Assegno ordinario di invalidità contributivo alla Corte Costituzionale

L’ordinanza interlocutoria della Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, affronta una controversia particolarmente complessa sul diritto all’integrazione al minimo dell’assegno ordinario di invalidità, quando questo è calcolato interamente con il sistema contributivo. La Corte, attraverso una dettagliata analisi normativa e costituzionale, ha scelto di rimettere la questione alla Corte Costituzionale per risolvere un conflitto interpretativo tra la disciplina introdotta dalla riforma del 1995 e i principi fondamentali della Costituzione, in particolare gli artt. 3 e 38.

Consigli di lettura: “Il nuovo processo del lavoro dopo la riforma Cartabia

Per chi desidera approfondire le nuove dinamiche del processo del lavoro, consigliamo il volume “Il nuovo processo del lavoro dopo la riforma Cartabia“, edito da Maggioli Editore.

Questo libro rappresenta una guida completa e dettagliata per comprendere le principali novità introdotte dalla riforma, con un’analisi puntuale delle modifiche normative e degli impatti pratici per i professionisti del diritto del lavoro.

Corte di Cassazione- sez. lav. ord. int. n. 24172 del 16-09-2024

Il caso di specie

Il caso riguarda un pensionato che aveva fatto domanda per ottenere l’integrazione al minimo del suo assegno ordinario di invalidità. Tale assegno gli era stato liquidato dall’INPS in base al sistema contributivo, essendo stato il requisito contributivo maturato interamente dopo il 31 dicembre 1995. Tuttavia, il ricorrente si è visto negare l’integrazione al minimo, poiché la legge n. 335/1995  prevede che le pensioni liquidate con il solo sistema contributivo non possano beneficiare di tale integrazione.

La Corte d’Appello di Firenze aveva accolto il gravame del ricorrente contro la decisione del Tribunale, affermando che l’integrazione al minimo dell’assegno ordinario di invalidità non poteva essere esclusa solo perché calcolato con il metodo contributivo. La Corte d’Appello ha sostenuto che il diritto all’integrazione fosse necessario per garantire un trattamento previdenziale adeguato, conforme all’art. 38 Cost., che tutela i lavoratori e impone allo Stato di assicurare loro mezzi adeguati di sostentamento in caso di invalidità.

Sistema contributivo e trattamento minimo

L’ordinanza interlocutoria si sofferma sull’interpretazione dell’art. 1, comma 16, della legge n. 335/1995, il quale stabilisce che “alle pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo non si applicano le disposizioni sull’integrazione al minimo”. Questo principio, secondo l’INPS, si applica anche all’assegno ordinario di invalidità, dato che tale prestazione, come calcolata nel caso di specie, rientra pienamente nel sistema contributivo, escludendo pertanto il diritto all’integrazione.

Per chi desidera approfondire le nuove dinamiche del processo del lavoro, consigliamo il volume “Il nuovo processo del lavoro dopo la riforma Cartabia”, edito da Maggioli Editore.

Interpretazione costituzionale dell’integrazione al minimo

La Corte d’Appello, però, ha sostenuto che la distinzione tra il sistema contributivo e retributivo non rilevi ai fini dell’integrazione al minimo, poiché questa non è collegata alla modalità di calcolo della pensione, ma è un meccanismo che interviene per assicurare ai lavoratori mezzi di sostentamento dignitosi. Il riferimento è all’art. 38, comma 2, della Costituzione, che obbliga lo Stato a garantire ai lavoratori i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di malattia, invalidità o vecchiaia.

Problematicità della norma

La Corte di Cassazione riconosce che la questione sollevata dalla Corte d’Appello di Firenze è di particolare complessità, poiché la norma del 1995 (art. 1, comma 16) appare in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e adeguatezza delle prestazioni. L’art. 38 Cost., come ribadito dalla giurisprudenza, impone infatti che le prestazioni pensionistiche debbano garantire un trattamento minimo che permetta ai lavoratori di condurre una vita dignitosa, anche alla luce dei contributi versati.

Sistema contributivo e retributivo

La questione principale sollevata dall’ordinanza è la distinzione tra il calcolo retributivo e contributivo delle prestazioni previdenziali. La riforma del 1995 ha segnato un passaggio fondamentale dal sistema retributivo, basato sulle ultime retribuzioni del lavoratore, al sistema contributivo, che calcola la pensione in base ai contributi effettivamente versati. L’art. 1, comma 16, della legge n. 335/1995 ha escluso l’integrazione al minimo per le pensioni contributive, in quanto l’integrazione al minimo era vista come un correttivo per le pensioni calcolate con il sistema retributivo, che potevano comunque risultare basse nonostante il criterio di calcolo legato alla retribuzione.

La tutela del lavoratore ex art. 38 Cost.

Un aspetto chiave dell’ordinanza è la valutazione dell’art. 38, comma 2, Cost. che impone di garantire prestazioni previdenziali adeguate per i lavoratori in caso di invalidità o vecchiaia. La Corte rileva che escludere l’integrazione al minimo per le pensioni contributive potrebbe portare a situazioni in cui i lavoratori percepiscono pensioni irrisorie, incapaci di coprire le necessità di vita.

Impossibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata

L’ordinanza della Cassazione si distingue anche per l’affermazione che, nonostante il desiderio di garantire un trattamento conforme alla Costituzione, non è possibile operare una semplice interpretazione costituzionalmente orientata della norma. In definitiva, la Corte ritiene che sia necessario un intervento della Corte Costituzionale per modificare o abrogare questa disposizione.

 

SCRIVI IL TUO COMMENTO

Scrivi il tuo commento!
Per favore, inserisci qui il tuo nome

14 − 2 =

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.