Cancellazione albo avvocati: rinvio questione alla Corte Costituzionale

Le Sezioni Unite Civili hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 della legge n. 247/2012, che vieta la cancellazione dall’albo professionale degli avvocati durante i procedimenti disciplinari.

Corte di Cassazione- Sez. un. civ.-ord. int. n. 19197 del 12-07-2024

La questione

Nel presente caso, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati aveva respinto la richiesta di cancellazione dall’albo presentata da un avvocato per gravi motivi di salute, a causa di procedimenti disciplinari pendenti. Dopo un secondo rigetto, l’avvocato aveva fatto ricorso al Consiglio Nazionale Forense, che aveva accolto la sua richiesta. Il Consiglio aveva riconosciuto che il diritto alla pensione prevalesse sul divieto di cancellazione in caso di procedimenti disciplinari, in base all’art. 38 Cost.

I motivi di ricorso

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ha contestato la decisione del CNF di consentire la cancellazione dall’albo di un avvocato, nonostante i procedimenti disciplinari in corso. Secondo il Consiglio, l’art. 57 della legge n. 247 del 2012 vieta chiaramente la cancellazione durante un procedimento disciplinare, senza eccezioni. In particolare, il Consiglio ha ritenuto che qualsiasi conflitto con i diritti costituzionali potrebbe giustificare solo un’eccezione di illegittimità costituzionale, non un’interpretazione che contraddica la lettera della legge stessa. Inoltre, il Consiglio ha criticato il CNF per aver accolto il ricorso basandosi su questioni di pregiudizio economico sollevate solo in sede giurisdizionale, violando così la l. n. 241 del 1990, che richiede la presentazione di tali questioni nella fase amministrativa.

Rilevanza della q.l.c. dell’art. 57

Le Sezioni Unite hanno ritenuto che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 della legge n. 247 del 2012, per aver introdotto il divieto di cancellazione dall’Albo durante un procedimento disciplinare, senza contemplare l’ipotesi della cancellazione volontaria richiesta dal professionista impossibilitato ad esercitare l’attività, in violazione  degli articoli 2, 3, 4, 35 e 41 Cost.
Nello specifico, il Consiglio dell’Ordine ha sostenuto che l’avvocato non abbia richiesto la tutela previdenziale durante il procedimento, ma ciò non ha tenuto conto del fatto che la normativa prevede che la pensione di inabilità richieda la cancellazione dall’albo professionale, come stabilito dall’art. 4, comma 3, della legge n. 576/1980. La rilevanza della questione è quindi evidente: la decisione finale dipende dalla legittimità costituzionale dell’art. 57. Infatti, se la norma fosse ritenuta incostituzionale, si renderebbe necessaria una modifica per includere l’ipotesi di cancellazione volontaria, con significative ripercussioni sulla libertà professionale dell’avvocato e sulla cessazione dell’azione disciplinare in corso.

Finalità del divieto di cancellazione dall’albo

Il divieto di cancellazione dall’albo durante un procedimento disciplinare è finalizzato a garantire che l’accusato possa esercitare pienamente i propri diritti di difesa, senza il rischio di cancellazioni punitive.
Questo principio è stato confermato in numerose decisioni delle Sezioni Unite, che hanno escluso che la rinuncia all’iscrizione possa eludere il divieto, evidenziando la necessità di tutelare la reputazione della professione legale e la credibilità dell’ordine professionale.
Di recente, alcune sentenze di legittimità hanno ribadito che la cancellazione volontaria durante un procedimento disciplinare non sospende né interrompe tale procedimento.
Pertanto, secondo la giurisprudenza prevalente, l’art. 57 della legge professionale forense non può essere interpretato in modo da consentire eccezioni al divieto di cancellazione, poiché ciò contrasterebbe con il testo della norma e con l’obiettivo di tutelare gli interessi pubblici e il decoro della professione forense.

Profili di incostituzionalità e libertà professionale

Secondo la Corte , il temporaneo divieto di cancellazione non sembra pregiudicare direttamente la salute del professionista”. Tuttavia, la coatta permanenza nell’albo, anche in presenza di comprovati impedimenti, risulta in netto contrasto con diversi articoli della Costituzione: l’art. 2, l’art. 3), l’art. 4, l’art. 35 e l’art. 41.
La giurisprudenza costituzionale ha più volte affermato che le difficoltà pratiche non possono giustificare una norma incostituzionale. Il divieto, secondo la Corte, limita irragionevolmente la libertà del professionista, obbligandolo a rimanere iscritto all’albo anche quando non è più in grado di esercitare la professione.
Ciò rappresenta una chiara violazione del diritto di autodeterminarsi e di scegliere liberamente il proprio percorso professionale.
Inoltre, la disposizione impedisce l’esercizio del diritto al lavoro, tutelato dall’art. 35, e ostacola l’iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41, comprimendo ingiustificatamente la libertà del professionista di determinare autonomamente la propria attività economica.

Conclusioni

Per risolvere questi profili di incostituzionalità, le Sezioni Unite siggerioscono un intervento normativo che preveda deroghe al divieto in casi di lesione di diritti fondamentali, garantendo un giusto equilibrio tra la necessità di evitare elusioni disciplinari e il rispetto dei diritti degli avvocati.

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