Autotutela tributaria può operare anche in malam partem (Sezioni Unite)

Il caso esaminato dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 30051 del 21 novembre 2024, ha visto contrapporsi due orientamenti principali sul tema dell’autotutela tributaria. La questione riguarda il potere dell’Amministrazione di correggere gli atti impositivi già emessi e le eventuali conseguenze per il contribuente.

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Corte di Cassazione-Sez. Un.Civ.-sent. n. 30051 del 21-11-2024

Il caso di specie

Il caso affrontato trae origine da un avviso di accertamento ricevuto da un contribuente per l’anno 2003, basato su movimenti bancari ritenuti ingiustificati. L’AdE, tuttavia, aveva successivamente annullato l’atto, emettendo un nuovo avviso che ridefiniva al rialzo l’imponibile. A seguito di questo intervento, il contribuente aveva impugnato il secondo atto, sostenendo che l’Agenzia avesse violato i principi di unicità dell’atto impositivo e di tutela dell’affidamento. Le commissioni tributarie, provinciale e regionale, avevano dato ragione all’Amministrazione, affermando che l’autotutela era stata esercitata correttamente per correggere errori presenti nell’atto originario. La questione era però giunta in Corte di Cassazione, dove è emersa una divisione interpretativa tra l’autotutela sostitutiva e l’accertamento integrativo. Questo contrasto ha portato la causa dinanzi alle Sezioni Unite, chiamate a risolvere il quesito.

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La terza parte approfondisce i primi arresti giurisprudenziali, sia di merito, che di legittimità, con uno sguardo alla recente Sentenza dell’11 gennaio 2024 della CGUE in tema di onere della prova e di primato del diritto europeo.

Flavio Carlino
Avvocato, Dottore Commercialista, Revisore Legale e Giornalista Pubblicista. Founder dello Studio legale-tributario Carlino dal 1991, ha un’esperienza ultratrentennale nel campo della consulenza nel settore tributario. Nel 2022 ha fondato l’Associazione Italiana Avvocati Commercialisti (A.I.A.C.), di cui è attualmente Presidente, ed ha creato una rete di professionisti con 20 sedi su tutto il territorio nazionale. CTU e perito presso il Tribunale di Lecce, è difensore tributario di enti pubblici e privati.

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L’orientamento maggioritario

Il focus principale della questione riguarda la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di esercitare questo potere in malam partem, ossia a sfavore del contribuente, e di annullare un atto originario per emetterne uno più oneroso, senza basarsi su nuovi elementi. L’orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità ritiene che l’autotutela tributaria sia uno strumento finalizzato a garantire l’interesse pubblico alla corretta riscossione dei tributi. Secondo questa visione, l’AdE può annullare un atto favorevole al contribuente e sostituirlo con un nuovo provvedimento più gravoso, anche quando non emergano nuovi elementi, purché siano rispettati i termini di decadenza per l’accertamento e non vi sia un giudicato. (L’orientamento si fonda sul principio costituzionale di capacità contributiva previsto dall’art. 53 Cost., secondo cui il sistema fiscale deve assicurare che ciascuno contribuisca in misura corretta in base alla propria effettiva situazione economica). Tra le pronunce rappresentative di questa posizione emergono le sentenze della Corte di Cassazione n. 7751/2019, n. 13807/2020 e n. 24387/2024, che sottolineano come l’autotutela consenta di correggere non solo errori formali, ma anche sostanziali, a prescindere da un aggravio per il contribuente.

L’orientamento minoritario

L’orientamento minoritario propone una visione più restrittiva dell’autotutela, che dovrebbe essere esercitata solo per correggere vizi formali o per tutelare il contribuente. Secondo questa impostazione, l’aumento della pretesa fiscale sarebbe ammissibile solo attraverso un accertamento integrativo, disciplinato dall’art. 43 del d.P.R. 600/1973, che richiede la presenza di nuovi elementi.

La soluzione delle Sezioni Unite: conferma dell’orientamento prevalente

Le Sezioni Unite, nel risolvere il contrasto giurisprudenziale sull’autotutela tributaria, hanno scelto di abbracciare l’orientamento prevalente, che attribuisce a questo istituto una portata ampia e strategica per la gestione del sistema fiscale. Secondo i giudici, l’autotutela rappresenta un potere-dovere dell’Amministrazione finanziaria, volto a garantire la corretta applicazione delle norme tributarie e la legittimità della pretesa fiscale.

Dunque, l’Agenzia delle Entrate può intervenire in malam partem, ossia a sfavore del contribuente, annullando un atto originario favorevole per sostituirlo con uno più oneroso, anche in assenza di nuovi elementi. La Corte ha però sottolineato che tale facoltà non è illimitata: l’autotutela deve essere esercitata entro i termini di decadenza previsti per l’accertamento e non può entrare in conflitto con un giudicato formatosi sull’atto originario. Questa scelta si fonda sull’interesse pubblico alla corretta riscossione dei tributi e sul principio costituzionale di capacità contributiva, sancito dall’art. 53 della Costituzione. L’Amministrazione, hanno spiegato i giudici, ha il dovere di intervenire per correggere errori che compromettono l’equità del sistema fiscale, anche se ciò comporta un aggravio per il contribuente. Tale principio, infatti, prevale rispetto al diritto del contribuente alla stabilità dell’atto amministrativo, pur nel rispetto dei limiti procedurali fissati dalla legge.

