capo all’intermediario segnalante.
Tanto in dottrina quanto in giurisprudenza si è sviluppato un acceso dibattito sulla natura della responsabilità dell’intermediario per illegittima segnalazione nei sistemi di informazione creditizia e in Centrale dei rischi. Per taluni, dall’illegittima segnalazione discenderebbe responsabilità contrattuale; talaltri invece ricondurrebbero in capo all’intermediario responsabilità extracontrattuale. La scelta dell’uno o dell’altro orientamento non è marginale. La divergente natura dei due tipi di responsabilità[18] si riflette sulla disciplina dell’onere della prova, della risarcibilità del danno[19], della prescrizione e della capacità.
Aderire alla prima tesi piuttosto che alla seconda non è affatto agevole. Vi sono infatti zone che possono definirsi «grigie»[20] o di «turbolenza»[21], in cui è arduo per l’interprete ascrivere all’uno o all’altro campo di responsabilità. Le zone d’ombra tra contratto e torto[22] sono molteplici[23] e contemplano situazioni nelle quali manca un negozio giuridico, pur permanendo un vincolo o un obbligo specifico non riconducibile al dovere generico del neminem laedere[24].
Le soluzioni possono derivare da un’indagine che prenda in esame la fattispecie quale fonte di responsabilità ovvero da un’indagine che prenda in considerazione l’effetto ossia le situazioni giuridiche oggettive che si rinvengono[25]. Conducendo un’indagine che prende le mosse dall’effetto della responsabilità, si riconosce natura extracontrattuale quando è legittimato a lamentarsi soltanto il soggetto che ha subìto il danno. Prendendo in esame la fattispecie, si attribuisce natura contrattuale allorquando le situazioni di fatto si caratterizzano per l’assunzione di obblighi specifici, riconducibili ad un contratto[26].
Il problema relativo alla natura della responsabilità si rinviene in casi esemplari quali quello del medico dipendente di struttura ospedaliera e dell’intermediario finanziario. Nell’ambito della fattispecie delle informazioni non veritiere[27], rileva la qualifica del soggetto da cui queste promanano. La qualifica professionale del soggetto implica che allo stesso dovranno essere applicati gli obblighi specifici previsti dalle norme. Pertanto, l’esistenza di regole comportamentali e l’affidamento[28] nel rispetto delle stesse, inducono a riconoscere in capo ai soggetti qualificati una responsabilità per lesione dell’affidamento di natura contrattuale[29].
2.3 Tesi della natura della responsabilità: contrattuale
Tesi condivisa da parte di dottrina[30] e giurisprudenza attribuisce natura contrattuale alla responsabilità da illegittima segnalazione. La Corte di Cassazione con sentenza n. 25512 del 26 ottobre 2017 si è pronunciata sulla natura della responsabilità della banca che provvede alla segnalazione in difetto dei presupposti sostanziali. La Corte ha rilevato che l’illegittima segnalazione in Centrale dei rischi genera una responsabilità di natura negoziale in capo all’intermediario. I motivi addotti dagli Ermellini a sostegno della tesi responsabilità contrattuale dell’intermediario sono molteplici.
Anzitutto la Corte chiarisce che la normativa posta in attuazione degli obblighi di vigilanza informativa[31], pur perseguendo interessi pubblicistici di contenimento dei rischi bancari, integra il contenuto del rapporto contrattuale tra l’intermediario e il cliente, poiché «delinea i presupposti che giustificano la segnalazione alla cd. Centrale Rischi», facendo discendere l’obbligo di accertamento preventivo dell’esistenza dei presupposti sostanziali della segnalazione. Pertanto, la violazione della disciplina dei presupposti della segnalazione in Centrale dei rischi genera responsabilità contrattuale dell’intermediario. Nel caso di specie, la violazione della disciplina dei presupposti può rilevarsi nell’erronea appostazione del credito a sofferenza da parte dell’intermediario segnalate, il quale erroneamente ha riscontrato l’esistenza dello stato di insolvenza del creditore. Dal momento che l’imputazione a sofferenza è il frutto di una valutazione discrezionalmente condotta dall’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente, l’errata individuazione dei presupposti sostanziali della segnalazione generano una responsabilità in capo alla banca di natura contrattuale.
