
La questione relativa alle conseguenze dell’omessa indicazione, negli atti dell’Amministrazione Finanziaria, delle informazioni necessarie per esercitare il diritto di difesa è da tempo dibattuta. La recente Ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, n. 5898 del 5 marzo 2025 (trovi qui il testo integrale dell’ordinanza), interviene sulla questione relativa all’omessa indicazione dei termini per proporre ricorso, confermando che l’omissione non determina l’invalidità dell’atto, ma rileva sul piano processuale, impedendo la decorrenza del termine perentorio per proporre ricorso. Si tratta di una puntualizzazione che contempera le esigenze di certezza dell’azione amministrativa con l’effettività del diritto di difesa del contribuente, impedendo che mere carenze informative da parte dell’ente impositore possano pregiudicare irrimediabilmente la possibilità di contestare l’atto.
Consiglio: per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “Come cancellare i debiti fiscali”.
Come cancellare i debiti fiscali
Il presente volume vuole offrire ai professionisti ed ai contribuenti, imprese e privati, soluzioni difensive, anche alternative a quelle tradizionali, al fine di risolvere la situazione compromessa.
Sono raccolti tutti gli strumenti utili per una efficace difesa in ogni fase, dall’avvio dell’attività imprenditoriale o professionale al primo accertamento/atto impositivo, sino ai rimedi estremi post decadenza dalle ordinarie azioni difensive.
Il lavoro, aggiornato alle ultime novità legislative e giurisprudenziali nazionali ed europee, analizza le contestazioni più frequenti, i vizi degli atti impositivi, del fermo amministrativo, dell’ipoteca e dei pignoramenti esattoriali e le relative soluzioni, attraverso il coordinamento della normativa speciale esattoriale alle previsioni amministrative, agli istituti civilistici, nonché alle norme penali (ad es. la sospensione disposta dal PM a seguito di denuncia per usura).
Al professionista viene offerto un quadro completo del suo perimetro d’azione, con l’indicazione puntuale delle circolari, dei provvedimenti e risposte della P.A., e dei vademecum e linee guida dei tribunali.
Leonarda D’Alonzo
Avvocato, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.
Leggi descrizione
Leonarda D’Alonzo, 2025, Maggioli Editore
44.00 €
41.80 €

Come cancellare i debiti fiscali
Il presente volume vuole offrire ai professionisti ed ai contribuenti, imprese e privati, soluzioni difensive, anche alternative a quelle tradizionali, al fine di risolvere la situazione compromessa.
Sono raccolti tutti gli strumenti utili per una efficace difesa in ogni fase, dall’avvio dell’attività imprenditoriale o professionale al primo accertamento/atto impositivo, sino ai rimedi estremi post decadenza dalle ordinarie azioni difensive.
Il lavoro, aggiornato alle ultime novità legislative e giurisprudenziali nazionali ed europee, analizza le contestazioni più frequenti, i vizi degli atti impositivi, del fermo amministrativo, dell’ipoteca e dei pignoramenti esattoriali e le relative soluzioni, attraverso il coordinamento della normativa speciale esattoriale alle previsioni amministrative, agli istituti civilistici, nonché alle norme penali (ad es. la sospensione disposta dal PM a seguito di denuncia per usura).
Al professionista viene offerto un quadro completo del suo perimetro d’azione, con l’indicazione puntuale delle circolari, dei provvedimenti e risposte della P.A., e dei vademecum e linee guida dei tribunali.
Leonarda D’Alonzo
Avvocato, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.
Il caso
La fattispecie decisa dalla Suprema Corte con l’ordinanza in commento muove da una richiesta di rimborso IRPEG per l’anno 1980. L’Agenzia delle Entrate, nel costituirsi in giudizio avverso la richiesta del contribuente, aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo. Tale eccezione, motivo principale del successivo ricorso per Cassazione, si basava sulla tesi che una nota emessa dall’Ufficio nel lontano 1996 costituisse un diniego espresso del rimborso.
Secondo l’Agenzia, poiché tale nota non era stata impugnata dal contribuente nel termine di decadenza di 60 giorni previsto dall’art. 21 del D.Lgs. 546/1992, il presunto diniego era divenuto definitivo, rendendo inammissibile la successiva azione giudiziale intrapresa nel 2012.
I giudici di merito avevano respinto questa eccezione, e la questione è stata quindi sottoposta alla Corte di Cassazione proprio con il primo motivo di ricorso, incentrato sulla pretesa violazione degli artt. 19 e 21 del D.Lgs. 546/1992.