I giudici  hanno altresì distinto in modo netto l’autotutela sostitutiva dall’accertamento integrativo, chiarendo che il primo istituto può essere utilizzato per correggere errori già presenti nell’atto originario, senza necessità di scoprire nuovi elementi di fatto. Al contrario, l’accertamento integrativo presuppone che l’Amministrazione abbia acquisito dati nuovi e rilevanti, che non erano conosciuti al momento della prima emissione. Questo chiarimento risolve una delle principali incertezze che avevano animato il dibattito giurisprudenziale.

Allo stesso tempo, i giudici hanno tenuto conto dell’affidamento legittimo del contribuente – l’autotutela, infatti, non può essere esercitata in modo arbitrario: ogni intervento dell’Agenzia deve essere motivato in modo chiaro, documentato e finalizzato a garantire il rispetto delle norme tributarie.

I principi di diritto sottesi

Le Sezioni Unite Civili hanno affermato i seguenti principi di diritto:

«In tema di accertamento tributario, il potere di autotutela tributaria, le cui forme e modalità sono disciplinate dall’art. 2-quater, comma 1, d.l. n. 564 del 1994, conv. nella legge n. 656 del 1994 e dal successivo d.m. n. 37 del 1997, di attuazione, e, con decorrenza dal 18 gennaio 2024, dagli artt. 10-quater e 10-quinquies, legge n. 212 del 2000, trae fondamento, al pari della potestà impositiva, dai principi costituzionali di cui agli artt. 2, 23, 53 e 97 Cost. in vista del perseguimento dell’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi legalmente accertati; di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria, ove non sia decorso il termine di decadenza per l’accertamento previsto per il singolo tributo e sull’atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, può legittimamente annullare, per vizi sia formali che sostanziali, l’atto impositivo viziato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto anche per una maggiore pretesa».

«In tema di accertamento tributario, l’autotutela sostitutiva in malam partem, con adozione di un nuovo atto per una maggiore pretesa in sostituzione di quello annullato, si differenzia, strutturalmente e funzionalmente, dall’accertamento integrativo, previsto dagli artt. 43, quarto comma (ora terzo), d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, quarto comma, d.P.R. n. 633 del 1972, che pure comporta l’emissione di un nuovo atto per una ulteriore pretesa in aggiunta a quella originaria, posto che, nel primo caso, la valutazione investe l’atto originario che, in quanto viziato, viene annullato e sostituito sulla base degli stessi elementi già considerati, mentre, nel secondo, il precedente atto è valido e ad esso ne viene affiancato un altro, contenente una pretesa aggiuntiva per il medesimo tributo e periodo d’imposta, non ponendosi, neppure in astratto, l’esigenza di una rivalutazione degli elementi di fatto e diritto in base ai quali il primo atto è stato emesso; ne consegue che il requisito della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” non si applica per il provvedimento emesso in autotutela sostitutiva ancorché fonte di una maggiore imposizione».

«In caso di autotutela tributaria sostitutiva in malam partem, con adozione di un nuovo atto per una maggiore pretesa in sostituzione di quello annullato, il legittimo affidamento del contribuente non è integrato dalla mera esistenza del precedente atto viziato ovvero dall’errata valutazione delle circostanze poste a suo fondamento, ostandovi il generale dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva in forza degli artt. 2 e 53 Cost.; può, per contro, assumere rilievo, ai fini della configurabilità del legittimo affidamento, l’esistenza di specifiche indicazioni erronee o di condotte intrinsecamente contraddittorie da parte dell’agenzia fiscale anteriormente all’adozione dell’atto illegittimo qualora le somme pretese siano state compiutamente versate e ricorrano ragioni di certezza e stabilità».

Conclusioni

La sentenza delle Sezioni Unite chiarisce che l’autotutela tributaria è uno strumento indispensabile per assicurare il corretto funzionamento del sistema fiscale, ma il suo esercizio deve rispettare limiti rigorosi per prevenire abusi e salvaguardare i diritti dei contribuenti. In primo luogo, l’autotutela è subordinata al rispetto dei termini di decadenza per l’accertamento: una volta scaduti, l’Amministrazione perde il potere di intervenire sull’atto, anche se viziato. Inoltre, ogni modifica deve essere motivata con precisione, tenendo conto dell’affidamento legittimo del contribuente, il quale ha diritto a una stabilità ragionevole degli atti amministrativi. Infine, l’autotutela è anche uno strumento di prevenzione e gestione del contenzioso, poiché consente all’Amministrazione di correggere errori senza attendere il giudizio, migliorando così l’efficienza del sistema fiscale e riducendo il carico di controversie giudiziarie.

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