2.4. Tesi della natura della responsabilità: extracontrattuale
Altro orientamento riconosce natura extracontrattuale alla responsabilità bancaria per segnalazioni illegittime. In giurisprudenza, ex multis, la decisione dell’ABF di Roma[32], conformatasi ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, ritiene che «la illegittima segnalazione di un soggetto alla Centrale Rischi della Banca d’Italia è addebitabile, a titolo di colpa, a colui il quale abbia a ciò provveduto pur avendo a disposizione la documentazione necessaria per verificarne la reale sofferenza». Il Collegio giudicante, ritenendo la responsabilità dell’intermediario segnalante di natura extracontrattuale, apre a due questioni controverse le quali concernono il verificarsi di un danno ingiusto e la consequenzialità del pregiudizio. Per quanto attiene alla definizione di danno ingiusto, è bene distinguere tra danni patrimoniali e danni non patrimoniali. I danni patrimoniali sono ingiusti quando ricorrono gli elementi di cui all’art.2043 c.c. quindi il danno deve essere non solo non iure ma anche lesivo di un interesse giuridicamente rilevante. Il danno non patrimoniali potranno essere considerati ingiusti e dunque risarcibili solo ove, ai sensi dell’art.2059 c.c., siano contra ius e ledano un bene della vita costituzionalmente tutelato tra i diritti inviolabili. Rispetto alla consequenzialità del pregiudizio, come rilevato da attenta dottrina[33], la condotta, consistente nella segnalazione in violazione dei presupposti previsti normativamente, è non iure e pertanto può definirsi in re ipsa contra ius.
2.5 La tesi del tertium genus
Si è diffusa sia in dottrina sia in giurisprudenza la tesi del tertiun genus di responsabilità. Taluni infatti ritengono la responsabilità dell’intermediario per illegittima segnalazione una forma ibrida di responsabilità tra la natura contrattuale e quella extracontrattuale, prospettando anche la fattispecie di responsabilità da false informazioni.
Secondo l’orientamento del tertium genus di responsabilità, l’illegittima segnalazione[34] della posizione debitoria del cliente genera in capo all’intermediario segnalante un cumulo di responsabilità. Si configura illecito extracontrattuale allorquando la segnalazione illecita arrechi pregiudizio ai diritti della personalità; si configura invece responsabilità contrattuale qualora, in costanza di rapporto contrattuale tra intermediario e cliente, il primo violi gli obblighi di buona fede e correttezza[35].
Rispetto alla fattispecie di responsabilità da false informazioni, non è pacifico se possa ricondursi nell’alvo della responsabilità contrattuale, quale conseguenza della violazione degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede, ovvero di quella extracontrattuale, essendo conseguente alla lesione del diritto all’integrità del patrimonio.
La responsabilità per false informazioni derivante da erronea segnalazione alla Centrale dei rischi è peculiare rispetto al danno conseguente alla illegittima segnalazione, che cade nella sfera del cliente segnalato; pertanto questi non potrà ascrivere la responsabilità al legittimo affidamento, ma è leso nel valore d’uso della rappresentazione pubblica[36]. Ipotesi diffusa della fattispecie in esame è concerne la tutela della reputazione economica e personale di un imprenditore avverso la diffusione di informazioni fuorvianti[37].
3. Natura del danno e quantificazione: danno in re ipsa o da dimostrare?
3.1. Natura del danno
In caso di illegittima segnalazione, l’ordinamento garantisce tutela al segnalato approntando rimedi quali la cancellazione tempestiva del suo nominativo presso la banca dati creditizia[38]. Dall’illegittima segnalazione scaturisce un danno per il cliente che il responsabile, quale è l’intermediario segnalante, dovrebbe essere tenuto a risarcire. Invero, pur correndo l’obbligo in capo al responsabile di un danno contra ius di risarcirlo, non sempre il danno è considerato in concreto «risarcibile»[39]. Nel caso in esame, il riconoscimento del risarcimento del danno in favore del soggetto segnalato erroneamente non è immediata conseguenza dell’illegittimità della segnalazione[40] ma deriva dalla sussistenza degli elementi della responsabilità imputabile in capo al segnalante.