La decisione
Esaminando il primo motivo, la Corte di Cassazione svolge un’analisi approfondita degli effetti derivanti dall’omissione, nell’atto amministrativo, delle informazioni richieste dall’art. 19, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 e, con disposizione oggi sovrapponibile, dall’art. 7, comma 2, della Legge 212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente). Queste disposizioni impongono che gli atti espressi impugnabili contengano l’indicazione del termine per proporre ricorso, della commissione tributaria competente e delle relative forme procedurali.
La Suprema Corte, confermando il proprio consolidato orientamento, chiarisce in primo luogo che la mancata inclusione di tali elementi non è causa di invalidità o nullità dell’atto. La motivazione risiede nel fatto che la normativa citata, pur prevedendo l’obbligo informativo, non ne sanziona espressamente l’omissione con l’invalidità.
Tuttavia, l’omissione rileva sul piano strettamente processuale. Facendo leva sulla propria giurisprudenza (in particolare Cass. n. 20634/2008) e sui principi generali desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 86/1998), la Corte afferma che la mancanza o l’erroneità delle indicazioni sulle modalità di impugnazione impedisce la decorrenza del termine perentorio stabilito per proporre ricorso. Il termine di 60 giorni, previsto a pena di decadenza dall’art. 21 D.Lgs. 546/1992, non decorrere se l’atto ricevuto dal contribuente è privo delle istruzioni essenziali per esercitare il proprio diritto di difesa.
Per quanto sopra, viene delineata una fondamentale distinzione tra i due piani: l’atto resta valido nonostante l’omissione informativa, sebbene l’omissione informativa blocca l’avvio del termine per impugnare.
Ne consegue che un ricorso proposto contro un atto carente di tali indicazioni non può essere dichiarato tardivo per il solo decorso del tempo. Il contribuente che riceve un atto incompleto sotto questo profilo conserva intatto il proprio diritto a impugnarlo, senza che l’Amministrazione possa opporre la decadenza basata sul mancato rispetto del termine ordinario.
La Corte, sempre nell’ambito dell’analisi del primo motivo, non si limita a tratteggiare il principio generale, ma lo cala nella fattispecie concreta, confermando ulteriormente le ragioni per cui l’eccezione dell’Agenzia era infondata. Come accertato dai giudici di merito, la nota dell’Ufficio del 1996 era effettivamente priva dell’indicazione dell’autorità giudiziaria cui ricorrere e del relativo termine. Va da sé che, alla luce del principio sopra esposto, era sufficiente a impedire la decorrenza del termine per l’impugnazione.
Invero, il Supremo Collegio osserva che quella specifica nota non era nemmeno qualificabile come un “rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi” ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. g), D.Lgs. 546/1992. Essa, infatti, non negava il diritto al rimborso in sé (an debeatur), ma rispondeva a una specifica richiesta del contribuente di ottenere il pagamento tramite assegnazione di Titoli di Stato, una modalità alternativa allora prevista. Il rifiuto di questa modalità (quid) non poteva equivalere a un diniego del diritto al rimborso. Infine, la Corte rileva come ulteriore elemento la mancata notifica della nota stessa alla contribuente, che concorreva a rafforzare l’impossibilità di considerare decorso il termine di decadenza. Per tutte queste ragioni, attinenti alle censure sollevate col primo motivo, la Corte ha concluso per l’infondatezza dello stesso.
Conclusioni
L’ordinanza n. 5898/2025 della Cassazione, nel delibare il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, fa suo il principio a tutela del contribuente consistente nella garanzia del diritto di difesa.
Il decisum chiarisce che l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di redigere atti completi con informazioni essenziali per l’esercizio del diritto di impugnazione (termine, organo competente, ecc.). L’omissione di tali indicazioni, pur non viziando l’atto in sé con la nullità, ne pregiudica gli effetti ai fini della decorrenza del termine processuale perentorio.
Il contribuente non può subire un pregiudizio processuale a causa di una negligenza informativa dell’ente impositore. In assenza di un atto formalmente completo il suo diritto a contestare la pretesa o il diniego resta integro. L’esegesi rappresentata assicura che le garanzie procedurali previste dalla legge (art. 19 c. 2 D.Lgs. 546/92 e art. 7 c. 2 L. 212/2000) non siano spogliate di significato, assicurando un equilibrato bilanciamento tra le prerogative dell’Amministrazione e i diritti fondamentali del contribuente.