Assegno divorzile: redditi reali e incidenza delle condizioni di salute dell’ex moglie

L’ordinanza della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, n. 25618 del 17 settembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), interviene in materia di assegno divorzile, chiarendo i criteri distintivi tra componente assistenziale e componente compensativo-perequativa. L’attenzione della Corte si concentra sulla portata e sui limiti dell’accertamento istruttorio relativo alle condizioni economiche e patrimoniali del coniuge obbligato – anche attraverso indagini di polizia tributaria – e sulla rilevanza del contributo (o delle rinunce) dell’ex moglie, affetta da gravi patologie, nella formazione del patrimonio familiare.

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Formulario commentato della famiglia e delle persone

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Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022, è attualmente Giudice ordinario di pace.

 

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I fatti di causa

Il caso si inserisce nel contesto di un giudizio di revisione dell’assegno divorzile e pone in risalto il ruolo cruciale di un’efficace valutazione delle prove reddituali e patrimoniali ai fini della quantificazione dell’assegno.

Nel procedimento de quo, la Corte di Cassazione analizza la riforma in sede di appello della misura dell’assegno divorzile riconosciuto alla ex moglie, gravata da gravi patologie e priva di occupazione, e la conseguente controversia sulla legittimità del riconoscimento esclusivo della componente assistenziale, con esclusione di quella compensativa.

Assegno divorzile e accertamento dei redditi

La controversia origina da un giudizio di divorzio instaurato nel 2012 innanzi al Tribunale di Catanzaro, in cui la ex moglie aveva all’inizio richiesto l’assegno divorzile, istanza respinta per tardiva costituzione e contumacia. Nel 2015, la medesima ha riproposto la richiesta in sede di revisione, motivata da mutate condizioni economiche, tuttavia questa è stata ulteriormente rigettata, con conferma in appello, in quanto il giudice aveva ritenuto che il diritto all’assegno fosse ormai soggetto a giudicato.

La Corte di Cassazione nel 2019 ha però annullato la sentenza, riconoscendo il diritto di azione della ex moglie, quindi ha rinviato per un nuovo esame. Nel successivo giudizio di merito, la Corte territoriale ha rideterminato l’assegno riconoscendo solamente la componente assistenziale, fissandolo a 300 euro mensili, escludendo quella compensativa, su base dell’omessa dimostrazione di un contributo concreto della ricorrente alla formazione del patrimonio familiare o a realistiche rinunce professionali.

La ex moglie ha contestato decisione siffatta, in specie per la mancata ammissione di indagini di polizia tributaria orientate ad accertare con precisione i reali redditi e patrimoni dell’ex marito, avvocato con plurimi incarichi, ritenendo che la Corte d’appello abbia omesso un approfondito e corretto accertamento istruttorio tale da influenzare la quantificazione dell’assegno divorzile.

Le censure sono state oggetto di ricorso per cassazione che ha enfatizzato la necessità di un rigido e completo esame della situazione patrimoniale e reddituale di ambedue i coniugi, e inoltre del principio per cui l’accertamento tributario deve essere disposto quando emergono dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni fiscali, per assicurare un giusto processo e un’equa determinazione dell’assegno divorzile.

La questione istruttoria sui redditi reali

Al centro del ricorso per cassazione vi è la censura relativa al rigetto, a opera della Corte d’appello, della richiesta istruttoria formulata dalla ex moglie e finalizzata a far accertare mediante indagini di polizia tributaria i reali redditi percepiti dall’ex consorte, che si ritenevano superiori a quelli dichiarati al fisco. La ricorrente ha allegato documentazione che, secondo la sua interpretazione, dimostrerebbe la sussistenza di incarichi remunerativi significativi, non riflessi nelle dichiarazioni fiscali. La Suprema Corte ribadisce che, in presenza di elementi indicativi di incompletezza o inattendibilità dei dati fiscali, il giudice ha il dovere di disporre tali indagini e non può respingere la domanda senza un adeguato accertamento.