Dall’illegittima segnalazione possono scaturire danni sia patrimoniali sia non patrimoniali. Quanto al danno patrimoniale, l’illegittima segnalazione in banche dati può causare un danno emergente e un lucro cessante[41]. Il danno emergente rileva allorquando l’illegittima segnalazione comprometta la possibilità per il segnalato di ricevere nuovo credito dal sistema creditizio[42]. Al contempo, l’illegittima segnalazione, incidendo sul rapporto tra cliente e sistema bancario, può determinare una compromissione degli affari del segnalato[43], ingenerando così un pregiudizio patrimoniale consistente nel lucro cessante[44]. Quanto al danno non patrimoniale[45], l’illegittima segnalazione della posizione debitoria del cliente incide in peius sull’immagine del soggetto segnalato determinandone una lesione dell’immagina pubblica. La lesione dell’immagine e della reputazione di un soggetto, in particolare di un professionista[46], che deriva dalla segnalazione in Centrale dei rischi o in altri sistemi informativi, può essere giustificata solo per preminenti interessi pubblici. Pertanto, come evidenziato dalla giurisprudenza di merito[47], non è giustificabile la lesione dell’immagine e della reputazione se la segnalazione avviene sulla base di presupposti erronei.
3.2 Prova del danno
Per quanto concerne la prova del danno subìto a seguito dell’illegittima segnalazione, si rende necessario distinguere l’ipotesi di danno patrimoniale da quella di danno non patrimoniale.
Quanto alla prima ipotesi, pare pacifico affermare che il danno patrimoniale deve essere provato dal soggetto segnalato. Il Collegio bancario ha più volte ritenuto di non accogliere la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale addotta dal ricorrente in quanto questi non aveva fornito «alcun elemento di prova idoneo a suffragare la relativa richiesta», mancando inoltre la prova della sussistenza del «nesso di causalità tra la condotta dell’intermediario e i pregiudizi patrimoniali lamentati»[48]. Il danno patrimoniale è un danno rigorosamente da provare[49] e mai in re ipsa[50].
Contrasti sorgono, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, in merito alla qualificazione del danno non patrimoniale quale danno in re ipsa[51] o quale danno da dimostrare. Copiosa è la giurisprudenza nella quale il danno non patrimoniale si fa discendere automaticamente, presuntivamente[52], dal carattere illegittimo della segnalazione ai danni del segnalato[53]. Il carattere in re ipsa del danno non patrimoniale si giustifica con il fatto che lesione dell’immagine e della reputazione discende ipso facto dall’erronea segnalazione del soggetto segnalato. Vi è cioè un «automatismo risarcitorio, conseguente al mero accertamento dell’antigiuridicità della condotta»[54]. Pertanto, non deve incombere sul segnalato l’onere di fornire priva dell’esistenza del danno in quanto l’accertamento del danno risarcibile è diretta conseguenza dell’accertamento della lesione dell’immagine e della reputazione di una persona, fisica o giuridica. La giurisprudenza, per avallare la tesi della natura in re ipsa del danno da illegittima segnalazione in Centrale dei rischi, ha opportunamente richiamato per analogia le decisioni assunte negli anni in tema di danno da lesione dell’immagine sociale causata da illegittimo protesto. Secondo la Corte[55], è analogo negli effetti il danno arrecato da protesto a quello conseguente ad una segnalazione illegittima. Dal momento che nell’un caso il soggetto erroneamente inserito nel cartello dei cittadini insolventi patisce una lesione dell’immagine sociale, anche nel caso della segnalazione illegittima si deve ritenere che il soggetto subisca un danno non patrimoniale da lesione dell’immagine sociale e professionale. Un danno che, secondo gli Ermellini che richiamano un consolidato orientamento[56], deve essere risarcito senza che incomba sul soggetto segnalato l’onere di fornirne la prova.
Non mancano voci discordanti in merito al danno non patrimoniale, che per taluni non potrebbe esse considerato in re ipsa ma dovrebbe ritenersi quale danno da provare. Il Collegio arbitrale bancario[57], claris verbis, richiamando consolidati indirizzi giurisprudenziali[58], asserisce che «il danno non patrimoniale non deve assumersi come danno in re ipsa, ma come conseguenza pregiudizievole che non è – quantomeno direttamente e immediatamente – apprezzabile sul piano economico». Orientamento condiviso in altre decisioni dell’ABF, nella cui già richiamata decisione[59] dichiara in modo lapidario che non è «predicabile l’esistenza nel nostro ordinamento di danni in re ipsa: né patrimoniali, né non patrimoniali».
Bibliografia
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Giurisprudenza
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Arbitro Bancario Finanziario, 24 settembre 2012, n. 3089.
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Cassazione Civile, Sezione III, 22 febbraio 2017, n.4612.
