Azioni di responsabilità del curatore contro amministratori: individuazione e criterio di liquidazione del danno risarcibile

Con la sentenza n. 9100 del 6 maggio 2015, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno chiarito come opera l’individuazione del danno risarcibile ed il relativo criterio di liquidazione nelle azioni di responsabilità promosse dal curatore fallimentare nei confronti di amministratori di società di capitali dichiarate insolventi, ai quali sia imputato di aver tenuto un comportamento contrario ai doveri loro imposti dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto sociale.

Sul punto, era stato infatti ravvisato un disallineamento nella giurisprudenza della Cassazione: secondo un primo orientamento, nei giudizi di responsabilità promossi da una curatela fallimentare nei confronti di amministratori di società di capitali fallite, il danno doveva essere liquidato utilizzando il criterio della differenza tra l’attivo ed il passivo accertati nell’ambito della procedura concorsuale, anche quando la mancanza di scritture contabili, addebitabile allo stesso amministratore, avesse impedito di ricostruire l’effettivo andamento dell’impresa prima della dichiarazione di fallimento (Cass. n. 1281/1977; Cass. n. 6493/1985).

Un più recente orientamento sosteneva al contrario che il danno che gli amministratori ed i sindaci sono tenuti a risarcire, quando abbiano, rispettivamente, violato o non vigilato sul dovere di non intraprendere nuove operazioni in presenza di una causa di scioglimento della società, non può identificarsi automaticamente nella differenza tra passivo ed attivo accertati in sede di fallimento, ma può essere commisurato a tale differenza, in mancanza di prova di un maggior pregiudizio, solo se da detta violazione sia dipeso il dissesto economico ed il conseguente fallimento della società (Cass. n. 9252/1997; Cass. n. 1375/2000).

Infine, un terzo orientamento, ancora più recente, affermava che nelle predette azioni compete all’attore dare la prova dell’esistenza del danno, del suo ammontare e del fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito dei convenuti. Tuttavia quando l’assoluta mancanza o l’irregolare tenuta delle scritture contabili rendano impossibile al curatore fornire la dimostrazione del predetto nesso di causalità, si verificherebbe un’inversione dell’onere della prova: in questo caso la citata condotta, integrando la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori, risulterebbe di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale (Cass. n. 5876/2011; Cass. n. 7606/2011).

Ebbene, la Corte di legittimità ha dapprima affermato chenell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa, l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento“.

Le Sezioni Unite hanno inoltre statuito che nelle predette azioni “la mancanza di scritture contabili della società, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, di per sé sola non giustifica che il danno da risarcire sia individuato e liquidato in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimentare: tale criterio può infatti essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., ove ne ricorrano le condizioni, “purchè siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e purchè il ricorso a detto criterio si presenti logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto“.

La Suprema Corte ha infine rilevato che tali considerazioni sono estensibili alle azioni di responsabilità proposte anche nei confronti degli organi di vigilanza e dei direttori generali delle società dichiarate insolventi, se a costoro il curatore rimproveri di aver mancato ai propri doveri cagionando danno al patrimonio sociale ed ai creditori.

(Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sentenza n. 9100 del 6 maggio 2015)

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