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La differenziazione delle componenti dell’assegno divorzile

La Corte di Cassazione evidenzia la distinzione tra la componente assistenziale e la componente compensativa-perequativa dell’assegno divorzile, ai sensi dell’art. 5 comma 6 della legge sul divorzio. La componente compensativa presuppone che il coniuge beneficiario abbia concretamente contribuito alla vita matrimoniale e alla formazione del patrimonio comune. Nel caso di specie, la ricorrente, affetta da gravi patologie lamentate, non ha dimostrato un tale contributo, giustificando in tal modo l’esclusione della componente compensativa e il riconoscimento solo della componente assistenziale.

La valutazione della condizione patrimoniale

La pronuncia evidenzia, inoltre, gli errori della Corte d’appello nella valutazione della posizione economica della ex moglie, derivante dalla valutazione di beni immobili riconosciuti in proprietà sulla base di usucapioni da terzi, e l’omissione nel tenere conto dei beni immobili dell’ex marito, pur dichiarati di sua proprietà, senza esaminare in modo puntuale e completo la condizione patrimoniale d’insieme di entrambi. Viene ribadito il principio che la valutazione delle reali disponibilità patrimoniali deve essere rigorosa e non limitarsi a meri dati nominali o dichiarati.

L’incidenza della patologia della donna sull’assegno divorzile

L’ordinanza offre un’importante occasione di riflessione sul ruolo che le condizioni patologiche del coniuge richiedente assumono nella determinazione dell’assegno divorzile.

Nel caso esaminato, la donna, affetta da gravi patologie psichiatriche e con invalidità al 75%, aveva invocato il riconoscimento della componente compensativa dell’assegno, sostenendo che la sua mancata partecipazione alla vita lavorativa e alla formazione del patrimonio familiare fosse dovuta a cause di forza maggiore e non a una opzione personale.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ribadito che la funzione compensativa dell’assegno presuppone un effettivo contributo del coniuge “debole” alla formazione del patrimonio comune o personale dell’altro, contributo che deve essere accertato con rigore e non può essere surrogato dalla sola incolpevole impossibilità di lavorare dovuta a patologie. In assenza di tale nesso eziologico, l’assegno può essere riconosciuto solamente nella sua componente assistenziale, la cui quantificazione dovrà però tenere conto delle peculiari condizioni di salute e delle necessità connesse alla patologia dell’istante.

L’ordinanza, pertanto, chiarisce che la malattia incide sul quantum dell’assegno in chiave assistenziale, tuttavia non legittima, di per sé, il riconoscimento della componente compensativa, la quale rimane ancorata al principio di autoresponsabilità e alla prova di un sacrificio patrimoniale realmente compiuto per la famiglia.

La massima

In materia di assegno divorzile, il riconoscimento della componente compensativa-perequativa risulta subordinato alla prova del contributo concreto del coniuge beneficiario alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, mentre la componente assistenziale può essere riconosciuta in presenza di una oggettiva impossibilità del beneficiario di mantenersi dignitosamente per ragioni indipendenti dalla propria volontà. Inoltre, ove emergano elementi di inattendibilità delle dichiarazioni fiscali, il giudice è obbligato a disporre indagini di polizia tributaria per accertare i redditi reali, pena la nullità del procedimento di quantificazione dell’assegno.

Il principio di diritto

Il giudice del merito, nel procedimento di revisione dell’assegno divorzile, non può rigettare le richieste di accertamenti istruttori preordinate a comprovare la reale consistenza economica del coniuge obbligato, quando siano prodotti elementi di prova sufficienti a far sorgere dubbi sull’attendibilità delle dichiarazioni fiscali. L’omissione di accertamenti siffatti costituisce motivo di cassazione con rinvio, al fine di garantire il diritto al giusto processo e una corretta determinazione dell’assegno divorzile, nel rispetto sia della funzione assistenziale che di quella compensativa, stabilite dalla legge applicabile.

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