Arbitro Bancario Finanziario, 11 dicembre 2018, n. 26347.
Arbitro Bancario Finanziario, 11 gennaio 2018, n.309.
Arbitro Bancario Finanziario, 28 febbraio 2019, n. 6227.
Note
[1] Banca d’Italia, Circolare n.139 dell’11 febbraio 1991, Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi. La Circolare è giunta attualmente al 19° Aggiornamento datato gennaio 2019.
[2] Banca d’Italia, Tematiche istituzionali. La Centrale dei rischi. Obiettivi, attualità, prospettive, Maggio 1995.
[3] ABF, 25 ottobre 2013, n. 3425.
[4] F. lenoci, S. Peola, Nuova Centrale dei Rischi, Ipsoa, II ed., Assago, 2012, p.349.
[5] Vd. Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, “T.U.B.”); Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di seguito denominato “T.U.F.”); Legge 30 aprile 1999, n. 130, recante Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti”; Decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito con legge 12 luglio 2011, n. 106 e successive modifiche; decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre, n. 326. decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 3 febbraio 2011, n. 117, “Disposizioni sul credito ai consumatori e modifiche alla deliberazione del 4 marzo 2003 in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”; Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati) (“GDPR”); Decreto legislativo del 30 giugno 2003 n. 196, “Codice in materia di protezione dei dati personali” (“Codice della privacy”), come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018 n. 101 recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 (Regolamento generale sulla protezione dei dati).
[6] Delibera CICR del 29 marzo 1994 (G.U. 20 aprile 1994, n. 91), recante norme sulla Disciplina della Centrale dei rischi. Coordinamento con le norme del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.
[7] BANCA D’ITALIA, Circolare n.139 dell’11 febbraio 1991, Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi. La Circolare è giunta attualmente al 19° Aggiornamento datato gennaio 2019.
[8] Per le soglie di censimento, cfr. cap. II, Sezione 1, par. 5 della Circolare n.139 dell’11 febbraio 1991.
[9] G. Liberati Buccianti, «Attività d’impresa e illegittima segnalazione “a sofferenza” in Centrale Rischi», in Nuova giur. civ. comm., a cura di Guido Alpa e Paolo Zatti, Milano, Cedam, 4, 2014, p.
315.
[10] M. Clarich, D. Crivellari, G. Grassano, A. Jorio, A. Lionzo, M. Marchesi, A. Sciarrone Alibrandi, Francesco Vella, I crediti deteriorati nelle banche italiane, coll. Diritto Commerciale Interno e Internazionale, a cura di F. Cesarini, Torino, Giappichelli, 2017, p.47. Differente la ripartizione della categoria dei non performing loans prevista in Banca d’Italia, Circolare n.272 del 20 febbraio 2008, Matrice dei conti. La Circolare è giunta attualmente al 12° Aggiornamento datato settembre 2019, in applicazione del regolamento UE 227/2015.
[11] G. Liberati Buccianti, op. cit., p.314.
[12] Rispetto alla nozione di «stato di insolvenza», quale presupposto per la segnalazione di crediti «a sofferenza», si è sviluppato un copioso dibattito in dottrina e in giurisprudenza. Per taluni, attualmente l’orientamento minoritario, «per stato di insolvenza» deve intendersi quanto disposto dall’art.5 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (“Legge fallimentare”), e pertanto dovranno riscontrarsi «inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni». Crf. G. Liberati Buccianti, op. cit., p.314; Tribunale Alessandria, 20 ottobre 2000; App. Roma, 30 novembre 1999; Cassazione Civile, Sezione I, 1 aprile 2009, n. 7958. Talaltri, che compongono le file dell’orientamento maggioritario, ritengono che per stato di insolvenza non debba intendersi in subiecta materia ai sensi di quanto disposto dall’art. 5 “Legge fallimentare”. Cfr. Cassazione Civile, Sezione III, 22 febbraio 2017, n.4612; Cassazione Civile, Sezione I, 10 ottobre 2013, n. 23083; Cassazione Civile, Sezione I, 24 maggio 2010, n. 12626; ABF., 30 luglio 2012, n. 2651; ABF, 11 gennaio 2018, n.309. Cassazione Civile, Sezione I, 29 gennaio 2015, n.1725; Cassazione Civile, Sezione I., 16 dicembre 2014, n.26361; Cassazione Civile, Sezione I, 9 luglio 2014, n.15600; Cassazione Civile, Sezione I, 9 luglio 2014, n. 15609; Tribunale Treviso, 04 ottobre .2016 [ord.]. Sul punto anche Sul punto anche Cassazione Civile, Sezione I, 26 ottobre 2017, n.25512, la quale ritiene che «la nozione di insolvenza ai fini della segnalazione del credito “in sofferenza”, quale si ricava dalle “Istruzioni” emanate dalla Banca d’Italia in materia, non si identifica con quella dell’insolvenza fallimentare, dovendosi piuttosto far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “deficitaria”, ovvero come “grave difficoltà economica”, senza quindi alcun riferimento al concetto di incapienza ovvero di “definitiva irrecuperabilità”».
[13] Ibidem.
[14] ABF, 24 settembre 2012, n. 3089.
[15] Circolare n.139 dell’11 febbraio 1991, 19° Aggiornamento datato gennaio 2019, Cap. II, Sezione II., par. 1.5.
[16] Ex multis: ABF, 24 settembre 2012, n. 3089, in cui il Collegio afferma che il preavviso «è un obbligo ex lege che incombe sul segnalante e che l’adempimento di tale obbligo è condizione di legittimità della susseguente segnalazione del cliente in C.R.». Inoltre, il Collegio fa discendere dall’art.1335 c.c. che «l’onere della prova che incombe sull’intermediario segnalante e concerne la circostanza del recapito della missiva al domicilio del segnalato». Pertanto, richiamandosi a consolidato orientamento (cfr. Cassazione Civile, Sezione III, 8 agosto 2007, n. 17417; Cassazione Civile, Sezione III, 4 giugno 2007, n. 12954; Cassazione Civile, Sezione II, 13 aprile 2006, n. 8649; Cassazione Civile, Sezione I, 16 gennaio 2006, n. 7588, discende che l’invio tramite lettera raccomandata con relativa ricevuta di spedizione dall’ufficio postale costituisce prova certa della spedizione da cui consegue la presunzione dell’arrivo al destinatario e della conoscenza. Sul punto, la decisione ABF, 10 settembre 2015, n. 6893, dalla quale decisione si evince che, se l’intermediario utilizzi la posta ordinaria «in luogo della posta raccomandata o di altro mezzo di trasmissione equivalente, non possa avvalersi della presunzione stabilita dall’art. 1335 cod. civ. e debba dimostrare la conoscenza della comunicazione da parte del destinatario. Rispetto a tale principio, va rimarcato che effettivamente nessun onere di forma è imposto dalla legge, ma che, in assenza di altri elementi di prova della circostanza che il preavviso sia stato effettivamente inviato, la posta ordinaria non è idonea di per sé a dare evidenza dell’effettiva spedizione»; in merito all’onere della prova della ricezione e comunicazione della segnalazione in capo all’intermediario, ABF, 25 giugno 2013, n. 3425, per cui «l’intermediario avrebbe dovuto fornire la prova della ricezione o comunque della conoscenza, da parte del ricorrente, del preventivo avviso di segnalazione. Non essendo riuscito l’intermediario a fornire tale prova, la segnalazione va giudicata illegittima ai sensi dell’art. 4, 7° co., del Codice di deontologia (…), che afferma il diritto dell’interessato ad essere avvertito “circa l’imminente registrazione dei dati in uno o più sistemi di informazioni creditizie”»; ABF, 9 marzo 2017, n.2422, il quale Collegio ha riconosciuto l’obbligo di preavviso di segnalazione in Centrale dei rischi nei confronti del cliente professionista;
[17] Circolare n.139 dell’11 febbraio 1991, 19° Aggiornamento datato gennaio 2019.
[18] A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, Milano, Giuffré, 2001, p.192, si rileva che non è prospettabile «la tesi secondo cui la responsabilità di colui a cui carico già sussiste una precisa obbligazione e/o vincolo contrattuale abbia il medesimo fondamento (e natura) della responsabilità in cui incorre colui che, pur non essendo legato da alcun rapporto con altri, provochi comunque un danno ingiusto alla altrui sfera giuridica. Se non altro, la pre-esistenza del vincolo (derivante dal contratto) già segnala e delimita l’area di responsabilità del contraente, essendo ricompresa nel vincolo assunto la promessa e/o il dovere di fare tutto il possibile, nei limiti dello sforzo esigibile, per eseguire correttamente il contratto.».
[19] Per quanto concerne la disciplina della risarcibilità del danno, come evidenziato da A. Di Majo, La responsabilità contrattuale, Torino, Giappichelli, 2007, p. 119 ss., il codice civile italiano, sulla falsa-riga del BGB tedesco, offre una rappresentazione unitaria del danno contrattuale ed extracontrattuale negli articoli 1223, 1226, 1227 i quali disciplinano il risarcimento del danno da inadempimento, richiamati anche per la valutazione del danno extra-contrattuale all’art.2056 c.c. Si chiarisce che «Unica nota differenziale per il danno extracontrattuale o aquiliano è il mancato richiamo alla prevedibilità del danno (art.1225). Per quello contrattuale non figura il rimedio della reintegrazione in forma specifica (art.2058)».
[20] A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, Milano, Giuffré, 2001, p.197.
[21] C. Castronovo, La nuova responsabilità civile, Milano, Giuffré, 1997, p. 117, «C’è un’area di turbolenza ai confini tra responsabilità aquiliana e responsabilità contrattuale (…)».
[22] A. Di Majo, op. cit.
[23] A. Di Majo, op. cit., p. 198 ss. Si prendono in esame numerose esemplificazioni. Tra queste è bene menzionare la seguente: «ove un istituto di credito intenda concedere un finanziamento ad un imprenditore esso vorrà ottenere garanzia del soggetto finanziato. A tale scopo l’imprenditore darà incarico ad un perito di apprezzare l’immobile ove ha sede l’impresa. Ove la perizia si presenti errata, occorre chiedersi se anche l’istituto di credito possa agire contro il perito. Si dà risposta positiva ove si ritenga che il contratto tra imprenditore e perito produca anche un effetto (definitivo) positivo verso il terzo (istituto di credito).».
[24] A. Di Majo, Profili della responsabilità civile, Torino, Giuffré, 2010, p. 69.
[25] Per quanto concerne la questione di metodo da applicarsi alle zone d’ombra tra contratto e torto, A. Di Majo, op. cit., p.70 ss.
[26] A. Di Majo, op. cit., p.70 ss.
[27] A. Di Majo, op. cit., p.79 ss.
[28] E. Bellisario, Certificazioni di qualità e responsabilità civile, Giuffré, Milano, 2011, p.222.
[29] C. Castronovo, La nuova responsabilità civile, Milano, Giuffré, 1997, p. 495, come citato da E. Bellisario, Certificazioni di qualità e responsabilità civile, Giuffré, Milano, 2011, p.222.
[30] S. Pellegatta, Responsabilità da illegittima segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi: la discussa ammissibilità di un danno non patrimoniale in re ipsa, in Il diritto degli affari.it, 2018, n.104, p. 13. Secondo l’autore «L’illegittima segnalazione, di regola, si verifica nello svolgimento di un rapporto contrattuale con il segnalante. La responsabilità viene dunque attratta all’interno dello schema della responsabilità contrattuale che comporta le note agevolazioni sul piano probatorio per il soggetto segnalato. Nello svolgimento del rapporto contrattuale la buona fede implica non soltanto il rispetto della legge e delle dovute pattuizioni contrattuali, ma altresì obblighi di protezione dell’altro contraente: in particolare sono dovute quelle cautele e attività ulteriori che, senza sacrificio eccessivo per una parte, consentono all’altra di conservare o conseguire le utilità nascenti dal contratto (c.d. buona fede integrativa)».
[31] Art. 51, decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, “T.U.B.”).
[32] ABF, 12 giugno 2013, n.3216.
[33] M. Gorgoni, Misure di contenimento del rischio del credito e tutela della reputazione, in La responsabilità civile, 2011, p. 272.
[34] Per la qualificazione dell’illegittima segnalazione si veda S. Pellegatta, op. cit., per il quale «L’illegittima segnalazione costituisce un illecito pluri-offensivo. Da un lato essa lede l’affidamento del segnalato all’interno del rapporto contrattuale con la Banca, ben potendosi configurare come un inadempimento contrattuale. Dall’altro essa va ad incidere su alcuni “beni giuridici” fondamentali di tale soggetto: il riferimento è in particolare al diritto alla reputazione e alla immagine del segnalato, quale diritto fondamentale della personalità. Inoltre la segnalazione illegittima integra la previsione della speciale responsabilità introdotta dall’art. 15 del Codice della Privacy, che la equipara a quella del gestore di una attività pericolosa. Si profila dunque un possibile concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, secondo le modalità che saranno di seguito meglio descritte e approfondite».
[35] ABF, 31 agosto 2015, n. 6428.
[36] M. Gorgoni, op. cit., p.280.
[37] Cassazione Civile, Sezione I, 24 maggio 2010, n. 12626.
[38] S. Pellegatta, op. cit., p.12.
[39] A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, Milano, Giuffré, 200, p. 204, in cui sulla nozione di danno risarcibile si afferma che «si potrebbe, in primo luogo, ritenere che la disciplina del risarcimento faccia riferimento ad un concetto di danno, quale recepito tout court dalla realtà economico-sociale. A questo riguardo il “danno” deve definirsi ogni forma di pregiudizio e/o di alterazione in peggio di un bene o di un interesse, riferiti ad un determinato soggetto. Trattasi di un concetto di danno in senso materiale o naturalistico. Ma che questo concetto di danno sia scarsamente utilizzabile nella costruzione della obbligazione (di risarcimento) è agevolmente comprensibile. L’obbligazione risarcitoria è commisurata ad es., per chiara norma di legge (art.1223) alla «perdita economica o al mancato guadagno» che dal fatto illecito ha risentito il danneggiato, onde è a tali aspetti che dovrà aversi riguardo».
[40] S. Pellegatta, op. cit., p.12.
[41] Ibidem.
[42] Sulla definizione di «danno emergente» si veda M. Franzoni, Il danno risarcibile, in Trattato della responsabilità civile, Milano, Giuffré, 2004, p. 55 ss. Per l’autore, il danno emergente sottrae entità a ciò che già il danneggiato aveva. Inoltre «Il danno emergente indica qualsiasi perdita patrimonialmente apprezzabile in conseguenza dell’inadempimento o del fatto illecito. In via esemplificativa, pertanto, si può ritenere che appartengano a questa categoria: il mancato conseguimento della prestazione, così come la prestazione difforme da quella promessa; la temporanea impossibilità di godere del bene, anche se questa non comporta esporsi per la vittima; le spese affrontate per diminuire o evitare il danno».
[43] S. Pellegatta, op. cit. p.12.
[44] Sul punto si veda la definizione offerta da M. Franzoni, op. cit., per il quale il lucro cessante impedisce che nuovi elementi, nuove utilità vengano acquistate e godute dal danneggiato.
[45] Cfr. C. Amato, Nozione unitaria di danno non patrimoniale e autonomia negoziale, in Il danno non patrimoniale. Giuda commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2018, n.26972/3/4/5, Milano. Giuffé, 2009, p.31. Secondo l’autore, tre sono le articolazioni del danno non patrimoniale, quali la lesione dei diritti inviolabili di rango costituzionale e non suscettibili di valutazione economica, lesione di interessi non patrimoniali in violazione delle norme di legge ordinari che li preveda e l’ipotesi di reato. Sulla risarcibilità del danno non patrimoniale, R. Scognamiglio, Responsabilità civile e danno, Torino, Giappicchelli, 2010, p. 378; Cass. S.U., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975.
[46] Definizione di cui all’art.3 del Decreto legislativo, 06/09/2005 n° 206 (“Codice del Consumo”).
[47] Tribunale Savona, 03 aprile 2002, procedimento cautelare n. 1139.
[48] ABF, 25 giugno 2013, n. 3425; dello stesso avviso ABF, 28 febbraio 2019, n. 6227. Il Collegio non accoglie la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale da illegittima segnalazione in quanto nel caso di specie non risulta in alcun modo documentato il danno patrimoniale allegato dalla parte ricorrente, ovvero le difficoltà e/o il mancato accesso al credito conseguente all’illegittima segnalazione».
[49] S. Pellegatta, op. cit. p.16; prosegue l’autore «il soggetto illegittimamente segnalato dovrà così dimostrare la perdita patrimoniale e il mancato guadagno, quale la perdita di altre occasioni, lo smobilizzo di fondi, l’impossibilità di operare per il soggetto segnalato in correlazione con il suo fatturato ordinario o medio, la perdita di clienti, il rifiuto di altri intermediari finanziari di concedere credito. Il danno potrà così financo risultare notevolmente maggiore dell’importo segnalato a sofferenza».
[50] ABF, 11 dicembre 2018, n. 26347.
[51] Sulla definizione di danno in re ipsa, [51] M. Gorgoni, Misure di contenimento del rischio del credito e tutela della reputazione, in La responsabilità civile, 2011, p. 279, per il quale autore «Anche se vi è la tendenza a considerare il danno in re ipsa una declinazione meramente terminologica del danno even-to, non è così, perchè il danno in re ipsa, includendo nel concetto di danno anche il pregiudizio coincidente con la lesione di un interesse, dal punto di vista processuale implica che allegazione e prova dell’evento lesivo e del danno coincidono.»; S. Pellegatta, op. cit. p.16, per il quale «L’esistenza di un danno non patrimoniale è stata talora ritenuta per così dire in re ipsa: essa verrebbe così fatta discendere automaticamente dalla segnalazione senza che occorra la dimostrazione specifica della lesione alla propria immagine e sfera giuridica, determinata per effetto della iscrizione nella banca dati.».
[52] Sulla presunzione del danno da lesione di immagine si veda il commento offerto da Liberati Buccianti, op. cit. p.311 per il quale «l’Arbitro ha fatto riferimento a quel filone giurisprudenziale aperto con riferimento al protesto cambiario illegittimo (Cass., 30.8.2007, n. 18316, infra, Sezione III) dove si è affermato che in questi casi l’illegittimità del protesto lede i diritti alla persona, come ad esempio quello alla reputazione per il discredito subito, ed il danno è in re ipsa e dovrà essere risarcito senza che incomba sul danneggiato l’onere di fornire la prova della sua esistenza».
[53] Tribunale Lecce, 3 novembre 2005, ha riconosciuto ai clienti di una banca il diritto al risarcimento del danno all’immagine e alla reputazione, considerando tali danni esistenti in re ipsa, cioè subiti a seguito di una errata segnalazione alla Centrale dei rischi presso la Banca d’Italia. Il giudice di merito asserisce «la lesione della reputazione personale esime il soggetto leso dall’onere di fornire in concreto la prova del danno in quanto questo viene considerato in re ipsa. Pertanto, la richiesta di risarcimento danni da illegittima segnalazione può trovare accoglimento solo e esclusivamente con riferimento al danno alla reputazione e all’immagine patito dagli attori in quanto lo stesso considerato in re ipsa, non potendo invece essere risarcito alcun altro danno non essendo stata fornita la prova dello stesso» e richiama le sentenze Tribunale Bari, Sezione I, 22 dicembre 2000; Tribunale Roma, 25 novembre 2004, n. 31484; App. Milano, 4 novembre 2003; Tribunale Milano, 17 marzo 2004; Cassazione Civile, Sezione III, 19 gennaio 2001, sent. n. 4881 e Cassazione Civile, Sezione III, 5 novembre 1998, sent. n. 1103, secondo le quali sentenze il danno da informazione inesatta si ritiene in re ipsa legittima pertanto il diritto al risarcimento senza che incomba sul danneggiato l’onere di fornire la prova dell’esistenza del danno; Tribunale Milano, 19 febbraio 2001, ord, secondo il quale «L’accertamento di una lesione della onorabilità della persona determina in re ipsa anche l’accertamento di un danno risarcibile, da liquidarsi equitativamente indipendentemente dalla prova di un concreto nocumento agli interessi commerciali e patrimoniali del soggetto leso»; Tribunale Milano, 27 luglio 2004. ord., ha sostenuto che «In caso di segnalazione a sofferenza alla Centrale dei Rischi, il danno per l’imprenditore segnalato consiste nella lesione della reputazione commerciale e ben può liquidarsi equitativamente ed indipendentemente dalla prova di un concreto nocumento agli interessi commerciali e patrimoniali del soggetto leso».
[54] M. Gorgoni, op.cit., p.274.
[55] Cassazione Civile, Sezione I, 24 maggio 2010, n. 12626.
[56] Cassazione Civile, Sezione III, 18 aprile 2007, n. 9233; Cassazione Civile, Sezione I, 28 giugno 2006, n. 14977; Cassazione Civile, Sezione III, 12 giugno 1998, n.11103.
[57] ABF, 25 giugno 2013, n.3425.
[58] Ex multis: Cassazione Civile, Sezione I., 11 novembre 2008, n. 26972.
[59] ABF, 11 dicembre 2018, n.26347, la quale richiama a Cassazione Civile, Sezione III, 21 novembre 2017, n. 27557 [ord].